A cura di Stefano Zampieri - Consulente Filosofico
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mercoledì 5 marzo 2025

Marc Augé Perché viviamo? 2003

 


 


Chiedersi “perché viviamo?” significa chiedersi innanzi tutto cos’è la felicità. Si può partire con una definizione minima: l’assenza di dolore, la tregua, la pausa.

Le differenze sociali, tuttavia, comportano un senso diverso della felicità. Per il povero può diventare un lusso, un privilegio. Nella società dei consumi la felicità diventa “poter consumare”. In questo contesto l’autore prova a ridefinire l’idea della felicità. In primo luogo essa dipende da due fattori: durata e istante.

La felicità duratura è percepita solo a posteriori. La felicità effimera, legata al momento, è occasionale.

In generale afferma che “La coscienza felice di sé si fonda su un doppio presupposto: la relazione con il tempo e quella con gli altri.” (10)

Per l’uomo comune nella società di consumi e nell’epoca della “cosmotecnologia” (miti e riti legati alla presenza della tecnologia, che costituiscono modelli per la vita delle persone), il tempo è scandito dalla sequenza dei programmi televisivi, lo spazio ha la fisionomia del viaggio.

La domanda sulla felicità dell’uomo comune nella società dei consumi è parallela alla questione del perché l’antropologia (quella di Augé almeno) è passata dalle società primitive alla società attuale. In realtà l’esperienza africana gli ha insegnato la rilevanza del fattore dello SPAZIO:

- che lo spazio non è mai neutrale

- che non c’è spazio isolato dal sociale

- che non si comprende lo spazio se non si comprendono tre funzioni essenziali: la Persona  – l’Evento – la Mediazione.

Persona: Il rapporto con l’altro, fondamento dell’identità personale è prima di tutto un rapporto tra corpi. “Esistiamo in senso pieno come persone solo socialmente, e dobbiamo tale esistenza sociale al nostro corpo.” (53)

“Dobbiamo una volta per tutte ricordarci che il rapporto con l’altro, il legame sociale e il legame simbolico sono creati innanzi tutto dalla relazione tra i corpi, lungi dall’essere trasmessi dalle immagini o dai simboli.” (52-53)

Evento: il rito serve a esorcizzare il ritorno di eventi nefasti.

Mediazione:  tra uomini e soprannaturale ha tre forme: il sogno, la possessione, lo spettacolo.

Il passaggio tra l’esperienza culturale dei popoli primitivi e quella delle società attuali è evidente almeno su cinque temi: l’identità, la memoria, la sacralità, l’apparenza, lo scambio.

Sono gli  assi antropologici transculturali.

L'antropologia è profondamente cambiata nell'epoca della globalizzazione, cioè del libero mercato, delle reti tecnologiche e della coscienza planetaria ecologica e sociale.

La coscienza planetaria "è la coscienza del pianeta come corpo fisico vulnerabile, maltrattato e minacciato." (92)

"La coscienza sociale del pianeta è la coscienza di un mondo dove lo scarto tra i più ricchi dei ricchi e i più poveri dei poveri non smette di aumentare. " (93)

Fenomeno della urbanizzazione: la metacittà virtuale (cfr. Virilio), la città mondo, è divisa in luoghi e non luoghi, in base alle pratiche sociali che lo definiscono, spazi pubblici e spazi privati. Che oggi sono dominati da una circolazione infinita di beni e di persone che ha profilo globale più che locale. In un clima generale di violenza familiare, cittadina e religiosa, di guerra, eccetera Emblematica perché appare "quando le relazioni non sono più possibili né negoziabili e ancor meno istituibili o istituite: quando il processo simbolico fallisce. " (103)

Augé riassume la confusa situazione attuale nel principio della mancanza di fini generali soppiantati dai fini a breve termine, redditività, competitività, profitto…

Resta unico il fine sottaciuto del consumo illimitato.

Serve allora un ritorno all’utopia, dell'educazione, della piena occupazione, della sicurezza.

L'antropologia del futuro: antropologia dell'Economia e antropologia delle Scienze, perché sono i luoghi in cui meglio emerge "la deriva di una umanità apparentemente privata dei suoi fini." (131)

Conclude: " la società, l'individuo, la conoscenza sono tre finalità che definiscono la condizione umana. " (132)

martedì 10 aprile 2018

Conoscenza, ignoranza, mistero

Per chi conosce i 5 volumi del Metodo di Edgar Morin, non c'è nulla di nuovo in questo libretto se non l'ennesima conferma della straordinaria capacità dell'autore di leggere il presente e di intuire le tracce appena distinguibili del futuro. Con la consueta chiarezza, e insieme la profondità che viene da una conoscenza ricchissima e mai superficiale, Morin sintetizza qui molte sue considerazioni, e in particolare insiste, giustamente a mio avviso, sulla necessità di tenere sempre insieme il desiderio e la necessità della conoscenza con la consapevolezza della sua natura interminabile, oggi del mondo conosciamo infinitamente più di quanto si poteva conoscere solo pochi decenni fa, eppure il margine di ignoto, di sconosciuto, di inspiegabile, di misterioso, non solo non si è cancellato ma non è stato nemmeno intaccato. Ciò di cui oggi siamo certi è solo che la realtà e di natura ipercomplessa, il che non ce la rende più familiare, ma ci spalanca continuamente nuove domande, interrogativi ai quali rispondere, problemi ai quali far fronte.
E' particvolartmente bello, in questo saggio,  che si concluda con una incursione nel "post-umano", ovvero nel mondo delle trasformazioni cui l'uomo andrà incontro nei prossimi decenni. E qui l'autore è accorto nell'indicare le due vie che ci si aprono, quella di una devastazione dell'umano ad opera di quella che chiama "la trinità senza freni: scienza / tecnica / economia", oppure quella di una sua realizzazione più alta, per la quale, tuttavia, è "necessaria una profonda riforma intellettuale e morale". Per questa dobbiamo lavorare tutti.

E. MORIN
Conoscenza, ignoranza, mistero
Milano, Raffaello Cortina, 2018
pp. 148,   €13,00