A cura di Stefano Zampieri - Consulente Filosofico
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venerdì 7 giugno 2024

Lettura de Il Pensiero Selvaggio di Claude Lévi-Strauss

 


"Il Pensiero Selvaggio", pubblicato nel 1962, è un'opera fondamentale dell'antropologo francese Claude Lévi-Strauss.

"Il pensiero selvaggio" è considerato un testo fondamentale nell'ambito dell'antropologia strutturale e ha influenzato profondamente il pensiero antropologico contemporaneo. Una lettura non facile ma capace di garantirci un gran numero di sollecitazioni e di domande decisive.


In quest'opera, Lévi-Strauss sfida la visione comune del pensiero "selvaggio" come primitivo e irrazionale, proponendo invece una visione di esso come strutturale, logico e dotato di una propria coerenza interna.

Lévi-Strauss si concentra sul mito come forma di pensiero, analizzandone la struttura e le funzioni. Egli sostiene che i miti non sono semplici storie inventate, ma piuttosto rappresentazioni simboliche di strutture universali del pensiero umano. I miti, attraverso l'utilizzo di metafore e opposizioni binarie, cercano di classificare e comprendere il mondo complesso che ci circonda.

Lévi-Strauss usa il termine “bricolage” per caratterizzare i processi di pensiero mitologici che osserva. Il bricolage è l’arte di riutilizzare tutto ciò che hai a portata di mano per creare qualcosa di nuovo.

Secondo Lévi-Strauss, infatti, le società primitive prestano particolare attenzione al loro ambiente fisico e hanno creato vocabolari specializzati per trattare questa conoscenza. Di conseguenza, la lingua differisce a seconda degli ideali di una società. Lévi-Strauss afferma che questa preoccupazione non è solo pratica, ma anche filosofica, perché la realtà è creata attraverso il linguaggio.

Lévi-Strauss non vede il pensiero scientifico e quello mitico come due modalità cognitive opposte, bensì come due livelli di elaborazione della stessa realtà. La distinzione tra "pensiero selvaggio" e "pensiero scientifico" non è assoluta, ma piuttosto una questione di grado. La scienza, secondo Lévi-Strauss, si basa su una struttura logica simile a quella del mito, ma opera su un piano di astrazione diverso.

Sia la cognizione scientifica che quella mitica sono praticabili, l’una non prevale sull’altra; si tratta piuttosto di due forme diverse  nell’evoluzione del pensiero, due metodi di pensiero indipendenti. Di conseguenza, i miti non sono una scienza primitiva. Ma il frutto di una diversa modalità di creare ordine nel reale, di qui le complicate e bizzarre tassonomie che caratterizzano il “pensiero selvaggio”.

Uno dei punti chiave del libro è l'affermazione dell'universalità del pensiero umano. Lévi-Strauss sostiene che, nonostante le differenze culturali, tutte le società umane condividono alcune strutture mentali profonde che si riflettono nei loro miti, riti e linguaggi. Il pensiero umano è caratterizzato da una ricerca di ordine e significato.

 

L'opera di Lévi-Strauss ha avuto un impatto profondo sull'antropologia e su altre discipline, contribuendo a superare l'etnocentrismo e a promuovere una visione più rispettosa e complessa delle culture diverse.

Certo, leggere ora queste pagine, al di là del fascino indiscurtibile che le caratterizza, mette il lettore di fronte a una massa di dati letti in forma sincronica e orizzontale  (cioè osservando fenomeni simili in un ampio numero di situazioni, fra le tribù dell’Amazzonia o quelle del Nord America o dell’Africa). Mentre probabilmente oggi il lettore vorrebbe poter entrare più in profondità in una singola esperienza per poterne valutare l’intreccio decisivo di elementi culturali, sociali, simbolici, storici,  urbanistici, artistici, economici ecc. che la caratterizza. 

L'universalismo di Lévi-Strauss, se è stato fondamentale per farci superare l’etnocentrismo  e la presunzione di superiorità dell’uomo occidentale, appare però oggi un po’ debole quando si tratta di sottolineare invece la specificità culturale della singola cultura.

Lettura di Tristi Tropici di Claude Lévi- Strauss

 

Tristi tropici - Claude Lévi-Strauss - copertina

 

Tristi Tropici, opera del 1955 dell'antropologo francese Claude Lévi-Strauss, è un testo che si colloca a cavallo tra il saggio, il diario di viaggio e l'opera memoriale.

Al centro del libro vi sono le esperienze vissute dall'autore durante la sua permanenza in Brasile tra il 1935 e il 1939, dove condusse spedizioni di ricerca etnografica tra diverse tribù indigene, prevalentemente in Mato Grosso e Rondônia.

L'autore narra le sue esperienze di viaggio, esplorando villaggi indigeni, colonie europee e accampamenti di cercatori d'oro o di siringheros (coltivatori commercianti di caucciù) .

L'opera si compone di diverse sezioni, ognuna dedicata a un tema specifico o a un episodio particolare del soggiorno brasiliano di Lévi-Strauss.

Le descrizioni minuziose dei riti, delle leggende e delle strutture sociali delle popolazioni indigene si intrecciano con riflessioni filosofiche sulla natura del selvaggio, sul rapporto tra culture diverse e sul ruolo dell'antropologo.

Non mancano aneddoti personali, considerazioni sulla vita quotidiana in Brasile e confessioni intime sulle difficoltà e le contraddizioni vissute dall'autore durante la sua esperienza sul campo con i Caduvei del Paranà o i Bororo del Mato Grosso.

Tristi Tropici non è solo un resoconto di una ricerca antropologica, ma un'opera che offre una profonda riflessione sulla condizione umana, sulla diversità culturale e sul rapporto tra individuo e società.

Lévi-Strauss descrive con grande sensibilità l'incontro con culture radicalmente diverse da quella occidentale, sottolineando l'importanza di superare i pregiudizi etnocentrici per comprendere appieno la ricchezza e la complessità del mondo indigeno.L'autore sostiene che non esista una cultura "inferiore" o "superiore", ma che ogni società debba essere valutata in base ai suoi propri valori e alle sue proprie regole.

Egli analizza i miti indigeni come strumenti per comprendere la realtà e per dare senso al mondo e sostiene che i miti non sono semplici favole, ma strutture logiche che rivelano la visione del mondo di una particolare cultura.

L'esperienza vissuta tra le tribù indigene porta Lévi-Strauss a riflettere sulla natura universale dell'uomo e sulla sua capacità di adattamento a contesti ambientali e culturali molto diversi.

Tristi Tropici è un'opera fondamentale per la storia dell'antropologia e continua ad essere un testo di riferimento per chiunque sia interessato alle culture indigene, al relativismo culturale e alla natura del pensiero umano.

Oltre al suo valore scientifico, il libro è anche un'opera letteraria di grande fascino, capace di appassionare il lettore con le sue descrizioni vivide, le sue riflessioni profonde e la sua scrittura elegante.

 A distanza di oltre mezzo secolo il libro non ha perso nulla del suo splendore. Forse le tribù dei Nambikwara che descrive lungamente non esistono più, ma resta la sua fondamentale testimonianza di come il rapporto con l’altro possa essere rispettoso e umile. La sua ricerca delle grandi eterne strutture dell’esistenza umana forse non è più attuale da un punto di vista scientifico, ma le domande che pone restano  in buona parte ancora senza risposta.