A cura di Stefano Zampieri - Consulente Filosofico
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lunedì 30 settembre 2019

Lavoro della pluralità


Per un laboratorio di pratica filosofica

Il desiderio sessuale è una attitudine naturale dell’uomo, ed è una propensione tipicamente “sociale”.
“Esso si protende verso un altro essere umano; esige la presenza di un altro essere umano e si sforza di riforgiare tale presenza in un’unione. Anela l’aggregazione; rende ogni essere umano, per quanto completo e per altri aspetti autosufficiente, incompiuto e monco – a meno che non sia unito a un altro essere umano.” (Bauman, Amore liquido).
Il desiderio sessuale è un lavoro della pluralità. E'  movimento del singolo che agisce in funzione del proprio essere plurale. E' il lavoro della pluralità che dentro ognuno di noi, singoli individui, lavora per la realizzazione della comunità.

giovedì 4 ottobre 2018

La comunità postsociale

In questo Blog cerco di non recensire testi di natura prettamente accademica perchè vorrei dare spazio piuttosto ad altre forme di riflessione e di scrittura filosofica. Tuttavia faccio volentieri un'eccezione di fronte a questo splendido libretto di un giovane ricercatore, nonchè caro amico, Francesco Ferrari, che alla luce di una conoscenza stupefacente dell'opera e del pensiero di Martin Buber,  riesce a regalarci una ricostruzione davvero stimolante di un aspetto in Italia poco conosciuto e poco dibattuto dell'opera del grande filosofo del Dialogo. Ferrari infatti ricostruisce sia dal punto di vista del concreto agire politico sia dal punto di vista della riflessione teorica il tentativo di Buber di fare luce su uno dei grandi misteri della nostra cultura politica: la possibilità di una comunità autentica. 
La chiave che Buber ci consegna per entrare nella complessità di questa problematica è quella di una distinzione fondante, in cui abbiamo da un lato un'idea positiva di Comunità, luogo dell'immediatezza delle relazioni, luogo dell'interpersonale, miscela di libera volontà, di reciprocità, di affinità elettive; e dall'altra parte abbiamo invece un'idea negativa di Società, come coacervo di singoli, stretti insieme soltanto da necessità occasionali. In questo senso Ferrari parla di una prospettiva postsociale, rilevando in Buber l'esigenza di un profondo rinnovamento morale che porti ad una nuova comunità, capace di superare l'atomismo individualistico proprio del nostro tempo senza però cadere nelle trappole delle famigerate comunità di sangue del '900, o delle società collettivistiche totalitariste. Buber in questo difficilissimo percorso si serve di molti strumenti diversi, e talvolta almeno in apparenza incomponibili, che vanno dall'anarchismo di Landauer, alla mistica ebraica, ma non è questo il punto, ciò che deve catturarci è l'altezza della domanda non tanto le proposte concrete che egli elabora nelle sue opere, e la profondità della ricerca che egli  ci testimonia e che mette in piazza l'esigenza improrogabile di elaborare un'idea di comunità che sia prima di tutto superamentro della nozione disumana di singolo isolato. Buber nella lettura di Ferrari appare come testimone di un umanesimo che vada al di là delle chiusure, dei confini, delle nazionalità, che si esplichi in quello spazio dove ognuno è anche l'altro, dove siamo plurali prima di essere singolari. E' l'ideale utopico di una comunità postsociale universale su cui si chiude il libro. E da cui dovremmo ripartire noi tutti per il nostro percorso di ricerca.  

Francesco Ferrari
La comunità postsociale. Azione e pensiero politico di Martin Buber
Roma, Castelvecchi, 2018
p. 142, €19,50