CHE COS’È LA CONSULENZA
FILOSOFICA?
INTRODUZIONE
Vorrei iniziare
rispondendo alla prima domanda che ci viene posta ovunque: che cos’è la consulenza filosofica? Ma per poter rispondere
adeguatamente devo fare almeno due passi:
a) prima di tutto chiarire
qualcosa rispetto la stessa nozione generale di filosofia:
b) in secondo luogo
delimitare l’ambito generale della pratica filosofica entro cui quella che in
Italia viene chiamata Consulenza Filosofica, si colloca.
PRIMO PASSO
La nozione di filosofia.
Ciò che è da
chiarire è che la filosofia è una, è quella che nasce in Grecia molti secoli
fa, e che possiede una lunga storia, una tradizione, un corpus di autori, di
testi.
Ma non basta, la
filosofia si è realizzata nel corso del tempo attraverso pratiche differenti, (una pratica è un insieme di rituali, e di
linguaggi, di comportamenti e di attese) oggi la pratica dominante della
filosofia è quella che la intende come una disciplina
di studio e di ricerca, e che si materializza nelle aule scolastiche e universitarie,
e nell’editoria specialistica, e che si presenta per lo più nella forma della
conferenza o della lezione frontale, e che, infine, fa uso di un linguaggio
specialistico, talvolta molto settoriale (involuto).
Se questa è la
pratica attraverso cui noi tutti siamo stati abituati vivere e comprendere la
filosofia oggi bene la nostra proposta è quella di mettere in luce la
possibilità di una pratica filosofica di natura differente ciò che appunto chiamiamo
pratica filosofica che, è nient'altro che una modalità differente di realizzare
la filosofia, una modalità differente significa una diversa modalità di presentazione, un diverso linguaggio, scopi
differenti.
Possiamo dunque
cominciare a pensare a una nuova dimensione, nella quale la filosofia si
realizza non più soltanto attraverso la trasmissione accademica del sapere, né
attraverso la lezione frontale, né attraverso la diffusione di una parola
sapiente rivolta ad ammaestrare un pubblico assetato di verità.
Dobbiamo pensare delle
attività filosofiche che si realizzano in modalità differenti, alcuni parlano
di un ritorno all’antico cioè al modello originario socratico quello del
filosofo che va al mercato, va in piazza, va nella palestra, a parlare con la
gente comune, con le persone, non
semplicemente ed esclusivamente con gli altri filosofi. Un filosofo dunque che
va a porre questioni, fare domande, interrogare, talvolta anche a mettere in
crisi le certezze comuni, un filosofo che non ha risposte preconfezionate e non
ha soluzioni facili, non ha strategie
vincenti, [altre pratiche oggi magari alla moda che promettono di diventare
forti, belli, aggressivi, vincenti, venditori, ecc. in quattro lezioni…] ma una
attitudine interrogativa attraverso la quale
provare a vivere diversamente l’esistenza.
SECONDO PASSO
La dimensione della pratica filosofica.
All'interno di
questa nuova dimensione possiamo collocare differenti attività a partire da
quella che ha suscitato maggiore interesse, maggiore curiosità e anche, forse,
le maggiori perplessità e cioè la consulenza
filosofica individuale a seguire poi con l'attività di gruppo, il laboratorio
di pratica filosofica di cui faremo esperienza questa mattina, ma anche il dialogo socratico, la comunità di ricerca, l’intervista filosofica e altre
possibili varianti da scoprire e da inventare della pratica.
Modalità pratiche
che possono essere realizzate in ambienti e in situazioni molto diversi, tanto all’interno
della scuola, ad esempio, quanto all'interno del mondo professionale, del mondo del lavoro, quanto all'interno
di enti e associazioni, in tutte le
occasioni, in tutte le situazioni nelle quali sia opportuno o necessario fare
una operazione collettiva di rischiaramento delle idee, fare una operazione di
condivisione di valori, fare una operazione di incontro collettivo di un gruppo,
fare una operazione di confronto, fare una operazione di fissazione di
obiettivi e di interrogazioni rispetto alla propria realtà, e quindi anche di
messa sotto esame dei propri valori personali e collettivi.
Ciò che caratterizza
queste diverse attività può essere riassunto in almeno tre formule molto
semplici:
1. alla base
naturalmente di tutto vi è il principio che la filosofia non è più soltanto parola
di verità e di auctoritas , ma essa si esprime prima di tutto nella forma del con - filosofare ovvero un discorso che
si produce insieme, ovvero una riflessione
che nasce dal dialogo, ma non basta.
2. Il secondo
elemento fondamentale in tutte queste pratiche (e che le accomuna tutte) certamente
è il fatto che esse si fondano su di un linguaggio
di esperienza, piuttosto che su quello del concetto e della storia,
naturalmente senza ignorare né l'una né l'altra e anzi servendosi spesso e volentieri
proprio della dimensione concettuale come proprio riferimento, ma bisogna
capire il modo in cui la pratica filosofica pensa i concetti che è un modo diverso
da quello cui siamo abituati pensando alla filosofia della tradizione.
Si tratta cioè di
comprendere come il linguaggio d'esperienza sia un linguaggio in cui i concetti
hanno una valenza nuova differente ovvero essi hanno valore importanza
fondamento tanto più quanto più mi riguardano cioè quanto più mi appartengono.
Non si tratta quindi di confrontarsi come accade spesso ad esempio nelle
situazioni di natura televisiva o nelle molte situazioni rese ormai abbastanza
comuni dei festival della filosofia. Sto dicendo che nella pratiche filosofiche
che siano a due o siano di gruppo si interrogano i concetti e li si mette sotto
esame ma essi acquistano valenza quando sono nostri; non si tratta dunque di
confrontarsi a colpi di citazioni, non si tratta di confrontarsi facendo
sfoggio di memoria o mettendo in scena il proprio bagaglio di conoscenze e di
studi, ma si tratta viceversa di interrogare la propria esperienza, di
interrogare la propria storia, di interrogare la propria biografia e da questo
fare emergere dei primi concetti, dei valori, degli elementi che hanno natura
filosofica e che devono essere interrogati, che devono essere acquisiti e
scambiati non come luoghi comuni ma come
scelte, ma come elementi che sentiamo nostri; quindi posso parlare
benissimo sia in una consulenza filosofica a due sia in una situazione di gruppo
di grandi temi filosofici, possiamo parlare per esempio di libertà di giustizia
di coraggio e di onore ma non sarà l'esibizione delle citazioni a fare a creare
la situazione non sarà l'elenco di ciò che i filosofi hanno pensato intorno
questo o quel tema a essere fondamentale, ma sarà ciò che ognuno di noi intende con quel
termine, il modo in cui lo scambia con gli altri, il modo in cui ,
scambiandosi, esso si articola, si sviluppa, si ricostruisce all’interno di
ognuno dei partecipanti; certo c’è anche il contributo della cultura filosofica,
c'è il contributo della storia della filosofia, c'è il contributo degli autori
che ci danno suggestioni straordinarie, che ci danno esperienze fondamentali
già vissute ed elaborate, ma non si tratta mai di schemi rigidi e definitivi, così
come non sono parola cui si debba esclusivamente ubbidienza ma sono soltanto
delle possibilità entro le quali noi troviamo la nostra propria collocazione
esistenziale.
In questo senso le
attività di pratica filosofica sono caratterizzate da questo continuo interrogare, da questo continuo mettere sotto esame, da questo continuo
avere attenzione alle nostre parole, da
questo continuo passare dalle nostre parole ai nostri gesti. Si tratta in qualche maniera di operare per non
accontentarsi delle risposte già date, per non accontentarsi dei luoghi comuni
del nostro tempo, per svelare
l'omologazione cui tutti siamo in qualche maniera tenuti, a cui tutti siamo in
qualche maniera costretti, per fare emergere la nostra individualità, anche se ricordiamolo,
e questo è per me davvero fondamentale, essa è prima di tutto identità
relazionale, non il frutto di uno splendido isolamento, ma la maturazione
progressiva di una presenza che esige la forza del pensiero personale, della
riflessione interiore, quanto lo scambio e la condivisione. Da questo punto di
vista le pratiche filosofiche esigono che si rompa l’isolamento del pensiero, che
spesso determina sofferenza e disagio proprio perché ruota ossessivamente in
noi privo di vie di fuga, incapace di vedere altre possibilità e di fare un
salto al di fuori delle proprie provvisorie certezze. In questo modo la
riflessione diventa collettiva, e viene messa alla prova dello scambio: interrogarsi in due o in dieci o in 20,
significa mettere alla prova collettivamente le nostre riflessioni, mettere
alla prova di fronte all'altro ciò che noi siamo in grado di produrre, la
circolazione collettiva del discorso rende la mia privata riflessione viva e
vera e autentica.
3) Il terzo elemento
su cui mi soffermo poco, è che le pratiche filosofiche hanno natura
trasformativa. Entrare in una pratica, significa esercitarsi a mettere sotto
esame la vita, a fare quel passo indietro che ci consente di esercitare l’arte
del pensiero e vedere la vita da un’altra prospettiva. Ma questo spostamento
non avviene senza conseguenze, esso di per sé produce un cambiamento, una
trasformazione, che può essere variamente interpretata e che può avere
significati diversi, quel che è certo è che la pratica filosofica contribuisce
a fare di noi persone diverse, di fronte a noi stessi e di fronte agli altri .
TORNO ALLA Consulenza Filosofica
A questo punto posso
tornare alla domanda originaria e chiarire qualcosa rispetto alla consulenza
filosofica individuale che purtroppo non può essere sperimentata in una
situazione come questa. E ciò naturalmente rende un pochino più difficile
comprenderne la natura lo sviluppo mentre le pratiche di gruppo le andremo a sperimentare
questa mattina in tutta serenità e tranquillità, e alla fine ci ritaglieremo un
momento di feed back collettivo in cui sarà
possibile discutere gli esiti di quanto accaduto nella mattinata, e il valore
di ciò che è stato fatto.
Ma la consulenza
filosofica individuale non si può sperimentare in questo modo perché richiede
tempi lunghi, richiede una situazione abbastanza particolare, richiede un
ambiente isolato e non si può fare in pubblico ovviamente senza snaturarla,
tuttavia vorrei spendere due parole almeno per chiarire alcuni possibili
equivoci che possono stare sullo sfondo del nostro ragionamento, equivoci che talvolta
sono generati da una certa superficialità giornalistica, sui media domina la tendenza
a cercare lo scoop, a cercare la notizia d'effetto quella che può aprire un
articolo quella che può costituire un titolo efficace e non sempre, c’è la
pazienza di indagare adeguatamente ciò di cui si parla, non sempre c’è la
pazienza di andare oltre la battuta, lo slogan facile. Per questo vorrei
provare a questo punto a smentire alcuni equivoci che so molto diffusi, vorrei provare a fare uno schema rapido, rapidissimo,
a proposito della consulenza filosofica individuale. Allora schematicamente vorrei dire che:
1. la consulenza
filosofica individuale è un colloquio
ovvero una forma del discorso nella quale due persone si scambiano esperienze
in una condizione di parità, una parità di status che non abolisce ovviamente
la differenza di ruolo che esiste tra il consulente e il suo ospite, tuttavia
entrambi parlano con la medesima autorevolezza e ciò che viene detto da
entrambi va preso da entrambi come vero e va accolto per ciò che significa
senza collocare le parole all'interno di una griglia interpretativa più o meno
rigida, senza interpretare le parole dell'altro come se fossero soltanto
l'affioramento di una verità nascosta, in ciò è di già molto evidente una
distanza significativa rispetto alle pratiche di natura psicoterapeutica e qui
bisogna fare subito la prima postilla importante, perché il primo degli
equivoci che è stato prodotto dalla diffusione giornalistica della consulenza
filosofica consiste proprio nel confondere il dialogo filosofico come una delle
molte pratiche di natura psicoterapeutica, si tratta di ambiti totalmente
differenti: il filosofo non è un medico, non fa diagnosi, non fa terapie, il
filosofo non affronta malattie, non ha
di fronte a sé malati, e dunque il suo sforzo è quello di accogliere le persone
in un colloquio autentico, e attraverso di esso di fare luce su alcuni punti di
riferimento, valori, scelte, decisioni, progetti, tutti elementi di cui
l’esistenza di ognuno di noi si nutre.
2. la consulenza
filosofica è dunque qualcosa ha a che fare con la filosofia, ciò significa che esse si serve di tutti gli strumenti
del pensiero critico, si serve delle figure del pensiero filosofico, si serve
delle esperienze che si possono dedurre, trarre dalla tradizione della
filosofia, ma io aggiungerei soprattutto che si serve di un atteggiamento filosofico che va al di
là della tradizione, della letteratura filosofica, e degli autori; questo
atteggiamento filosofico è la nostra disponibilità alla interrogazione è la nostra disponibilità alla messa sotto esame è la
nostra sensibilità nei confronti delle parole
che usiamo, alle quali ci sottoponiamo, è il nostro modo di sentire la condizione relazionale che ci
costituisce, è il nostro modo di sentire
il tempo lo spazio è la modalità attraverso la quale siamo consapevoli di
essere testimoni del nostro tempo,
di questo tempo e di questo mondo nel quale viviamo.
3. la consulenza
filosofica individuale, ha l'occhio centrato sul presente in quanto fondazione e fondamento del futuro; dunque è meno sbilanciata di altre pratiche
sul passato, e se l’inizio dei colloqui è di solito una fase di ricostruzione
biografica, ciò non serve a fare i conti con il passato ma serve essenzialmente
a costruire l'identità del presente, a delineare narrativamente l'identità presente,
e a far emergere i temi essenziali entro cui ruota la nostra esistenza, i punti
di riferimento che fino a oggi mi sono serviti nelle scelte e nei passaggi
della vita. Ma ciò che conta per la consulenza
filosofica è prima di tutto il presente, è questa la condizione essenziale della
consulenza filosofica in quanto essa ha a che fare con il sistema dei valori ed
i punti di riferimento che costituiscono lo sfondo entro il quale io posso
agire nel presente e dunque nel mio futuro. Allora la ricostruzione biografica
non punta a fare i conti con il nostro passato, con i nostri traumi infantili,
i conflitti della nostra adolescenza, le
difficoltà delle nostre relazioni parentali, ma punta a ripartire dal momento
presente, ripartire dall'oggi, certo facendo il bilancio di ciò che c'è e di
ciò che è stato, e quindi anche
ricostruendo biograficamente la propria identità, ma sempre soltanto sullo
sfondo di una costruzione progettuale dell'esistenza.
4. la consulenza
filosofica può essere intesa anche come un colloquio di chiarificazione
dell'esistenza: chiarificazione significa depurazione significa pulizia
significa individuazione della nostra visione del mondo ma anche individuazione
delle nostre dipendenze e anche esplicitazione degli schemi (che siano
acquisiti, che siano imposti, che siano collettivi o individuali) attraverso i
quali noi abbiamo costruito fino ad oggi, fino a questo momento, la nostra
esistenza; si tratta cioè in qualche maniera di individuare le maschere che ci
siamo messi addosso e che sono servite fino ad oggi per costruire la nostra vita.
5. la consulenza
filosofica individuale è un colloquio volta ad orientare le scelte non nel senso che il filosofo assuma la figura
del maestro che è in grado di proporre i valori giusti, le scelte buone
eccetera, ma bensì perché si presume che dallo scambio, dal confronto,
dall'interrogazione comune, dalla comune ricerca, possano emergere per tutti
gli interlocutori dello scambio sia esso duale sia quello collettivo, la
possibilità di fissare i propri valori, fissare dei valori, dei punti di
riferimento, che ci consentono di orientare la nostra esistenza; a me piace la
metafora spaziale quando descrivo queste situazioni: la metafora spaziale mi consente
di immaginare in questo modo l’esistenza, come un percorso attraverso luoghi
spesso sconosciuti, nel quale noi abbiamo costantemente bisogno di fissare dei
punti di riferimento per non perdere l'orientamento, per non perdere
l'orientamento noi poniamo dei punti fissi all'orizzonte questi punti fissi
sono i nostri valori; però l'esistenza è perennemente in movimento e noi sappiamo
che lungo il nostro percorso alcuni riferimenti verranno perduti alcuni
elementi resteranno indietro nell'orizzonte e forse spariranno, sappiamo cioè
che questo mondo di valori e di verità locali, come le chiamo io, cioè di
verità che sono tanto forti da consentirci di essere regolative nell'esistenza
ma non così forti da diventare valori assoluti e definitivi perché la vita è un
percorso e dobbiamo essere pronti a interrogare i nostri valori a mettere in
questione i nostri punti di riferimento,
alcuni saranno più solidi e più stabili, alcuni saranno probabilmente da
rivedere, altri ancora andranno abbandonati, comunque tutti dovranno essere
sottoposti a interrogazione.
INFINE
6. È evidente che la
consulenza filosofica individuale appartiene ad una sfera che possiamo chiamare
la sfera dell'etica, si tratta di
una dimensione nella quale ciò che è in gioco sono le linee guida della nostra
esistenza ciò che noi stessi poniamo come linee guida della nostra esistenza
ciò che noi stessi poniamo come valori di riferimento per la nostra esistenza.
Si tratta cioè di una dimensione in cui ciò che è in gioco non è l'armonia
della sfera interiore, ciò che in gioco non è un fatto medico né un fatto
psicologico ma è vissuto in una forma che non è quella individualistica della
tradizione in cui ognuno per trovare se stesso si chiude nella propria stanza,
ma viceversa una dimensione intimamente relazionale che ha bisogno della
presenza dell'altro perché ha fatto esperienza del fatto che noi siamo anche la
nostra relazionalità, noi siamo anche l'altro con cui ci rapportiamo, non siamo
isole abbandonate nell'oceano ma siamo un sistema di forze, siamo per restare
in questa metafora una rete di relazioni, un tessuto di relazioni nel quale
ognuno di noi è un nodo che tiene insieme molti fili differenti, che
continuamente stringe rapporti, rompe rapporti, allenta i propri rapporti in un
continuo movimento di relazioni nei quali siamo coinvolti, e che dobbiamo
costruire che dobbiamo realizzare.
Ecco la condizione
contemporanea è una condizione nella quale questa nostra relazionalità viene
negata e siamo spinti invece ad un individualismo estremo che rappresenta però
spesso e volentieri soltanto una diminuzione una riduzione della nostra
umanità. La pratica filosofica le sue
varie espressioni da quella duale a quelle di gruppo, intende riportare l'uomo
ad una condizione di vita differente ad una condizione di vita nella quale la
sua umanità sia espressa in tutte le sue forme. Ma su questo non voglio ora
aggiungere altro perché so che Neri Pollastri in chiusura rifletterà proprio su
tale aspetto della consulenza
filosofica.
CONCLUDO
A questo punto non mi
resta che introdurre molto rapidamente le attività che si terranno nel corso
della mattinata, anche se lascerò che siano i conduttori stessi a farvene di
volta in volta una presentazione prima di andare materialmente a realizzare il
laboratorio, in termini generali io mi limito a fare una brevissima
osservazione di metodo che vale per il laboratorio filosofico in generale,
anche se poi ogni conduttore adotta le sue strategie operative.
Il laboratorio di
pratiche filosofiche innanzi tutto è una situazione nella quale non si fa
storia della filosofia, così come non si fa lezione di filosofia, così come non
ci si limita ad ascoltare: nel laboratorio di pratica filosofica tutti sono
chiamati al colloquio, non è uno spettacolo nel quale un filosofo si esibisca per
il piacere del pubblico, ma è una esperienza collettiva di condivisione del
discorso, il consulente filosofico guida il percorso ne regola lo sviluppo ma
in esso tutti i partecipanti hanno pari dignità. Si usano talvolta brevi testi
filosofici che servono però solo come stimolo alla riflessione al confronto,
come innesco della discussione direi io, e non si fa analisi del testo
filosofico perché non ci sono verità da trasmettere né formule da elaborare,
c’è invece il discorso di ognuno di noi che mette in gioco la propria
esperienza, la scambia, la condivide. E se c’è una regola etica che sostiene
questo tipo di attività è quella che impone di ascoltare l’altro, di dargli
credito, di prenderlo sul serio, non è sufficiente ascoltare se stessi se non si
è disposti ad ascoltare anche l’altro, perché da questa esposizione collettiva
nasce qualcosa di autentico.
Grazie
[Conferenza, Sacile
23 maggio 2009]
Nessun commento:
Posta un commento