Un libro affascinante, che affronta una serie di enigmi alimentari con l’intento di sfatare luoghi comuni e convinzioni inesatte. Si occupa quindi delle vacche sacre in India, del tabù verso la carne di maiale o quella di cavallo, dell’abuso di carne di manzo negli Stati Uniti, dei lattofobi e dei lattofili, degli insetti come cibo, del mangiare o meno cani e gatti e infine del cannibalismo umano.
La tesi generale attraverso la quale affronta tutte queste complesse situazioni alimentari è che le differenze alimentari si spiegano con motivazioni “pratiche” e non ideologiche (mentali o culturali). La qualità di un cibo dipende dal rapporto costi/benefici e dai condizionamenti ambientali.
La predilezione per la carne dipende, per esempio dalla scarsa densità demografica (cacciare richiede territori molto vasti); la predilezione per i vegetali dipende da una elevata densità demografica (scarsa praticabilità ambientale dell’allevamento o della caccia).
Storicamente la sollecitudine per la carne è stata stimolata da:
- banchetti ( per la vittoria, per funerali, matrimoni,ecc.)
- sacrifici religiosi (distribuzione di carni)
In generale la carne è più facilmente digeribile e contiene proteine di qualità migliore.
Oggi gli americani consumano quasi 150 libbre (60 kg) di carne rossa pro capite all’anno. 14 milioni di americani mangiano al fast food ogni giorno.
Mangiare o meno certi animali non è un fatto “culturale”, dunque, ma deriva sempre da un calcolo costi/benefici e quindi dall’equilibrio ecologico disponibile. In qualche caso (India) non è conveniente nutrire gli animali (erbivori) per poi mangiarne le carni, più conveniente cibarsi direttamente dei vegetali.
È per esempio anche il caso del cavallo: troppo costoso allevarlo come cibo, ma utile nell’agricoltura e soprattutto in battaglia. Ne consegue che la Chiesa dichiara tabù la carne di cavallo (732 d. C.).
Nessun commento:
Posta un commento