3 ARIA
L’aria umida e pesante si infiltrava ovunque. Sospinta da un
vento teso e ostinato, entrava in ogni spazio della città, premeva su porte e
finestre, agitava gli alberi, scivolava sui tetti, circondava le auto parcheggiate,
faceva vibrare i cartelli stradali.
Non c’era nessuno. Gli abitanti erano tutti barricati nelle
loro case, intenti a respirare un’altra aria, un’aria del tutto diversa,
sintetica, conservata preziosamente entro certi alti barattoli a cilindro, che
il distributore lasciava fuori della porta di casa come un tempo si lasciavano
le bottiglie del latte.
Aria buona, ma non la stessa per tutti. C’era chi poteva
permettersi l’aria di alta montagna, l’aria himalaiana, chi quella delle
colline, chi preferiva investire in un’aria leggermente profumata di zenzero e
cannella, aria d’oriente, oppure gli intenditori si contendevano la gelida aria
polare o quella calda e morbida polinesiana.
E c’era invece chi si doveva accontentare dell’aria della
periferia, di quella dei capannoni industriali, degli avanzi delle arie già
respirate dagli altri. Arie da pochi soldi, per la massa, per la genti di gusti
grossolani. Quale che fosse, ognuno respirava la propria. Mentre fuori il vento
venefico soffiava senza tregua, portando ovunque notizia di quel virus che
tutti ormai avevano imparato a conoscere.
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