A cura di Stefano Zampieri - Consulente Filosofico

giovedì 15 giugno 2023

Letture: Thich Nhat Hanh, Le quattro verità dell’esistenza (2012)


 Il buddismo è una religione o una filosofia? A sentire i praticanti sembrerebbe più la seconda, in realtà, la struttura argomentativa del buddismo e il suo tessuto narrativo, ci mostrano esattamente lo squadernarsi di una religione, anche se diversa dalle tre religioni monoteiste, molto più rigide ed esclusive.

Infatti il sistema di verità che sostiene il buddismo si fonda sul richiamo a un principio di autorità (piuttosto che su quello di argomentazione) che ha nella parola di Budda il suo fondamento. Il fondatore infatti esprime nobili verità, ordinatamente elencate all’interno di una sistema metaforico semplice ma molto chiaro (il sentiero, la pratica, ecc.). Fatta dunque questa precisazione che serve a spiegare perché non ho simpatia per il buddismo mi resta da precisare che molte delle cose affermate da  Thich Nhat Han sono sicuramente condivisibili e apprezzabili.

D’altra parte Thich Nhat Han è stato una figura straordinaria di monaco buddista ma, allo stesso tempo, finissimo filosofo e figura esemplare. Nel testo Le quattro verità dell’esistenza (ed. originale 2012,  trad. italiana 2016, ristampato nel 2023 nella collana «Il senso della vita») espone con grande chiarezza e semplicità i fondamenti di un cammino buddista alla vita buona.

Come nella tradizione di questo genere di pratiche discorsive appare subito il gusto a metà strada tra la didattica e la geometria (nel senso di Spinoza di un apparente disciplina logica) per gli elenchi rigorosi e articolati. Utili per dare al lettore la sensazione di uno che parla sempre alla luce di un certezza rassicurante.  Proviamo a fare il punto su queste classificazioni edificanti:

La  Tesi, condivisibile, dell’autore ruota intorno alla necessità di un’etica globale che si può sviluppare a partire dalle 4 NOBILI VERITA’:

1. La sofferenza esiste

2. La sofferenza ha delle cause

3. La sofferenza può essere superata

4. Esiste un sentiero che porta alla fine della sofferenza (cioè a uno stile di vita etico).

Il quarto punto racchiude però IL NOBILE OTTUPLICE SENTIERO:

1. Retta comprensione (basata sui principi del non-dualismo, della non permanenza, e dell’interessere).

2.Retto pensiero

3. Retta parola

4. Retta azione

5. Retto sostentamento (nutrirsi di cibo commestibile, di impressioni sensoriali, di volizione, di coscienza)

6. Retta diligenza

7. Retta consapevolezza

8. Retta concentrazione.

Lungo questa difficile strada  verso un’etica globale si incontrano però una serie di vincoli, anche qui, per fortuna, abbiamo l’elenco numerato:

1. il desiderio

2. L’ignoranza

3. Il dubbio

4. Il dualismo

5. L’attaccamento a riti e rituali

6. La rabbia

7. I complessi

8. Il corpo

9. L’attaccamento alle opinioni

10. La visione distorta.

Se poi ci chiediamo quale comportamento sia veramente etico, allora abbiamo un elenco di criteri utili per distinguere ogni azione come  buona o cattiva:

1. Produce sofferenza o felicità?

2. Ha un effetto benefico o non benefico?

3. Sono illuso o vigile?

4. Ci consente di aprire o sbarrare la strada?

5. Si ferma all’apparenza o va alla sostanza?

Per ottenere la consapevolezza ci sono 5 addestramenti:

1. Rispetto per la vita

2.Vera felicità

3. Vero amore

4. Parola amorevole e ascolto profondo

5. Nutrimento e guarigione.

Sulla base di tutti questi principi Thich Nhat Han ha contribuito a elaborare un Manifesto Unesco per una cultura di pace a non violenza (2000), che può essere riassunto in questo modo:

1. rispettare la vita e la dignità di ogni persona

2. praticare la non – violenza

3. porre fine a ogni esclusione, ingiustizia, oppressione

4. difendere la libertà di espressione

5. promuovere un comportamento responsabile da parte dei consumatori

6. creare nuove forme di solidarietà.

Anche di fronte a queste affermazioni di principio non si può non essere d’accordo, ma la sensazione generale è quella di una esortazione assai poco argomentata.  

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