A cura di Stefano Zampieri - Consulente Filosofico
sabato 31 dicembre 2016
Buoni propositi
Il mio 2017 sarà l'anno in cui inaugurare l'esperienza della Filosofia nel Quotidiano. Iniziative e progetti a seguire.
giovedì 29 dicembre 2016
Filosofia nel quotidiano
Qual è dunque il compito della filosofia oggi? A mio avviso
non può che essere una filosofia
nella vita quotidiana, ove ciò che è decisivo è proprio la preposizione,
non si tratta infatti di cogliere il quotidiano solo come un oggetto di studio,
di fare una teoria del quotidiano, ovvero in parte è anche questo, ma al
contempo, nello stesso tempo, la filosofia che torna alla vita trova il suo luogo naturale proprio nel
quotidiano, essa non è solo filosofia del
quotidiano, ma ancor prima e più profondamente filosofia nel quotidiano. È questo che s’intende quando si allude a una pratica della filosofia.
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giovedì 22 dicembre 2016
Qualche limite da rispettare
Il tema del limite sta diventando forse uno dei temi più appassionanti della riflessione filosofica contemporanea più sensibile alla dimensione dell'esistenza, perchè è proprio nella concreta esistenza degli uomini e delle donne del nostro tempo che diviene necessario fare i conti con i limiti che la storia, la natura e la vita ci impongono, ma anche con la prometeica volontà umana di superare ogni limite e di lasciar scatenare un desiderio e una volontà illimitati.
Bodei mette mano con la consueta ricchezza di riferimenti e di connessioni, a questa materia e fa emergere la complessità dei fenomeni che noi tutti abbiamo sotto gli occhi: l'abolizione del limiti generazionali che un tempo distinguevano e identificavano per ruoli e responsabilità giovani, adulti ed anziani e oggi si confondono nel giovanilismo estremo, nella mancanza di riti di passaggio, nella faticosa rincorsa ad un corpo eternamente bello e giovane, ecc.; la rottura del limite tra pubblico e privato, con una biopolitica che entra massicciamente nella vita privata e un privato che viene spettacolarizzato ossessivamente; l'indebolimento dei limiti territoriali e nazionali, resi privi di senso da vaste correnti migratorie, ma anche da una nuova concezione del lavoro flessibile, e delocalizzato; una generale perdita di senso della misura, rispetto alla dissipazione delle risorse, o rispetto alla devastazione del territorio e dei beni naturali e artistici che ci circondano; in generale tutte le pulsioni autodistruttive, che l'atteggiamento predatorio e dissipatorio dell'uomo sta attuando sistematicamente, e che la storia dell'ultimo secolo ci ha mostrato impietosamente - si pensi solo ad Auschwitz o a Hiroshima.
Bodei rifiuta tanto l'esaltazione della trasgressione dei limiti quanto la loro silenziosa accettazione. La morte di Dio ci ha lasciato nella mancanza di punti di riferimento fissi e sottratti a valutazione. Tuttavia limiti da rispettare ne esistono ancora, e l'uomo ha bisogno comunque di una morale anche se provvisoria. Non esiste, infatti, uno spazio di valori e verità morali omogeneo e stabile "ma uno spazio complesso caratterizzato da una pluralità di valori specifici a rete, entro i quali muoversi 'sinapticamente' per collegarli a contesti più ampi".
Biosogna saper scegliere i rischi della libertà rispetto ai vantaggi della sicurezza, ma sopratutto, cogliendo l'antico suggerimento di Marco Aurelio, non bisogna attendere la realizzazione della città perfetta, meglio
puntare a un po' di miglioramento, anche minimo, ma subito.
Remo Bodei
Limite
Bologna, Il Mulino, 2016
p. 124, € 12,00
Bodei mette mano con la consueta ricchezza di riferimenti e di connessioni, a questa materia e fa emergere la complessità dei fenomeni che noi tutti abbiamo sotto gli occhi: l'abolizione del limiti generazionali che un tempo distinguevano e identificavano per ruoli e responsabilità giovani, adulti ed anziani e oggi si confondono nel giovanilismo estremo, nella mancanza di riti di passaggio, nella faticosa rincorsa ad un corpo eternamente bello e giovane, ecc.; la rottura del limite tra pubblico e privato, con una biopolitica che entra massicciamente nella vita privata e un privato che viene spettacolarizzato ossessivamente; l'indebolimento dei limiti territoriali e nazionali, resi privi di senso da vaste correnti migratorie, ma anche da una nuova concezione del lavoro flessibile, e delocalizzato; una generale perdita di senso della misura, rispetto alla dissipazione delle risorse, o rispetto alla devastazione del territorio e dei beni naturali e artistici che ci circondano; in generale tutte le pulsioni autodistruttive, che l'atteggiamento predatorio e dissipatorio dell'uomo sta attuando sistematicamente, e che la storia dell'ultimo secolo ci ha mostrato impietosamente - si pensi solo ad Auschwitz o a Hiroshima.
Bodei rifiuta tanto l'esaltazione della trasgressione dei limiti quanto la loro silenziosa accettazione. La morte di Dio ci ha lasciato nella mancanza di punti di riferimento fissi e sottratti a valutazione. Tuttavia limiti da rispettare ne esistono ancora, e l'uomo ha bisogno comunque di una morale anche se provvisoria. Non esiste, infatti, uno spazio di valori e verità morali omogeneo e stabile "ma uno spazio complesso caratterizzato da una pluralità di valori specifici a rete, entro i quali muoversi 'sinapticamente' per collegarli a contesti più ampi".
Biosogna saper scegliere i rischi della libertà rispetto ai vantaggi della sicurezza, ma sopratutto, cogliendo l'antico suggerimento di Marco Aurelio, non bisogna attendere la realizzazione della città perfetta, meglio
puntare a un po' di miglioramento, anche minimo, ma subito.
Remo Bodei
Limite
Bologna, Il Mulino, 2016
p. 124, € 12,00
lunedì 19 dicembre 2016
Felicità reale?
Ci sono libri dei quali non condividi praticamente nulla, eppure sono libri bellissimi che vale sicuramente la pena leggere con attenzione, proprio perchè ci costringono a pensare, e ci insegnano a farlo. E' sicuramente così per questo "Metafisica della felicità reale" di Alain Badiou, uno degli ultimi maître à penser francesi, approdato dalla militanza nell'estrema sinistra maoista alla prospettiva filosofica di una riedizione del "sistema", che attraverso un percorso abbastanza contorto riabilita insieme il platonismo, la dialettica, la soggettività, la verità. Al di là di questo però, Badiou coglie molto bene l'esigenza di dare vita ad una noziione di felicità che non sia la pedissequa riedizione delle modeste soddisfazioni quotiodiane del piccolo borghese e della sua bella famigliola sazia e soddisfatta, ma sia piuttosto un sentimento di dilatazione dell'individuo che può realizzarsi solo dall'evento di una rivolta logica rispetto alle opinioni prefissate, ed insieme da una esigenza di giustizia rispetto alle miserie del mondo e della vita umana. Ma, nota giustamente Badiou, la nostra società si presenta invece come il mondo migliore piossibile e dunque ben poco migliorabile, ed è dominato dal vuoto della comunicazione spettacolo, da un concetto di universalità ridotta alla dimensione del denaro e delle merci, da una rigida e sterile specializzazione dei saperi e da una ossessione per la sicurezza personale, per cui nessuno davvero si sente pronto ad affrontare il rischio dell'evento che rompe il quadro, dell'azione che spacca la banalità e quotidianità, nessuno se la sente più di lasciare la propria esistenza al caso, l’intero assetto vitale è programmato e pianificato (studi, educazione, lavoro, sicurezza personale ecc.).
La stessa filosofia nelle sue tre grandi correnti contemporanee, quella ermeneutica, quella analitica, quella post moderna, appaiono a Badiou del tutto inadeguate ad affrontare quello che gli appare come il problema centrale dell'uomo cioè il suo rapporto con la verità.
Ma la mutabilità della comunicazione spettacolo e l’universalità delle merci e della moneta si possono interrompere secondo Badiou solo a partire da un punto fermo incondizionato, un’idea strategica e quindi da una VERITA’. Ciò esige sistema, esige un superamento della frammentarietà del discorso filosofico, cioè una filosofia della singolarità, della decisione e della scommessa (e dunque un ritorno al soggetto).
Che proprio questo sia il presuspposto dell "felicità reale" è la tesi dell'autore, una tesi complessa e argomentata con profondità, ma inesorabilmente fondata su un presupposto franoso, perchè ciò che Badiou chiama “verità” è, esplicitamente, quel che Deleuze chiama “senso”, ma in altre filosofia si sarebbe chiamato bene, spirito, noumeno, e prima ancora Dio, e di ciò conserva intera la volatilità, l'ineffabilità, l'inconsistenza.
ALAIN BADIOU
Metafisica della felicità reale
Roma,
Derive Approdi, 2015
La stessa filosofia nelle sue tre grandi correnti contemporanee, quella ermeneutica, quella analitica, quella post moderna, appaiono a Badiou del tutto inadeguate ad affrontare quello che gli appare come il problema centrale dell'uomo cioè il suo rapporto con la verità.
Ma la mutabilità della comunicazione spettacolo e l’universalità delle merci e della moneta si possono interrompere secondo Badiou solo a partire da un punto fermo incondizionato, un’idea strategica e quindi da una VERITA’. Ciò esige sistema, esige un superamento della frammentarietà del discorso filosofico, cioè una filosofia della singolarità, della decisione e della scommessa (e dunque un ritorno al soggetto).
Che proprio questo sia il presuspposto dell "felicità reale" è la tesi dell'autore, una tesi complessa e argomentata con profondità, ma inesorabilmente fondata su un presupposto franoso, perchè ciò che Badiou chiama “verità” è, esplicitamente, quel che Deleuze chiama “senso”, ma in altre filosofia si sarebbe chiamato bene, spirito, noumeno, e prima ancora Dio, e di ciò conserva intera la volatilità, l'ineffabilità, l'inconsistenza.
ALAIN BADIOU
Metafisica della felicità reale
Roma,
Derive Approdi, 2015
giovedì 15 dicembre 2016
Filosofia dell'esistenza, vecchia e nuova.
Diciamolo subito: non si tratta nè di una raccolta di aneddoti, nè di un saggio teorico. Direi piuttosto un quadro, la descrizione di un'intera epoca culturale, dagli anni Trenta in poi, il racconto di una serie di personalità di grande valore, ma anche la ricostruzione di alcuni eventi storici decisivi nel XX secolo e la scansione di fenomeni culturali travolgenti allora, ma importanti ancor oggi. Insomma, Sarah Bakewell riesce nel difficile intento di ricostruire i grandi dibattiti del '900, dalla scopertta della fenomenologia, alla svolta heideggeriana, alle questioni relative ai rapporti con il comunismo sovietitco, con i fermenti post coloniali, e con la stagione delle rivolte e dei diritti.
Senza mai annoiare o diventare pedante, l'autrice ricostruisce caratteri, riassume testi, segue vicende biografiche con grande competenza, servendosi di una ricchissima bibliografia, e riuscendo nella diffficile impresa di essere chiara senza scadere nel superficiale.
Ciò che ne esce non è nè un quadro agiografico nè una anacronistica demolizione, è piuttosto la complessità di una straordinaria stagione culturale, dominata da personalità di primissimo livello, Sartre, De Beauvoir, Camus, Merleau-Ponty, ma anche Vian, Genet, Jaspers, Lévinas, Marcel, Lanzamann, Murdoch, Nizan, Patocka, Wright e innumerevoli altri, tutti coinvolti nel gioco della filosofia e dell'arte che provano a rimettere in questione l'esistenza stessa liberandosi della zavorra della tradizione e tentando di scrollarsi di dosso le incrostazioni di un mondo che stava finendo e che attraverso i disastri della guerra, della rivoluzione, delle lotte perr l'emancipazione, comincivava a sperimentare, ora timidamente ora grosssolanamente, i nuovi abiti di un mondo che allora si affacciava e che ora è il nostro.
Di sicuro alla fine della lettura di questo libro restra la consapevolezza che quelle esperienze stanno alle nostre spalle, non solo perchè noi le abbiamo superate, ma anche perchè è in esse che troviamo la radice, il fondamento, l'impulso del nostro stesso modo di approcciarci alla realtà, senza più Autorità, nè Obbedienze, senza Verità Assolute, ma ansiosi di fare luce sulla nostra vita nella convinzione che essa possa essere migli
ore. Per tutti.
Sarah Bekewell
Al caffé degi esistenzialisti. Libertà, Essere e cocktail
Fazi Editore 2016
€20,00
Senza mai annoiare o diventare pedante, l'autrice ricostruisce caratteri, riassume testi, segue vicende biografiche con grande competenza, servendosi di una ricchissima bibliografia, e riuscendo nella diffficile impresa di essere chiara senza scadere nel superficiale.
Ciò che ne esce non è nè un quadro agiografico nè una anacronistica demolizione, è piuttosto la complessità di una straordinaria stagione culturale, dominata da personalità di primissimo livello, Sartre, De Beauvoir, Camus, Merleau-Ponty, ma anche Vian, Genet, Jaspers, Lévinas, Marcel, Lanzamann, Murdoch, Nizan, Patocka, Wright e innumerevoli altri, tutti coinvolti nel gioco della filosofia e dell'arte che provano a rimettere in questione l'esistenza stessa liberandosi della zavorra della tradizione e tentando di scrollarsi di dosso le incrostazioni di un mondo che stava finendo e che attraverso i disastri della guerra, della rivoluzione, delle lotte perr l'emancipazione, comincivava a sperimentare, ora timidamente ora grosssolanamente, i nuovi abiti di un mondo che allora si affacciava e che ora è il nostro.
Di sicuro alla fine della lettura di questo libro restra la consapevolezza che quelle esperienze stanno alle nostre spalle, non solo perchè noi le abbiamo superate, ma anche perchè è in esse che troviamo la radice, il fondamento, l'impulso del nostro stesso modo di approcciarci alla realtà, senza più Autorità, nè Obbedienze, senza Verità Assolute, ma ansiosi di fare luce sulla nostra vita nella convinzione che essa possa essere migli
ore. Per tutti.
Sarah Bekewell
Al caffé degi esistenzialisti. Libertà, Essere e cocktail
Fazi Editore 2016
€20,00
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