A cura di Stefano Zampieri - Consulente Filosofico

giovedì 30 marzo 2023

Letture: Vito Mancuso, A proposito del senso della vita (2023)

 


C
iò che mi differenzia in modo radicale da Vito Mancuso è che egli è un teologo ed io invece un ateo non pentito. Quando riporta il discorso filosofico a qualche escamotage di fede non posso che percepire la distanza, tuttavia non ho difficoltà ad ammettere che la sua "filosofia della relazione” corrisponde in buona  parte alla mia stessa posizione. E questo fa sì che nei suoi libri io trovi sempre molto su cui riflettere e molto da appropriarmi. E' ciò che accade anche in questo libretto  che ha inaugurato una bella collana per le edicole. Il volumetto si intitola A proposito del senso della vita, la collana invece “Il senso della vita. Per una nuova ecologia dell’anima” in edicola con Repubblica.

La riflessione di Mancuso procede con una magnifica chiarezza. Egli esplicita quelle che, a suo modo di vedere, sono le due tesi fondanti della questione: in primo luogo non c’è senso senza consenso, e poi , ed è proprio questa la chiave di tutto, il senso della vita è la sinergia.

Non c’è senso senza consenso perché gli uomini non producono mai un senso privato chiuso, ma sono destinati a comprendere la propria esistenza e il proprio mondo solo nel confronto, nello scambio, nell’essere in comunità, quanto alla seconda tesi, è evidente che il mondo è prim di tutto una composizione, un tessuto, di relazioni, e il senso della vita non può che  avere a che fare con il  convogliare le energie di questa rete per sviluppare e preservare la vita stessa. Tuttavia molto opportunamente Mancuso fa notare che in realtà il problema del senso della vita  prima che un problema teorico è un problema pratico “consiste nel lavorare su di sé per diventare semplici e risultare veri, e così darci una mano gli uni con gli altri.” (p. 96). Dichiarazione limpida e condivisibile, il senso della vita appare poco a poco, dal nostro cammino quotidiano, lungo le tracce  di un sentiero che non conosciamo, attraverso il lavoro di riempimento continuo di quello spazio vuoto interiore  che ci consente di appropriarci via via del mondo, dei suoi significati, e di fare esperienza, di scoprire sempre cose nuove, seguendo il nostro desiderio e la nostra curiosità.

Sono temi profondi e interessanti che dopo la tempesta della pandemia  si sono fatti ancor più urgenti e  necessari.

lunedì 27 marzo 2023

Introduzione alla Consulenza Filosofica 12: LA VITA IN TENSIONE



La vita è uno strano gioco: essa rincorre perennemente se stessa, essa si rincorre. Cosa significa? Innanzi tutto significa che non posso mai pensarla come qualcosa di fermo, di immobile. La vita non si trova mai in una simile condizione, o meglio, nel momento in cui dovessi sentire di avere raggiunto l’immobilità assoluta allora credo che non mi troverei già più nel regno della vita quanto piuttosto in quello della morte. Non c’è infatti un solo istante in cui io non applichi una qualche forza a me stesso, nel gesto, nel pensiero, nell’azione, nell’intenzione, nel desiderio, nella ricerca. Sempre qualcosa manca, sempre qualcosa deve essere raggiunto (fosse pure il vuoto assoluto di pensiero, l’immobilità, la pace interiore….). Sempre percorro la strada della mia esistenza, nella gioia, nel dolore, nella letizia, nella tristezza, in ogni momento sono in cammino verso me stesso, attaccato al tempo che mi sospinge senza lasciarmi un solo istante di tregua, nemmeno nel sonno popolato di sogni, nemmeno nel buio della notte, quando la mia coscienza non è più vigile eppure l’organismo continua a battere, a respirare, a combattere contro le aggressioni della natura, a spostarsi sulla linea del tempo, a crescere, ad invecchiare. Senza un attimo di sosta.

La sosta, la tregua, la quiete, non appartengono veramente alla vita. La tensione appartiene alla vita, come una corrente che ora più ora meno può scaricarsi sulle cose, sulle relazioni, sugli atti, sulle decisioni. Una bassa tensione quando la vita è debole, quando prevale la noia, l’indifferenza, l’incertezza. Un’alta tensione nei momenti di entusiasmo, quando serve coraggio, quando devo trovare l’energia necessaria per saltare un ostacolo, quando devo trovare in me tutte le forze per reagire ad un evento luttuoso, o per mobilitare le risorse estreme del mio corpo di fronte al dolore e alla malattia.

 

 


giovedì 23 marzo 2023

Letture: Cixin Liu, Fulmine globulare (2004)

 

 Fulmine globulare - Liu Cixin - copertinaPremetto che considero  il Problema dei tre corpi di Cixin Liu una vera  e propria svolta nella fantascienza contemporanea, e una delle letture più emozionanti degli ultimi anni. Non stupisca se estendo l’entusiasmo per il massimo rappresentante cinese del genere, anche a questo romanzo del 2004 Fulmine globulare. Anche qui,  come nella successiva trilogia, il punto di partenza è la fisica più avanzata del nostro tempo che l’autore sa maneggiare con competenza e fantasia. Il fulmine globulare infatti è un fenomeno raro ma reale, e i protagonisti del lungo romanzo sono ricercatori che si affannano a trovare  una risposta scientifica al fenomeno. Nel corso della ricerca si scontrano con aspetti  sempre più incredibili: scopriamo dunque che il fulmine globulare è in realtà  un macroelettrone che fa parte di un macro atomo, ed è capace di sviluppare una potenza straordinaria e selettiva. Si inserisce quindi un secondo aspetto molto interessante: la questione dello sfruttamento delle scoperte scientifiche a fini militari. Una delle protagoniste sembra quasi ossessionata dalla possibilità di produrre un arma definitiva che consenta alla Cina di prevalere in una grande guerra contro, sembra di capire perché non è esplicitato, gli Stati Uniti.

Ma le cose non sono così semplici, Gli Stati Uniti trovano delle contromisure per annullare l’enorme potenza dei fulmini globulari lanciati dai cinesi. L’attenzione allora dei ricercatori si sposta verso il nucleo del macroatomo, sorta di sostanza filamentosa che viene identificata e rintracciata. Si elabora un modo per far scontrare due nuclei uno contro l’altro dando vita a una fusione nucleare. Se ne ricava ancora una volta un’arma la cui potenza è talmente alta e talmente selettiva, perché polverizza i chip ma risparmia gli esseri umani, che spinge le nazioni in guerra a cessare ogni ostilità.

Emerge però un fenomeno imprevisto e estremamente oscuro, gli oggetti distrutti in realtà sono trasferiti in una nube di possibilità, cioè in un condizione quantica, per cui non è chiaro se ci sono o non ci sono. E su questa ambiguità si chiude il romanzo. Non dimenticando un accenno finle inquietante alla possibilità che vi siano degli alieni a osservare tutto quel che succede negli esperimenti scientifici degli umani, così condizionandoli, perché sappiamo bene che la presenza di un osservatore modifica la realtà dell’oggetto osservato.

 Lungo, complesso, non accondiscendente con il lettore, forse il profilo dei personaggi non è sempre così preciso, tutto vero, ma resta che Fulmine globulare per me è ancora una volta un o dei romanzi più originali e innovativi che si siano letti in questi ultimi anni. Una esperienza assolutamente da non perdere.  

 


 

martedì 21 marzo 2023

Introduzione alla Consulenza Filosofica 11: CHI SONO IO (Essere in relazione 2)

 


Se io sono l’insieme delle relazioni che mi compongono devo rinunciare ad avere una identità tutta mia? Eppure l’esperienza mi dice con ragionevole certezza che io sono sempre quello di ieri e dell’altro ieri. Ci deve essere dunque un punto fermo in cui posso dire di essere lo stesso io di sempre?  Allo stesso tempo osservo che posso pormi questi interrogativi perché possiedo in me una memoria che ha sistemato gli eventi della mia vita in un quadro abbastanza ordinato e stabile, dal quale posso richiamarli, ed osservarli, e sottoporli ad interrogazione. Così, nel momento in cui mi chiedo se sono sempre io quello di ieri e quello di oggi, mi servo di quel repertorio di ricordi che la memoria mi mette a disposizione. Forse, allora,  potrei accontentarmi di essere proprio quella memoria che mi consente di interrogarmi. Mi chiedo: è lì nascosta la sola mia individualità? Il mio io più intimo e privato, al di là della rete delle relazioni?

Questo mi metterebbe in un paradosso abbastanza evidente: pretendere che la memoria sia ciò che resta fisso nel processo di mutazione continua che io subisco, va contro l’osservazione che la memoria non è mai uguale a sé, essa stessa infatti varia continuamente seguendo il flusso delle mie azioni, delle mie sensazioni, dei miei pensieri.

Devo allora intenderla come un contenitore immobile che si riempie via via di elementi? No, è ovvio, la memoria non è un contenitore (se non nell’uso metaforico con cui ne parliamo), la memoria è l’insieme stesso degli elementi che la compongono. Ma allora non può essere la memoria ciò che resta fermo nel movimento ininterrotto della mia esistenza.. No. Ma davvero è necessario pensare che qualcosa permanga immobile per consentirmi di essere oggi lo stesso di ieri?

Se sono la rete delle relazioni che mi compongono, se sono questo nodo in cui le relazioni acquistano una identità, la mia, allora la continuità, il mio io più proprio, quello che mi distingue da tutti gli altri dov’è?  È proprio in quell’insieme di  relazioni che mi hanno determinato fino ad oggi, e la sensazione di intimità che ho con me stesso è appunto il gioco di una memoria che sembra stabile solo perché di volta in volta (giorno per giorno, momento per momento) compone un quadro che muta continuamente ma di cui non percepisco il movimento, che sembra fermo ma non lo è. La mia identità non è così stabile come sembra, allora.

domenica 19 marzo 2023

Immaginare il futuro: James Lovelock, Gaia. Nuove idee sull’ecologia (1979)


L'opera è fondamentale perchè iontroduce un termine, Gaia, che poi è diventato essenziale in tutte le riflessioni sul fururo. 

Nella Prefazione (del 20219  Telmo Pievani offre la sua sintsi definitoria: Ipotesi Gaia = La terra come un organismo unico, un pianeta dove tutto è interconnesso. La vita come biosfera che si intreccia con altre sfere: la litosfera, l’atmosfera, l’idrosfera, la tecnosfera…

 Lovelock

Il concetto chisave è questo: la biosfera influisce sull’atmosfera e questo dimostra che l’intero pianeta è un unico sistema vivente: Gaia, termine esplicitamente mutuato dal nome della  Dea greca della Terra, conosciuta anche come Gea.

La nozione antica di “Terra Madre” richiama l’ipotesi Gaia.

“La proprietà più importante di Gaia è la tendenza ad ottimizzare le condizioni per tutta la vita sulla Terra. Se non abbiamo interferito gravemente con la sua capacità ottimizzatrice, tale tendenza dovrebbe essere ora tanto predominante quanto lo era prima della comparsa dell’uomo.” (169)

Lovelock esprime qui una forma di sostanziale ottimismo (che nelle opere successive è stato fortemente ridimensionato).

 

giovedì 16 marzo 2023

Letture: Figure di Riccardo Falcinelli (2020)

 


I libri di Riccardo Falcinelli sono sempre letture affascinanti. Questo Figure pubblicato da Einaudi (2020) non fa eccezione. Accompagnato da un corredo di oltre 500 immagini ripercorre con grande cura e grande attenzione il dominio dell'immagine con l'intento di mostrarne non tanto il significato, quanto piuttosto il funzionamento

Così passiamo dal tema della centralità dopo l'invenzione della prospettiva all'idea del quadro com finestra sul mondo (da Leon Battista Alberti), e così al trionfo del rettangolo come riferimento dell'opera d'sarte, all'affermazione del formato 4:3 per ragioni di natura industriale e commerciale prima che artistiche. 

Entriamo poi nella dimensione del ritratto (formato verticale), e del paesaggio (formato orizzontale). Falcinelli sottolinea l'importanza sottovalutata della cornice e del contesto espositivo in cui le opere vengono viste. E poi ancora, passando con straordinaria facilità e leggerezza da un tema all'altro, ci esemplifica il fenomento del quadro nel quadro, la messa in abisso. E il problema della somiglianza e dell'astrattismo. Il fatto che l'immagine può attirare l'attenzione in molti modi e il vedere non è mai neutrale nè oggettivo. 

Scopriamo che ogni immagine ha un punto d'ingresso e uno d'uscita e un suo dinamismo. Che è possibile perdersi dentro un'immagine senza uno scopo preciso. E il ruolo del teatro nella formazione della grammatica del linguaggio visivo.  Che le immagini moderne tendono ad avere un fulcro piuttosto che un centro. Che l'artista tende a guidare lo sguardo dell'osservatore ( puntatori, quinte, repoussoire...). Che l'opera ha un verso ma non è sempre facile comprenderlo. Che l'opera è sensibile alla direzione destra/sinistra e sopra/sotto e quindi lo spazio visivo non è mai isotropo. Che la diagonale assume il ruolo di rappresentare il divenire, l'accadere, lo spostarsi soprattutto in età contemporanea (p. es. nella fotografia) ma il primo a usare la diagonale di luce è Caravaggio. Che nell'immagine le forme danno vita a un ritmo (sul modello musicale). 

E ancora ci viene mostrata l'importanza della composizione: la circolarità (del cosmo), la mandorla (vagina cosmica, origine) il triangolo (mistica della trinità), la sezione aurea, l'orizzonte, la regola dei terzi, ecc.

Scopriamo come la fotografia impone nella composizione la prevalenza del colpo d'occhio: catturare l'intera composizione in un unico sguardo. 

La tesi conclusiva dell'autore  che "c'è un briciolo di contemplazione in tutte le immagini, artistiche o commerciali, ed è questo piacere astratto, ritmico, formale che le rende eloquenti e memorabili", perchè esse sono sempre "la manifestazione di una vita interiore e di un'idea del mondo." (p. 475)

Insomma una lettura ricchissima di stimoli e di occasioni per comprendere davvero il mondo delle immagini nel quale noi oggi viviamo che i pesci nell'acqua. 

30.000!!!

 Raggiunte le trentamila visualizzazioni: Grazie a tutti!

 


 

lunedì 13 marzo 2023

Introduzione alla Consulenza Filosofica 10: CONOSCI TE STESSO (Essere in relazione 1)

 


Distogliere lo sguardo dal mondo e rivolgerlo verso di me. Mi dico: è questo il primo gesto della Pratica Filosofica. Ma se pensi che in tal modo io voglia rinchiudermi nella mia solitudine per cercarvi una specie di oscura profondità senza fondo, sei in errore. Ammesso che si trovasse un simile luogo interiore, nulla distingueremmo in quel buio senza una luce, ma anche la fiammella più debole annienterebbe l’oscurità. Soltanto un silenzio mortale potremmo forse ascoltare.

Ma io non sono lì dentro, non sono prigioniero in me stesso. Io non esisto prima di essere annodato in una grande rete di relazioni che mi sostiene e mi rende possibile. La rete dice chi sono io, chi sei tu. Così come le singole carte da gioco non significano niente perché il loro valore dipende soltanto dall’insieme a cui appartengono e dalle regole del gioco in cui sono giocate.

Qualcun altro decide dunque per noi? Non dico questo. Dico piuttosto che tante cose non le ho decise io. Guardo me stesso, infatti,  e scopro di appartenere ad un tessuto fitto fitto di relazioni. Prima fra tutte quella che mi lega a mia madre e a mio padre e a quella famiglia in cui sono nato. E poi appartengo ad una comunità, ad un popolo, ad un paese. E sono parte di questo tempo e non di un altro, e di questo mondo, dove si parla una certa lingua e si discute sulla base di una certa cultura. Tutto questo non l’ho scelto io. Non l’hai scelto tu.

E poi c’è tutto quel sistema degli affetti (amore, odio, amicizia, indifferenza, solidarietà, pietà, compassione ecc.) che mi lega, mi coinvolge, e fa di me una persona viva. Insomma, che strano, rivolgo lo sguardo verso di me e vedo tutte queste presenze, questi legami, queste relazioni. Cerco me stesso e trovo gli altri? Rischio di non sapere più chi sono, rischio di perdermi.

Eppure so che sono sempre io, quello di ieri e quello di oggi, quello con la cartella in mano che va alla scuola elementare, quello che un giorno si laurea e poi si sposa e diventa padre. Ero io allora, sono io adesso. Certo, molto è cambiato, il fisico innanzi tutto, prima perché cresceva ora perché invecchia. C’è soltanto una somiglianza, sempre più vaga quanto più si risale nel tempo. E il carattere? No, quello è davvero cambiato, posso dirlo con certezza. Ma allora, in base a cosa mi ostino a pensare di essere sempre io, sempre lo stesso? Certo, ora come allora, resto figlio di mia madre e di mio padre, membro di questa famiglia e di questo tempo. Insomma ancora una volta, cerco me stesso e trovo la trama delle relazioni che mi compongono. Devo forse rassegnarmi e rinunciare ad una identità tutta mia, personale, intima, privata?

 

domenica 12 marzo 2023

Immaginare il futuro: Mauro Dorato, Che cos’è il Tempo? (2013)

 


Noi viviamo soltanto al presente: ci spingiamo al di là del presente con la memoria e l’anticipazione. Che però sono atti psicologici che avvengono al presente.

=> metafisica presentista (Agostino e  altri)

Ma Einstein ci insegna che passato / presente / futuro esistono tutti allo stesso modo.

=> Qual è il rapporto tra tempo della fisica e tempo dell’esperienza comune?

 

Il tempo dell’esperienzaesperienza, agostino, presentismo

Le nostre convinzioni:

1. La distinzione tra i 3 momenti è ontologica: solo il presente esiste (=> presentismo. Agostino, Hobbes).

2. Il presente scorre, è divenire assoluto degli eventi.

3. Irrecuperabilità del passato (vs il futuro considerato come aperto alla nostra influenza causale) => freccia del tempo.

Il tempo della fisica nega tutte e tre queste certezze del senso comune.

 

Per il senso comune a) la nostra azione è sempre rivolta verso il futuro, mai verso il passato; b) conosciamo meglio il passato del futuro.

 

La teoria della relatività smentisce il presentismo e dunque anche il senso comune.  Einstein: la distinzione tra presente/passato/futuro è solo una illusione. Egli sostiene una posizione parmenidea. Cfr. esempio dello spazio, qui/là = ora/allora

Per Einstein ogni giudizio che attribuisce un particolare istante di tempo a un evento è solo un fenomeno di simultaneità: dire che il treno arriva alle sette = l’arrivo del treno e il particolare spostamento della lancetta dell’orologio sono simultanei.

La simultaneità, inoltre, dipende dalla posizione dell’osservatore.

giovedì 9 marzo 2023

Letture: Il libro delle emozioni di Umberto Galimberti (2021)

 


Da sempre il mondo delle emozioni è stato contrapposto a quello della ragione, e da sempre la filosofia è stata considerata incapace di occuparsene. In realtà Galimberti con questo suo saggio ci dimostra che non è affatto così, il filosofo può occuparsi delle emozioni e può anzi partire da esse per aprirsi allo spazio di considerazioni importanti sul'esistenza e sul nostro modo di rapportarci al mondo. 

Galimberti ci offre innanzi tutto una definizione precisa: "L'emozione è una reazione affettiva intensa con insorgenza acuta e di breve durata, determinata da uno stimolo ambientale come può essere un pericolo, o mentale come può essere un ricordo." (p. 21) 

 Secondo Galimberti esistono due modi per pensare le emozioni: il modo platonico che parte dalla netta distinzione corpo/anima e secondo il quale le emozioni appartengono al corpo e sono inferiori alla ragione che appartiene all'anima, esemplare in questo senso è il mito dell'auriga; il modo fenomenologico, secondo il quale le emozioni si descrivono e appartengono al cospo ma non contrapposto all'anima,  bensì nel suo rapporto con il mondo. 

Le emozioni (es. paura e desiderio) hanno guidato l'evoluzione dell'essere umano fino alla comparsa della mente razionale. Tuttavia "le emozioni, lungi dall'essere un disordine  che altera i processi cognitivi, sono a tutti gli effetti dei veri e propri nessi tra la natura (espressa dalla biologia) e la cultura (espressa dal pensiero, dall'immaginazione e dal linguaggio)." (p. 63)

La seconda parte del saggio è tutta dedicata  al ruolo delle emozioni nella società contemporanea. Ecco allora che l'autore affronta il tema della ossessiva esposizione della propria intimità che caratterizza il nostro tempo. Per occuparsi poi degli effetti perversi del cellulare sui nostri comportamenti affettivi. Delle distorsioni affettive determinate dal diffondersi di siti di incontri in Internet. Delle conseguenze della straripante presenza della rete nella vita di oggi, cosiderando che essa non è un mezzo, come talvolta si ritiene, ma un mondo al quale si appartiene o dal quale si è esclusi. 

Galimberti insiste molto sul fatto che la rete modifica il nostro modo di pensare e di sentire, perchè de-realizza la realtà e ci spinge alla de-socializzazione.  

Conclude la sua ricerca soffermandosi a lungo sul tema della scuola e sull'esigenza che essa curi l'intelligenza emotiva dei ragazzi, lavorando sull'educazione alle emozioni e ai sentimenti.  

Anche se non sempre ci si sente d'accordo con le conclusioni, sempre piuttosto radicali dell'autore, non c'è dubbio che il libro si propone come un importante tassello di quella filosofia del quotidiano che a mio modo di vedere è la sola  possibilità di sopravvivenza per la disciplina filosofica del terzo millennio. 

lunedì 6 marzo 2023

Introduzione alla Consulenza Filosofica 9: FARE PRATICA FILOSOFICA


 C’è una filosofia come oggetto di studio, cioè una materia strutturata rigidamente da un complesso di regole, che provengono dalla sua storia e che garantiscono la sua identità. Una materia che si può facilmente rappresentare attraverso un insieme di  opere e un elenco di nomi, tutti i bei nomi di cui essa può vantarsi: Platone, Aristotele, Agostino, Cartesio ecc. Potremmo chiamarla la filosofia dell’Accademia perché oggi essa sopravvive, un po’ stancamente, quasi soltanto nelle Università. Ma c’è anche un’altra filosofia che va intesa piuttosto come un’attività di natura personale, esistenziale, il fare pratica filosofica. Attraverso questa attività scopro la via che mi appartiene, la direzione verso me stesso  lungo la quale posso divenire ciò che sono.

Nel primo caso la filosofia si pone dunque come oggetto di studio, come un sapere al quale io posso avvicinarmi ma che resta inesorabilmente altro da me. Nel secondo caso invece, essa diviene una pratica, che si presenta innanzi tutto come il progetto in base al quale mi propongo di vivere filosoficamente e quindi di assumere l’atteggiamento filosofico come il filtro attraverso il quale mi getto nel mondo alla ricerca di me stesso. La Pratica Filosofica è un modo di vita, dunque, ben prima di essere una materia di studio .

In questo senso la Pratica Filosofica non può essere intesa come un mezzo, essa infatti, non serve a nulla perché non è serva di nulla, e quando dà l’impressione di servire vuol dire che essa è già caduta in rovina. Quando, dunque, ti domandi quale sia l’utilità della filosofia, sei già lontano da essa. Il semplice fatto di aver posto una simile domanda dimostra una profonda incomprensione della sua natura più autentica.

In questo senso, ancora, la filosofia è origine. Ed io posso accoglierla come quel modo di vita che mi impone di interrogare la mia stessa esistenza nei suoi rapporti con il mondo e con gli altri. La Pratica Filosofica è questa scelta  originaria, a partire dalla quale mi avvio sul cammino della conoscenza di me stesso. Ma la conoscenza di me stesso non è un fine, come potrebbe esserlo la contemplazione di una immagine in un quadro perfetto (o in uno specchio lucidissimo). La conoscenza di sé è un processo, un cammino, lungo il quale ci si avvia all’insegna del motto: diventa ciò che sei.