A cura di Stefano Zampieri - Consulente Filosofico
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lunedì 30 gennaio 2023

Introduzione alla Consulenza Filosofica 4: IL PRESENTE

IL PRESENTE


La consulenza filosofica individuale, ha l'occhio centrato sul presente in quanto fondazione e fondamento del futuro;  dunque è meno sbilanciata di altre pratiche sul passato, e se l’inizio dei colloqui è di solito una fase di ricostruzione biografica, ciò non serve a fare i conti con il passato ma serve essenzialmente a costruire l'identità del presente, a delineare narrativamente l'identità presente, e a far emergere i temi essenziali entro cui ruota la nostra esistenza, i punti di riferimento che fino a oggi mi sono serviti nelle scelte e nei passaggi della vita.  Ma ciò che conta per la consulenza filosofica è prima di tutto il presente, è questa la condizione essenziale della consulenza filosofica in quanto essa ha a che fare con il sistema dei valori ed i punti di riferimento che costituiscono lo sfondo entro il quale io posso agire nel presente e dunque nel mio futuro. Allora la ricostruzione biografica non punta a fare i conti con il nostro passato, con i nostri traumi infantili, i conflitti della  nostra adolescenza, le difficoltà delle nostre relazioni parentali, ma punta a ripartire dal momento presente, ripartire dall'oggi, certo facendo il bilancio di ciò che c'è e di ciò che è stato,  e quindi anche ricostruendo biograficamente la propria identità, ma sempre soltanto sullo sfondo di una costruzione progettuale dell'esistenza. 


giovedì 15 novembre 2018

Presenza


Qui, proprio ora. Adesso. In questo particolare campo di spazio tempo. In questo frangente in questo evento. Voglio dire: il quotidiano è prima di ogni cosa un qui e ora.
Certo anche nel quotidiano, viviamo gli sbilanciamenti, i movimenti della nostalgia, della colpa, del rimorso, della speranza, dell'attesa, del progetto, viviamo cioè tutto quel che per semplicità definiamo come ambito del passato e del futuro. Ma il punto di partenza, sempre, è un qui e ora. Perché è distintivo che il pensiero del quotidiano appaia collocato, c'è appunto emerso in un particolare spazio tempo, nel quale io che scrivo, io che racconto, io che penso, mi trovo appunto a pensare, o a parlare.
È da qui, da questa precisa prospettiva, da questa parte del mondo e della storia che io posso parlare e pensare così come faccio, così come rappresentato in queste righe. Il quotidiano è sempre situato perché è un gesto non simulato ma è accadimento, evento.

Il filosofico nel quotidiano è, dunque, prima di tutto presenza, cioè determinazione di un campo spazio temporale. Qui e ora.
Bisogna forzare la scrittura, perché essa è per sua natura lavoro di ripetizione, che spezza la linearità dell’hic et nunc e introduce piuttosto la ripetizione: ogni lettura è ripresentazione, momento che si replica. Non possiamo cambiare la natura stessa della scrittura, ma possiamo appunto "forzarla" o forse "provocarla", ad esempio fissando nero su bianco quel momento creativo: sono le 15:36 del 5 gennaio 2018 a Mestre. Questa indicazione, è ovvio, diventa ora che è stata scritta, un momento destinato a ripetersi, tuttavia si sforza provocatoriamente di fermarsi dentro quelle precise coordinate spazio temporali. Assomigliando in questo ad una fotografia, rappresentazione che appunto cerca di aggirare la ripetizione mostrandosi quale traccia di un determinato e irripetibile evento nello spazio e nel tempo.
So, sappiamo tutti benissimo, che al destino della scrittura non si sfugge, ma almeno abbiamo mostrato quel che il quotidiano esige da noi, cioè una presenza consapevole. Perché consapevole? Perché una presenza non consapevole sarebbe un assurdo. Se parliamo di presenza dobbiamo per forza parlare di consapevolezza, perché la consapevolezza della presenza è la presenza stessa. Una presenza inconsapevole non sarebbe diversa da un'assenza. Siamo presenti in un determinato campo dello spazio tempo solo se siamo consapevoli di essere presenti. La presenza è la consapevolezza della presenza.
"Ma lo sai dove ti trovi?" È quel che chiediamo a qualcuno quando vogliamo capire il suo stato di orientamento. E viceversa, "non so nemmeno dove mi trovo", è frase che dice piuttosto uno stato di confusione mentale, di disorientamento, di assenza appunto.