A cura di Stefano Zampieri - Consulente Filosofico
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lunedì 17 aprile 2023

Introduzione alla Consulenza Filosofica 15 : la realtà possibile

 

LA REALTA’ POSSIBILE

 


Siamo il frutto di un sistema di relazioni. Non siamo isole al largo dell’oceano, né pianeti nel vuoto del cielo. Siamo tutto l’insieme di legami a cui diamo vita toccando con le nostre mani le cose del mondo, guardando con i nostri occhi, annusando, gustando le infinite meraviglie del mondo; calcolando i nostri gesti, progettando le nostre azioni, sognando il nostro futuro, raccogliendo di giorno in giorno il nostro passato. Siamo questo tessuto di rapporti, che ci colloca nel mondo, non come automi che una mano sapiente può spostare ovunque senza danno, ma come esseri limitati che hanno bisogno di un sostegno e che lo trovano in una lingua,  in una tradizione, in una geografia, in un tempo che non si sono scelti. 

Ma è proprio questa collocazione fitta di legami che ci tirano da ogni parte che ci rende esistenti e ci costringe ad un continuo andare oltre tutto ciò che ci sta intorno, cose, eventi, persone, immagini. Andare oltre per  non immobilizzarci in una posizione come una statua di sale, come un automa metallico che agisce solo perché un programma gli dice di farlo.

Se volessi fermarmi al mondo come immediatamente mi appare (ammesso che sia possibile) esaurirei ben presto tutta la tensione che anima la mia esistenza, e mi ritroverei incapace di costruire me stesso, di dare corpo alla mia esistenza. Perché in questo movimento verso il mondo, al di là delle cose, delle persone, delle immagini, io mi costituisco, determino la mia identità di persona e colloco il mio progetto di vita.  L’esistenza è una tensione continua, un movimento, e io  sono ciò che sono  nel rapporto che intrattengo con il mondo, attraversando il mondo, dinamicamente, solo così posso davvero dare vita a me stesso.

Ma cosa significa esattamente andare oltre? Significa prima di tutto seguire le tracce delle cose, vedere in esse quel che vi è di possibile oltre la loro immediata presenza, percepire la possibilità che loro appartiene di essere il mio progetto, che non significa solo pensarne l’utilizzo, lo sfruttamento, il consumo. Significa altrettanto vedere in esse il mio desiderio di bellezza e di amore. O semplicemente la mia voglia di creare, di immaginare, di costruire nuovi mondi cui avvicinare questo per un giudizio e una verifica.  

E se tutto questo è possibile, è perché la realtà per sua natura  non è chiusa (a meno che non ci ostiniamo a pensarla così), essa piuttosto è aperta, larga, infinitamente percorribile perché è un realtà allargata. Così dobbiamo vederla se vogliamo trovare in essa la nostra stessa esistenza che si determina, si costruisce e cresce giorno per giorno in un movimento incessante.

 

 

 

 

 

domenica 26 febbraio 2023

Immaginare il futuro: Deborah Danowski e Eduardo De Castro, Esiste un mondo a venire? Saggio sulle paure della fine (2017)

 


La fine del mondo

È un tema molto sviluppato in tutti i settori (letteratura, cinema, critica, filosofia…) in concomitanza con l’accentuarsi dei mutamenti ambientali. Controcorrente con l’ottimismo umanista che predomina in Occidente da tre o quattro secoli.

Spesso si ipotizza un evento catastrofico (virus, guerra atomica, evento cosmico, ecc). Accelerazione è la premessa di un futuro distopico.

Riemerge il NO FUTURE del movimento punk.

Antropocene non è solo un’età della Terra ma è anche la fine della “epocalità” per quanto riguarda la nostra specie. Il nostro è un “presente senza avvenire” (22). Il futuro ha cessato di esistere.

Si tratta, nel complesso, della formazione di una mitologia adeguata al presente.

Allora, se la fine del mondo appartiene alla nuova mitologia, la metafisica ne è lo strumento. Fantascienza e metafisica appartengono allo stesso genere. Forti sono infatti le intersezioni tra metafisica e alcuni autori (Lovecraft, Philip Dick, Gibson, David Brin, China Mieville)

 Processi biofisici del sistema Terra che già ora sono vicini al collasso:

- cambiamenti climatici

- acidificazione degli oceani

- diminuzione dell’ozono nell’atmosfera

- consumo di acqua dolce

- perdita della biodiversità

- inquinamento chimico e dell’atmosfera

- sfruttamento del suolo.

Siamo già  arrivati al punto di non ritorno? Stiamo per entrarci? Si chiedono gli autori.

“Il futuro prossimo, nello spazio di poche decadi, diviene imprevedibile, se non addirittura inimmaginabile al di fuori degli scenari della fantascienza o delle escatologie messianiche.” (32)

Di qui la sensazione di una accelerazione del tempo.

Entrare in questa mitologia e pensare l’opposizione vita / umanità, ovvero l’ipotesi di una vita terrestre senza la presenza umana,  significa pensare l’idea del mondo prima di noi.  E dopo di noi.

 Il mondo prima di noi

L’Eden è il mondo senza di noi: il mito dell’Eden permane nell’idea della “wilderness” (regione selvaggia): luogo incontaminato, inesplorato, oggi limitato a quei luoghi ove popolazioni primitive vivono in armonia con la natura. Armonia che si rompe non appena interviene la civiltà.

Il mondo dopo di noi

È l’ipotesi di molte narrazioni: la scomparsa dell’umanità come guarigione della Terra. Oppure il superamento dell’umanità come la conosciamo in una qualche forma di sublimazione tecnica che consenta una formazione trans-umana ridotta a impulsi trasmissibili nel cosmo (sogno californiano, dell’ingegnere capo di Google: Kurzweil). A questi “singolaristi” si contrappongono gli “accelerazionisti” (per es. mondo cyborg, cyberpunk ecc.) che hanno per riferimento Deleuze-Guattari, Lyotard, Baudrillard. Accelerazionismo è incarnazione contemporanea della filosofia marxista della storia.

Bisogna invece ripartire da due nozioni chiave: Gaia e Antropocene.

 “Se la guerra nucleare totale significa la fine dell’umanità per mezzo della fine del mondo, la Shoah ha significato la fine del mondo dell’umanità, il mondo umanista europeo nato con il Rinascimento. La fine dell’umanità, in questo senso, è iniziata ad Auschwitz, così come la fine del futuro è iniziata a Hiroshima. (167)

 


 

domenica 8 settembre 2019

Un’esistenza nella giustizia


Per un dialogo di pratica filosofica.

“La giustizia è quell’ordine della esistenza in cui l’uomo può conquistarsi il suo posto nel mondo e compiere la sua opera; può entrare con gli altri uomini in rapporto di amicizia e di comunità di lavoro, di amore, di fecondità, nel modo come l’esige il giudizio della sua coscienza. E tutto ciò lo deve potere non soltanto il potente, il felice e il dotato, ma ogni uomo per il fatto che è uomo.” (R. Guardini, Virtù, pp. 59-60)  

Interrogarsi sulla giustizia significa prima di tutto interrogarsi sul nostro essere plurali, perchè la giustizia appartiene all'ambito dei rapporti, per il singolo nei confronti di se stesso la giustizia non è un problema. In secondo luogo, fa notare Guardini la giustizia è costruttiva, cioè appartiene a quell'insieme di forze che costruiscono i mondi dell'uomo, senza di essa nessun mondo è abbastanza solido e duraturo. In terzo luogo la giustizia appartiene alla dimensione dell'eguaglianza, che è concetto complesso, perchè è fondamento dell'umano che tuttavia è pluralità e diversità. Il lavoro in funzione della giustizia ci aiuta appunto a trovare il punto di equilibrio in cui le differenze individuali si compongono nel principio comune di uguaglianza.
Mi pare ci sia abbastanza su cui pensare.