A cura di Stefano Zampieri - Consulente Filosofico
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mercoledì 23 aprile 2025

Vittorio Hösle, Filosofia della crisi ecologica, Einaudi 1992 ( ed. or. 1991)

 



 

     “La civiltà universale dei nostri giorni è paragonabile al più complesso arazzo che sia mai stato tessuto; ora ci ren­diamo conto che a lungo andare la struttura portante di questo arazzo - la soggettività che vuole accaparrarsi il dominio sul mondo - rovinerà il disegno che vi è ripro­dotto. Riusciremo a separare questo disegno dalla struttu­ra portante senza distruggere la sua meravigliosa com­plessità? Questo è il compito dinnanzi al quale oggi ci tro­viamo; comunque sia, una cosa si può affermare: abbia­mo raccolto una sfida intellettuale, morale e politica di cui forse non siamo all'altezza, ma che per lo meno non ci dà la sensazione di essere inutili.” (p. 170)

 

L'universalizzazione del modello di vita occidentale non è attuabile senza il collasso ecologico della terra. Ciò significa che il tenore di vita dell'Occidente non è morale. La crisi ecologica ha per soggetto l'Homo Sapiens che quindi può lamentare una crisi di saggezza dovuta al crescere smisurato della razionalità tecnica, che è prerogativa dell'uomo, e alla confusione tra razionalità rispetto allo scopo e razionalità rispetto al valore, confusione che si afferma nell'epoca industriale.

Tre sono gli elementi fondamentali della società industriale:

1. la scienza moderna

2.  la tecnica moderna

3. l'economia capitalistica.

1. La scienza deve liberarsi della contrapposizione soggetto/oggetto, ma deve anche spiegare in che cosa consiste la particolarità evidente dell'uomo. La scienza moderna si è costruita a partire dal dualismo cartesiano. Cartesio assolutizza il soggetto, annulla l’altro, contrappone la natura come res extensa contrapposta alla res cogitans e intesa come macchina priva di interiorità. E quindi smontabile, quantificabile e materializzabile implica che la natura è sottomessa al dominio dell'uomo.

2 la dialettica della Tecnica:

- dimostra la superiorità dell'uomo sulla natura

- superiorità che dipende dalla capacità dell'uomo di usare le cose per i propri fini, vedendole per diverse da ciò che sono

-la tecnica porta una soddisfazione dei bisogni ma in realtà ne differisce la soddisfazione

3. Nell'economia capitalistica il destino e il ruolo del singolo non è pre-determinato, e il valore di scambio prevale sul valore d'uso. Non si risolve la crisi ecologica senza l'apporto di tecnica ed economia. Il problema è che l'economia moderna è solo quantitativa e amorale. Il locomotore del mondo moderno è l'economia:

"Ma qual è il locomotore del mondo moderno? è certamente l'economia appunto il suo principio propulsivo, la sua molla sono però i valori e le categorie, ormai popolarizzati, della filosofia moderna: il mito della fattibilità, l'aspirazione a superare ogni limite quantitativo, la mancanza di scrupoli nei confronti della natura e quindi una filosofia per la quale la responsabilità non sia un concetto vuoto dovrà cercare in primo luogo di creare valori nuovi e in secondo luogo di trasmettere alla società e agli esponenti di punta del mondo economico, dovrà cercare di farlo il più rapidamente possibile. Perché il tempo stringe. " (71)

 Etica e crisi ecologica

La crisi ecologica rende necessaria uno sviluppo dell'etica universalistica Kantiana: sostenere che la legge morale costituisce il principio del mondo empirico e dunque che anche la natura è oggetto di doveri morali (versus Kant)  implica che l'etica universalistica deve essere ritoccata in funzione di esigenze nuove, il diritto a generare  per esempio va controllato se vogliamo salvaguardare l'umanità.

La domanda è: come ci si deve comportare con l'egoismo che è il motivo fondamentale del capitalismo se si vuole realizzare un ordine sociale moralmente accettabile? Ma l'egoismo non si può estirpare.

Conclusione: è necessaria un'economia ecologica sociale di mercato, il suo strumento è una politica fiscale adeguata e la fine di sovvenzionamenti ai settori inquinanti.

mercoledì 16 aprile 2025

Luciano Floridi, Pensare l’infosfera (2019)

 



L'infosfera è un concetto filosofico introdotto da Luciano Floridi per descrivere l'ambiente informativo che ci circonda, un ambiente in cui le informazioni sono pervasive e influenzano profondamente la nostra vita. È l'insieme di tutti i documenti, gli agenti e le operazioni che li riguardano.

Per comprendere meglio, possiamo analizzare i tre componenti principali dell'infosfera secondo Floridi:

Documenti: Questo termine si riferisce a qualsiasi tipo di dato, informazione e conoscenza codificata e rappresentata in qualsiasi formato semiotico. Include quindi non solo testi scritti, ma anche immagini, video, suoni, dati digitali, e qualsiasi altra forma di rappresentazione dell'informazione.

Agenti: Gli agenti sono tutti i sistemi capaci di interagire con i documenti. Possono essere persone, organizzazioni, ma anche sistemi software come motori di ricerca, algoritmi, o robot.

Operazioni: Le operazioni comprendono qualsiasi tipo di azione, interazione e trasformazione che può essere eseguita da un agente su un documento. Ad esempio, la ricerca di informazioni su internet, la modifica di un testo, la condivisione di un'immagine sui social media sono tutte operazioni che avvengono all'interno dell'infosfera.

L'infosfera non è semplicemente la somma di internet e dei media tradizionali, ma un ambiente più ampio che comprende sia lo spazio online che quello offline, arrivando a essere considerato da alcuni quasi un sinonimo della realtà stessa. Come afferma Floridi, "ciò che è reale è informazionale e ciò che è informazionale è reale". Questo significa che la nostra esperienza del mondo è sempre più mediata e influenzata dalle informazioni che circolano nell'infosfera.

Alcune caratteristiche chiave dell'infosfera sono:

Pervasività: L'informazione è presente ovunque, sia online che offline.

Interconnessione: Tutti gli elementi dell'infosfera sono interconnessi tra loro, creando una rete complessa di relazioni.

Dinamicità: L'infosfera è in continua evoluzione, con nuove informazioni che vengono create e diffuse costantemente.

Influenza sulla realtà: L'infosfera influenza profondamente la nostra percezione della realtà e le nostre azioni nel mondo.

In sintesi, l'infosfera è l'ambiente in cui viviamo immersi, un ambiente caratterizzato dalla presenza costante di informazioni che influenzano la nostra vita quotidiana e la nostra comprensione del mondo.

L'attuale quarta rivoluzione, la rivoluzione digitale dopo la rivoluzione copernicana, la rivoluzione  darwiniana, la rivoluzione freudiana, obbliga la filosofia a ricominciare da zero, a riformattare il suo sapere. Dagli anni cinquanta l'informatica e le tecnologie digitali ci obbligano a chiederci di nuovo "chi siamo?". Domanda tipica della filosofia.

Lo scopo del libro è riflettere sulla filosofia stessa, cosa che solo la filosofia può fare. La filosofia non è amore per le domande. "La filosofia è passione per il sapere e il capire." (10) Per capire bisogna porre le domande giuste ma quello che conta veramente sono le risposte!

Dunque fare filosofia è porre la domanda giusta al momento giusto e dare risposte corrette anche se spiacevoli o impopolari. 

"Sotto molti profili, abbiamo scoperto che non siamo entità isolate, quanto piuttosto agenti informazionali interconnessi, che condividono con altri agenti biologici e artefatti ingegneristici un ambiente globale, costituito in ultima istanza da informazioni, che ho chiamato infosfera" (15)

 

La domanda filosofica

I filosofi distinguono:

- domande definitorie: che cos'è? vedi Socrate

- domande esistenziali: esiste...? c'è…?

Ma la domanda filosofica di solito dipende non solo dalla forma ma dal contenuto, dall'ambito, dalla rilevanza. o meglio da una accorta combinazione di morfologia, semantica, ambito, rilevanza. Tuttavia Floridi propone una soluzione diversa: studiare la domanda filosofica dal punto di vista delle risorse richieste per fornire la risposta. Da questo punto di vista si possono distinguere tre tipi di domande:

-  le domande che richiedono risorse empiriche (Quanti invitati alla festa?)

- le domande che richiedono risorse logico-deduttive o matematiche (vi sono sedie per tutti?) (conviene fare la festa di sabato?).

 - le domande aperte che richiedono magari dati empirici o logico deduttivi ma che non bastano mai.

Le domande filosofiche sono domande aperte: "Le domande filosofiche sono domande a cui non si può rispondere in chiave empirica o logico matematica per mezzo di osservazione o calcoli. Sono domande aperte, che restano cioè in linea di principio aperte al disaccordo informato, razionale, onesto, anche dopo che tutti i rilevanti calcoli, osservazioni sono stati posti in essere e le risposte formulate" (26)

Le domande Filosofiche importanti sono quelle fondamentali (ma non assolute) cioè in grado di generare molte altre domande aperte (Crocevia di domande).

Le risorse per generare le risposte, poiché le risorse empiriche e logico-deduttive non bastano, sono quelle noetiche: il retroterra culturale, il linguaggio, le religioni, l'arte, le pratiche sociali, i ricordi del passato, le aspettative per il futuro e l'intelligenza emotiva. Insomma il capitale semantico.

"L'unico vero metodo in filosofia è pensare." (43) e aggiunge: "il compito della filosofia non consiste nello scoprire o inventare soluzioni ma nel disegnarle" (43)

 Le risposte alle domande filosofiche devono  essere a un preciso livello di astrazione. In conclusione allora si può dire che la filosofia non è un'aspirina concettuale, né una superscienza,  né la manicure del linguaggio, ma:  "il suo metodo è il design concettuale, vale a dire l'arte di identificare e chiarire le domande aperte e di disegnare, proporre e valutare risposte convincenti chiarificatrici." (53)

La risposta filosofica

Ogni risposta filosofica è legata dunque a un determinato livello di astrazione: il contesto, il sistema di riferimento

La filosofia come design concettuale.

I filosofi sono gli ingegneri delle idee. La tradizione filosofica è stata dominata per secoli dalla divisione platonica di episteme e techne ovvero l'utilizzatore e il costruttore. Una distinzione che oggi si sta chiudendo per via della società dell'informazione, cioè dell'infosfera.

"La conoscenza non consiste nel ricevere un messaggio dal mondo; essa concerne in primo luogo il modo in cui negoziamo la corretta tipologia di comunicazione che tratteniamo con il mondo."(100)

"La conoscenza non descrive né prescrive come il mondo sia, ma lo iscrive.” (101) Bisogna dunque parlare di una filosofia costruzionista "perché la conoscenza sia possibile la mimesis deve essere sostituita dalla poiesis." (109)

Oggi significa: la conoscenza come capacità di avere l'informazione che le cose stanno in un certo modo. Il costruzionismo è appunto l'idea che la conoscenza si acquisisce modellando l'informazione e questa è la conoscenza orientata al costruttore; contro Platone che pensa all'utilizzatore come colui che ne sa di più dell'oggetto. Le caratteristiche dei costruzionismo sono tre:

1) minimalismo: ogni problema filosofico può essere ridotto a domande inferiori più semplici, da queste bisogna partire. Ha natura relazionale, esempio: l'informazione non è solo nell'ambiente né solo nella mente ma sorge nella relazione tra ambiente e menti.

2) metodo dei livelli di astrazione: il problema filosofico deve essere inquadrato in un livello di astrazione, (contesto, scopo) che definisce lo spazio del problema.

3) costruzionismo: il problema filosofico stabilisce come elaborare il modello che porta la soluzione dei problemi minimalisti che portano alla risposta cercata.  Principio del costruttore: "il principio della conoscenza: soltanto ciò che può essere costruito può essere conosciuto." (119) Costruito almeno concettualmente = Kantismo.

Tutte le grandi domande della filosofia oggi sono legate alla tecnologia dell'informazione. Siamo la società dell'informazione. Dunque serve una nuova filosofia dell'informazione: "la filosofia dell'informazione può essere presentata come lo studio delle attività informazionali che rendono possibili la costruzione di una concettualizzazione, semantizzazione e, infine, la cura morale della realtà sia naturale sia artificiale sia fisica sia antropologica. La filosofia dell'informazione consente agli umanità di dare senso al mondo, di costruirlo responsabilmente." (134)

L'uomo è unico perché è l'unico che dà senso alle cose e produce un capitale semantico. Caratteristiche del capitale semantico:

-la coerenza

-è al di là della divisione tra filosofia analitica e continentale

-è fuori di ogni metafisica assolutistica

-è aperto a un ragionevole disaccordo.

domenica 17 settembre 2023

Letture: CHIARA VALERIO, La tecnologia è religione (2023)

 

La tecnologia è religione - Chiara Valerio - copertina 

Chiara Valerio è una simpatica intrattenitrice, di formazione una matematica ma ormai i suoi libri hanno poco a che fare con quella disciplina e quest’ultimo, La tecnologia è religione, edito da Einaudi, in particolare vaga piuttosto indeciso tra ricordi d’infanzia e considerazioni generali sulla scienza e la tecnica. Una tesi generale, per altro, secondo me, ampiamente condivisibile è facilmente sintetizzabile a partire dal titolo. Valerio distingue nettamente scienza e tecnologia e fa osservare che il nostro atteggiamento nei confronti della tecnologia è propriamente un atteggiamento religioso, di fede. Ci affidiamo ad essa, nella certezza che ci possa aiutare e nella assoluta ignoranza di tutti i meccanismi di funzionamento. Se il verbo della scienza è provare quello della tecnologia è credere, cioè il verbo della fede. Noi tutti diventiamo credenti quando schiacciamo i pulsanti di un telecomando e ci aspettiamo un effetto.

Il cellulare è un esempio supremo di questa tecnologia profondamente inserita nella nostra vita – non lo usiamo solo per scomunicare anche per informarci, per orientarci, per giocare, per lavorare, ecc. sostanzialmente ignari dei meccanismi di funzionamento, ma certi per fede che otterremo gli effetti previsti.

Detto questo però l’autrice si lascia prendere la mano e  immette nel testo una massa di altri elementi non sempre collegati logicamente, spesso per analogie e per semplice digressione toccando, per altro, temi delicati e controversi della filosofia contemporanea. Per esempio il cosiddetto teorema del peluche secondo il quale: è vivo ciò che sembra vivo, oppure in altra formulazione: è vivo tutto ciò che suscita in noi sentimenti di amore, consolazione, disapprovazione, odio. Scherzosamente l’autrice tocca così un tema assai complesso, quello della definizione del vivente. Questione certamente molto impegnativa rispetto alla quale però la lettura di queste pagine non sembra aggiungere niente di significativo.

Un appunto che potremmo fare all’autrice è che la distinzione tra scienza e tecnica, che è alla base delle sue riflessioni, non è affatto così netta: come fanno osservare molti studiosi, per esempio Galimberti, la scienza trova la sua ragion d’essere nella tecnica che ne rappresenta l’elemento finale, ma anche il motore propulsivo. Distinguere le due dimensioni, valutarne una positivamente e l’altra negativamente allora risulta improprio. E la pur condivisibile tesi di Chiara Valerio forse meriterebbe una discussione più ampia e più approfondita. Perché non c’è dubbio che la nostra vita ormai dipende dal nostro rapporto con la tecnologia e non possiamo permetterci di lasciare impensata una dimensione così decisiva della nostra esistenza, ma è vero anche che della tecnologia abbiamo bisogno per migliorare la qualità della nostra vita, e allora il problema è complesso, non si risolve con una battuta.

giovedì 15 giugno 2023

Letture: Thich Nhat Hanh, Le quattro verità dell’esistenza (2012)


 Il buddismo è una religione o una filosofia? A sentire i praticanti sembrerebbe più la seconda, in realtà, la struttura argomentativa del buddismo e il suo tessuto narrativo, ci mostrano esattamente lo squadernarsi di una religione, anche se diversa dalle tre religioni monoteiste, molto più rigide ed esclusive.

Infatti il sistema di verità che sostiene il buddismo si fonda sul richiamo a un principio di autorità (piuttosto che su quello di argomentazione) che ha nella parola di Budda il suo fondamento. Il fondatore infatti esprime nobili verità, ordinatamente elencate all’interno di una sistema metaforico semplice ma molto chiaro (il sentiero, la pratica, ecc.). Fatta dunque questa precisazione che serve a spiegare perché non ho simpatia per il buddismo mi resta da precisare che molte delle cose affermate da  Thich Nhat Han sono sicuramente condivisibili e apprezzabili.

D’altra parte Thich Nhat Han è stato una figura straordinaria di monaco buddista ma, allo stesso tempo, finissimo filosofo e figura esemplare. Nel testo Le quattro verità dell’esistenza (ed. originale 2012,  trad. italiana 2016, ristampato nel 2023 nella collana «Il senso della vita») espone con grande chiarezza e semplicità i fondamenti di un cammino buddista alla vita buona.

Come nella tradizione di questo genere di pratiche discorsive appare subito il gusto a metà strada tra la didattica e la geometria (nel senso di Spinoza di un apparente disciplina logica) per gli elenchi rigorosi e articolati. Utili per dare al lettore la sensazione di uno che parla sempre alla luce di un certezza rassicurante.  Proviamo a fare il punto su queste classificazioni edificanti:

La  Tesi, condivisibile, dell’autore ruota intorno alla necessità di un’etica globale che si può sviluppare a partire dalle 4 NOBILI VERITA’:

1. La sofferenza esiste

2. La sofferenza ha delle cause

3. La sofferenza può essere superata

4. Esiste un sentiero che porta alla fine della sofferenza (cioè a uno stile di vita etico).

Il quarto punto racchiude però IL NOBILE OTTUPLICE SENTIERO:

1. Retta comprensione (basata sui principi del non-dualismo, della non permanenza, e dell’interessere).

2.Retto pensiero

3. Retta parola

4. Retta azione

5. Retto sostentamento (nutrirsi di cibo commestibile, di impressioni sensoriali, di volizione, di coscienza)

6. Retta diligenza

7. Retta consapevolezza

8. Retta concentrazione.

Lungo questa difficile strada  verso un’etica globale si incontrano però una serie di vincoli, anche qui, per fortuna, abbiamo l’elenco numerato:

1. il desiderio

2. L’ignoranza

3. Il dubbio

4. Il dualismo

5. L’attaccamento a riti e rituali

6. La rabbia

7. I complessi

8. Il corpo

9. L’attaccamento alle opinioni

10. La visione distorta.

Se poi ci chiediamo quale comportamento sia veramente etico, allora abbiamo un elenco di criteri utili per distinguere ogni azione come  buona o cattiva:

1. Produce sofferenza o felicità?

2. Ha un effetto benefico o non benefico?

3. Sono illuso o vigile?

4. Ci consente di aprire o sbarrare la strada?

5. Si ferma all’apparenza o va alla sostanza?

Per ottenere la consapevolezza ci sono 5 addestramenti:

1. Rispetto per la vita

2.Vera felicità

3. Vero amore

4. Parola amorevole e ascolto profondo

5. Nutrimento e guarigione.

Sulla base di tutti questi principi Thich Nhat Han ha contribuito a elaborare un Manifesto Unesco per una cultura di pace a non violenza (2000), che può essere riassunto in questo modo:

1. rispettare la vita e la dignità di ogni persona

2. praticare la non – violenza

3. porre fine a ogni esclusione, ingiustizia, oppressione

4. difendere la libertà di espressione

5. promuovere un comportamento responsabile da parte dei consumatori

6. creare nuove forme di solidarietà.

Anche di fronte a queste affermazioni di principio non si può non essere d’accordo, ma la sensazione generale è quella di una esortazione assai poco argomentata.