A cura di Stefano Zampieri - Consulente Filosofico

domenica 6 gennaio 2019

Un nuovo umanesimo

Qual è il compito di una pratica filosofica oggi? Vorrei rispondere con le parole di un grande filosofo del '900 che merita una attenta rilettura: distruggere l'ideologia del consumo e dare vita ad un nuovo umanesimo ben diverso dal vecchio umanesimo liberale ormai anacronistico,  "l'umanesimo dell'uomo urbano per il quale e per mezzo del quale la città e la sua vita quotidiana diventano opera, appropriazione, valore d'uso (e non valore di scambio) tramite i mezzi messi a disposizione dalla scienza, dall'arte, dalla tecnica, dal dominio sulla natura materiale." (Henri Lefebvre)

venerdì 4 gennaio 2019

Manuale della consulenza filosofica

E' disponibile solo su Amazon la nuova edizione del primo MANUALE DELLA CONSULENZA FILOSOFICA pubblicato in Italia.
https://www.amazon.it/dp/1726821676/ref=sr_1_14?s=books&ie=UTF8&qid=1539005431&sr=1-14&keywords=stefano+zampieriDove si cerca di fare chiarezza nella definizione di una pratica dialogica innovativa e sempre più diffusa, liberandola dalle molte ambiguità e dalle confusioni che spesso l'hanno contrassegnata. Con un linguaggio nitido e misurato, con l'aiuto di schemi e figure, il testo  chiarisce il ruolo della consulenza filosofica rispetto a tutte le altre forme di colloquio, medico, psicologico, educativo, spirituale, amicale, e propone una articolata analisi di ciò che la rende possibile, dei suoi momenti costitutivi, delle tecniche utilizzate, dei meccanismi di trasformazione a cui dà origine. Nella prospettiva di concorrere all'affermazione di uno strumento utile ad orientarsi nella vita attuale, in una società sempre più frastornata e priva di riferimenti. 
   


Stefano Zampieri
Manuale della consulenza filosofica,  
kdp, 2018
pp. 186, € 18,72

giovedì 3 gennaio 2019

La quotidianità dei sentimenti


Se le emozioni si manifestano nel momento di un particolare accadimento, concentrate nello sviluppo di una situazione tendenzialmente breve e passeggera, i sentimenti invece richiedono quella continuità e quella ripetitività che solo il quotidiano rende possibile.
Scopri di essere triste quando le cose ti appaiono continuamente come rivolte al peggio, quando nulla riesce a tacitare quel dolore ostinato che  si è installato dentro di te.  Scopri di essere innamorato davvero quando ti svegli la mattina con l'immagine del suo volto, quando il desiderio lavora come un tarlo che non si ferma mai, di giorno e di notte, un giorno e l'altro ancora.
Solo la quotidianità rende possibile i sentimenti, sia quelli positivi che quelli negativi, perché è attraverso di essa che acquistano un senso. Senza questa continuità la nostra vita sarebbe un succedersi di emozioni irrelate, e noi stessi ci troveremmo in balia di un bombardamento di turbamenti ed eccitazioni che non sapremmo dominare. La quotidianità del sentimento è ciò che ci consente invece di farci signori della nostra interiorità, di riconoscerla, di farla diventare parte del nostro stile di vita.

martedì 11 dicembre 2018

Il tempo della complessità

"Dobbiamo superare l'orizzonte di ogni prospettiva che si definisca astrattamente a partire da un nucleo di verità fondamentali su cui basare scelte e decisioni. Dobbiamo elaborare, invece, un pensiero complesso che si muova nella consapevolezza (nel rispetto e nel valore) dell'irriducibile molteplicità di dimensioni interconnesse (complementari e talvolta anche fra loro antagoniste) da cui emerge l'universo umano, e in cui sono immerse l'etica, la politica, la tecnologia, la scienza. Si tratta di sviluppare un pensiero complesso capace di concepire la molteplicità, l'irriducibilità e la coevoluzione dei punti di vista, e capace di contrastare ogni rapporto con il sapere che presupponga un luogo fondamentale di osservazione dal quel giudicare, e talvolta oltraggiare, tutto ciò che non entri nella propria prospettiva." 

[M. Ceruti, Il tempo della complessità, Milano, Raffaello Cortina, 2018]

sabato 8 dicembre 2018

La semplice complessità della vita


Siamo quotidianamente centrati sul presente che viviamo perché viviamo sempre in un qui e adesso irrisolvibile. Ma sappiamo  - ed è un sapere non neutrale né scontato, è il sapere dell'atteggiamento riflessivo, della filosofia - che ogni qui e ogni adesso è insieme un concentrato pesante e complesso di allora e di poi. Il quotidiano ha questo destino di poggiare nella sua immediatezza, sulle macerie e sulle edificazione del passato, tanto quanto sulle immaginazioni, sui desideri, sulle prospettive del futuro.
Distinguere sarebbe pura violenza. Un dato innaturale. Tuttavia non è nemmeno possibile tenere insieme i momenti perché passano, perché sembrano sempre rivoltarsi gli uni contro gli altri, come se il passato si sforzasse di dominare il futuro e il futuro si rivoltasse, come se il presente si trovasse perennemente in una terra di confine, incerto sulla direzione da prendere. Ma non è esattamente così, ciò che resta da pensare - e non è facile - è tutto questo magma insieme, destino e realtà, realtà e possibilità, uniti nella quotidianità della nostra esistenza.

giovedì 29 novembre 2018

Verbi


In principio era il verbo si potrebbe dire, un po' ironicamente, per ricordare che il quotidiano è prima di tutto gesto, azione e quindi appunto si esprime nel verbo: camminare, mangiare, cantare, pensare, lavorare, abbracciare, lottare, ridere, piangere, sognare, eccetera. I verbi sono quelle parte del discorso attraverso cui raccontiamo la nostra esistenza, tanto gli eventi, quanto la quotidianità, ma a differenza dei sostantivi, i verbi dicono sempre un accadere, ed è questo che li rende così interessanti, perché la nostra esistenza è prima di tutto un continuo accadere, un movimento inarrestabile, una cascata di fatti, di movimenti, di avvenimenti.
Viviamo così, facendo, districandoci nel mondo, tirando fili di relazioni, spostandoci, cercando, masticando, respirando, …
Fateci caso, la metafisica ruota sempre intorno ai sostantivi, perché cerca di fissare essenze, di sottrarle al processo dell'esistenza, mentre la filosofia del quotidiano ha a cuore soprattutto i verbi che indicano il fare della vita reale.
Questo ritmo, che inaugura il giorno, questa ritualità, questo transito di gesti, è il tessuto su cui, di volta in volta, si esplica il nostro vivere quotidiano.
Lavarsi, far colazione, vestirsi, prepararsi ad uscire, andare al lavoro eccetera le banalità dell'esistenza, proprio esse sono il terreno solido della vita sono quel campo spazio temporale ove tutto accade.
Tutte le nostre riflessioni sul tempo dovrebbero essere viste a partire dalla natura reale, immediata, vissuta, di questo campo.
Il campo d'esistenza là dove accadono tutti i processi del nostro transito su questo mondo è qui, sotto la superficie leggera di questi gesti banali.

mercoledì 21 novembre 2018

Nostro conflitto quotidiano


Non bisogna pensare al quotidiano come ad una dimensione pacificata, abitudinaria, armonica, perché nel quotidiano c'è anche il conflitto. Viviamo implicati nei rapporti che ci legano al sistema della socialità, e gli intrecci non sono soltanto quelli degli affetti e degli amori, sono anche quelli vincolati alle relazioni di potere, e dunque determinati dalle tonalità dello scontro, dell'interesse, dello sfruttamento, quelli coinvolti dai fenomeni della giustizia e dell'ingiustizia.

Quotidiana è anche la tensione con i poteri altrui e l'esercizio dei poteri propri. La nostra quotidianità è anche un lavoro di assestamento dei ruoli che ci riguardano, e quindi di articolazione del conflitto che ci contrappone ad altri, al datore di lavoro alla gerarchia professionale cui sono legato, agli "altri" in senso generico e vago, quando il legame sociale sia corrotto da tensioni personali irrisolte.

giovedì 15 novembre 2018

Presenza


Qui, proprio ora. Adesso. In questo particolare campo di spazio tempo. In questo frangente in questo evento. Voglio dire: il quotidiano è prima di ogni cosa un qui e ora.
Certo anche nel quotidiano, viviamo gli sbilanciamenti, i movimenti della nostalgia, della colpa, del rimorso, della speranza, dell'attesa, del progetto, viviamo cioè tutto quel che per semplicità definiamo come ambito del passato e del futuro. Ma il punto di partenza, sempre, è un qui e ora. Perché è distintivo che il pensiero del quotidiano appaia collocato, c'è appunto emerso in un particolare spazio tempo, nel quale io che scrivo, io che racconto, io che penso, mi trovo appunto a pensare, o a parlare.
È da qui, da questa precisa prospettiva, da questa parte del mondo e della storia che io posso parlare e pensare così come faccio, così come rappresentato in queste righe. Il quotidiano è sempre situato perché è un gesto non simulato ma è accadimento, evento.

Il filosofico nel quotidiano è, dunque, prima di tutto presenza, cioè determinazione di un campo spazio temporale. Qui e ora.
Bisogna forzare la scrittura, perché essa è per sua natura lavoro di ripetizione, che spezza la linearità dell’hic et nunc e introduce piuttosto la ripetizione: ogni lettura è ripresentazione, momento che si replica. Non possiamo cambiare la natura stessa della scrittura, ma possiamo appunto "forzarla" o forse "provocarla", ad esempio fissando nero su bianco quel momento creativo: sono le 15:36 del 5 gennaio 2018 a Mestre. Questa indicazione, è ovvio, diventa ora che è stata scritta, un momento destinato a ripetersi, tuttavia si sforza provocatoriamente di fermarsi dentro quelle precise coordinate spazio temporali. Assomigliando in questo ad una fotografia, rappresentazione che appunto cerca di aggirare la ripetizione mostrandosi quale traccia di un determinato e irripetibile evento nello spazio e nel tempo.
So, sappiamo tutti benissimo, che al destino della scrittura non si sfugge, ma almeno abbiamo mostrato quel che il quotidiano esige da noi, cioè una presenza consapevole. Perché consapevole? Perché una presenza non consapevole sarebbe un assurdo. Se parliamo di presenza dobbiamo per forza parlare di consapevolezza, perché la consapevolezza della presenza è la presenza stessa. Una presenza inconsapevole non sarebbe diversa da un'assenza. Siamo presenti in un determinato campo dello spazio tempo solo se siamo consapevoli di essere presenti. La presenza è la consapevolezza della presenza.
"Ma lo sai dove ti trovi?" È quel che chiediamo a qualcuno quando vogliamo capire il suo stato di orientamento. E viceversa, "non so nemmeno dove mi trovo", è frase che dice piuttosto uno stato di confusione mentale, di disorientamento, di assenza appunto.