Chi in questi anni ha fatto seriamente Consulenza Filosofica, di sicuro ha imparato fra le altre cose la complessità dell'essere umano. Soprattutto se ha provato a comprenderlo al di fuori di ogni dualismo, e quindi si è addentrato nel caos dell'esistenza vissuta, delle pratiche, delle azioni, dei gesti, delle scelte, delle ragioni, dei valori... cioè in quel magma che compone la nostra quotidianità pensata.
Chi ha gettato uno sguardo in questo mondo ha visto l'insufficienza di ogni approccio uni-dimensionale, cioè di ogni approccio che trovi le proprie ragioni solo sullo scarto preventivo di una parte della nostra umanità.
Si tratti, da un lato dell'approccio psicologistico che si preclude la possibilità di comprendere il gesto reale - corpo intelligente dell'uomo. Si tratti, dall'altra parte, di ogni approccio ideologico, che misura l'uomo in base ai movimenti macchinici di corpi collettivi, senza soggetti reali, senza singolarità, onde in una storia metafisica.
Al di là di questi filtri settoriali, di queste amputazioni di umanità, fare prova della complessità, significa appunto lavorare sulla nostra capacità di essere senso-al-mondo, non senso-del-mondo, né senso-nel-mondo. Dove l'at congiuntivo non è una produzione ma una ap-propriazione dello spazio mondo.
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