A cura di Stefano Zampieri - Consulente Filosofico
Visualizzazione post con etichetta responsabilità. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta responsabilità. Mostra tutti i post

mercoledì 9 aprile 2025

Hans Jonas Tecnica, medicina ed etica. Prassi del principio responsabilità 1985

 



Forse la riflessione filosofica più completa e più ricca sulla questione della tecnica. Imprescindibile anche se di non di facile lettura.

La tecnica oggi è entrata a far parte di tutti gli aspetti della vita umana (nascere, morire, sopravvivere, pensare, sentire, agire, patire, ambiente e cose, presente e futuro…) => la filosofia deve occuparsene.

I fondamenti di una filosofia della tecnica sono:

1> FORMA. Considerare la tecnica come impresa collettiva che progredisce seguendo le proprie regole.

2> MATERIA. Considerare il contenuto sostanziale della tecnica come strumento al servizio dell’uomo.

3> ETICA. Il lato etico della tecnologia.

 

1. Dal punto di vista formale: cosa distingue la tecnica moderna da quella antica?  “la tecnica moderna è un’impresa e un processo, mentre quella precedente era un possesso e uno stato.” (8) Nel mondo antico infatti non c’è l’idea del progresso e di un metodo per realizzarlo. Le invenzioni sono stabili e perdurano uguali per secoli. Così è anche per gli scopi.

Per la tecnica moderna invece ogni passo, ogni invenzione, è una tappa rispetto a ciò che verrà in seguito. Ogni innovazione si diffonde rapidamente. Invenzioni e scopi si producono circolarmente. Il progresso è il modus operandi della tecnica moderna, spinto dalla concorrenza (=> profitto, potere, sicurezza, prestigio), dall’aumento della popolazione, dall’esaurimento delle risorse naturali, dal desiderio di una vita migliore.   Tutti questi moventi sono fondati su una premessa: che può esistere un progresso illimitato. E che la tecnica si basa sulla scienza, ma la scienza è in continuo sviluppo. Tra tecnica e scienza c’è oggi un rapporto circolare e non esiste più la distinzione tra teoria e prassi.

2. Dal punto di vista materiale: si sviluppa prima la tecnologia meccanica (= Rivoluzione Industriale), all’inizio volta solo a sostituire la forza umana (le macchine). Fa aumentare il consumo di risorse naturali. Segue la trasformazione delle sostanze (= chimica, es.: coloranti sintetici, fibre tessili sintetiche…). Le macchine diventano beni di consumo (= uso personale, domestico). L’introduzione dell’elettricità segna un passaggio decisivo (=> telegrafia, produzione di luce, azionamento di macchine). Rese la vita privata dipendente da un sistema pubblico.

Oggi: passaggio dall’elettrico all’elettronico: nuovo stadio della Rivoluzione tecnico – scientifica. Ma l’ultimo stadio della Rivoluzione tecnologica è la biotecnologia: il sogno di progettare l’uomo del futuro non è più fantasia.

3. Dal punto di vista etico: La tecnica è esercizio di potere umano quindi è una forma dell’agire ed è soggetta al dominio dell’etica come ogni forma dell’agire umano. Ma si può usare lo stesso potere per il Bene e per il Male; al contempo la tecnica è un caso nuovo per l’etica almeno per 5 mortivi:

1. Ambivalenza degli effetti: la tecnica può avere effetti nefasti anche quando è usata a fin di Bene => ambiguità del fare tecnico.

2. Inevitabilità dell’applicazione: chi possiede la tecnica non può non usarla.

3. Proporzioni globali nello spazio e nel tempo: ogni uso della tecnica da parte della società tende a essere globale, si diffonde su tutta la Terra e coinvolge anche le generazioni future (=> responsabilità).

4. Rottura dell’antropocentrismo: non è più solo il Bene dell’uomo a essere in gioco ma quello dell’intera biosfera.

5. Emergere del problema metafisico: il potenziale apocalittico della tecnica pone un problema metafisico nuovo: se e perché debba esistere una umanità. L’etica non si era mai confrontata con questa problematica.

 

Oggi siamo alle soglie del domani: più che nelle epoche precedenti. E ci sono valori vecchi che restano e valori nuovi che emergono.

“«valori» sono le idee del bene, del giusto, e di ciò a cui si aspira, che si presentano dinanzi alle nostre pulsioni e ai nostri desideri.” (39)

Valori che resteranno: il costume (cioè il canone di ciò che si addice e di ciò che non si addice nelle relazioni); ma anche la riservatezza, la carità o compassione o beneficenza; e il coraggio.

Valori nuovi che emergono nel nostro tempo: l’informazione (soprattutto relativamente alle conseguenze dei nostri atti, agli effetti a lungo termine => futurologia).

“La nuova scienza (o arte) della futurologia, che ci fa vedere gli effetti a lungo termine, diviene dunque in questa forma e con questa funzione un nuovo valore per il mondo di domani.” (46-47)

Informazione e futurologia devono generare un sentimento decisivo: la paura.

Diventa un dovere etico coltivarla.

E infine e di conseguenza la Responsabilità (=> prudenza vs audacia; frugalità vs consumo illimitato, saper porre dei limiti, moderazione).

Tutto ciò però si basa sul principio del consenso volontario (vs la coercizione), e implica la creazione di una comunità unita.

“Le grandi decisioni visibili, per il bene o per il male, avvengono (oppure ci sfuggono) sul piano politico. Ma noi tutti possiamo preparare in modo invisibile il terreno cominciando da noi stessi. L’inizio, come tutto ciò che è buono e giusto, è ora e qui.” (54)

Jonas affronta in vari saggi alcune problematiche connesse:

La responsabilità dello scienziato: lo scienziato cerca la verità, ma ha effetti sulla natura. Deve valutare le conseguenze? Tutte le scienze teoriche (Astronomia, Astrofisica ecc.) hanno bisogno di scienze più operative (es,: chimica). Quindi lo scienziato deve sempre porsi il problema delle conseguenze (=> Responsabilità).

È possibile l’esperimento sul soggetto umano? Il consenso non è sufficiente e non modifica il problema. Conflitto tra inviolabilità personale ed esperimento (l’uomo come cavia).

Il bene comune è giustificazione sufficiente? (= utilitarismo) = priorità della società sull’individuo cioè dell’interesse di molti sull’interesse di uno.

Ma allora a cosa serve il consenso?

La società non ha il diritto di chiedere il sacrificio dell’individuo, ma l’individuo può decidere di sacrificarsi per il bene della società.

Nessun contratto sociale può richiedere il sacrificio individuale. Ma c’è uno scopo in particolare che è problematico: la salute. => ci sono casi straordinari legati alla salute delle persone (in caso di catastrofe per esempio) che giustificano mezzi straordinari, anche esperimenti sul corpo umano.

Il generico miglioramento della società non basta.


 

Hans Jonas, Organismo e Libertà, 1994

 



Testo complesso ma molto profondo e ricco di intuizioni e suggestioni.

Secondo Jonas la libertà è contenuta già nello stesso metabolismo degli organismi perché è un componente essenziale della vita come tale. "la vita è essenzialmente relazionalità con qualcosa" (11) Cioè è sempre una polarità di qualche forma di relazione, tra essere e non essere tra necessità e libertà, tra vita e morte ecc.

La vita per essenza è mortale dunque impregnata di angoscia.

 

 Il panvitalismo e la morte

All'origine c'è l'animismo e l’ilozoismo: tutto è vita e tutto ha un'anima. Con la rivoluzione copernicana la vita divenne un caso particolare che si trasferì nel concetto di natura. Per l'uomo primitivo che pensa la vita onnipresente, la morte è un grande enigma a cui cerca di dare spiegazione attraverso il mito, il culto, la religione. Per questo il primo problema della filosofia antica è la morte e non la vita. Affermazione e negazione della morte: esempio culto dei morti, le piramidi, eccetera.

Il meccanicismo

Il pensiero moderno rovescia la situazione: ciò che è immediatamente comprensibile è la morte, il problema è la vita. La pura materia è priva di elementi vitali = meccanicismo. Il privo di vita è il conoscibile; la presenza della vita in un universo meccanico deve essere spiegata. La presenza nell'organismo sia della sostanza estesa, meccanicismo, che della sostanza pensante, la vita, diventa l'enigma da risolvere.

Il dualismo

Il dualismo corpo anima deriva dall'orfismo. Il corpo tomba dell'anima, il dualismo si fa a radicale anche nella forma del materialismo che rappresenta l'affermazione della morte sulla vita. Se la materia può esistere senza lo spirito, Allora anche lo spirito può esistere senza la materia. Appunto ecco l’idealismo. Allora materialismo e idealismo sono entrambi prodotti della disintegrazione del dualismo. Ma la realtà psicofisica dell'organismo rende impossibile sia dualismo sia i monismi che ne derivano. "l'effettiva coincidenza di interiorità ed esteriorità nel corpo costringe i due modi del sapere a determinare il loro rapporto in base a un altro punto di vista da quello degli oggetti separati." (26) e la causalità è l'effetto della corporeità nella realtà il risultato dell'io pratico non di quello teorico (32).

Il corpo non è uno fra gli oggetti estesi, non è oggetto d'esperienza ma fonte di esperienza. Allora: "vita significa vita materiale, quindi corpo vivente." (34) Jonas recupera anche il concetto della teleologia: la natura possiede delle cause finali e si pone così contro la scienza che le nega di principio.

Aspetti filosofici del darvinismo

La vita deriva dalla materia sola = monismo materialistico della scienza naturale. Evoluzionismo è uguale abbandono di ogni idea di preformazione o di teleologia eguale immagine quasi meccanica di una sequenza non pianificata ma progressiva.

L’Evoluzionismo cancella ogni forma di essenze immutabili (anti-platonismo). L’evoluzionismo è un'avventura imprevedibile di contro ogni teleologia.

Organismo e ambiente fondano un sistema e questo è il principio della vita.

L’evoluzionismo è  un antenato dell'esistenzialismo: cancella infatti l'idea di una essenza dell'uomo (versus anche l’idea  dell’uomo a immagine di Dio del mondo cristiano).

Il privilegio della razionalità diventa solo un mezzo tra altri nella lotta per la sopravvivenza (versus l'anima razionale  come caratteristica dell’uomo nel mondo classico).

Le condizioni cioè l'ambiente prendono il posto delle essenze "in forma di ambiente la condizione diventa un correlato del concetto di organismo" (60), organismo e ambiente formano un sistema e ciò determina il concetto di vita in cui necessità è casualità si mescolano, la necessità generale della vita e la casualità individuale.

La selezione sostituisce la teleologia.

La natura matematica

Progressivamente nell'analisi della natura subentra l'interesse per il movimento implica passaggio dall'essere al divenire dalla geometria euclidea alla geometria analitica e all’algebra. L’ introduzione della matematica come lingua della scienza  corrisponde all'introduzione del meccanicismo è uguale dualismo natura eguale materia senza anima senza vita, materia morta appunto.

" solo un'etica fondata sull'ampiezza dell'essere non esclusivamente sull'unicità o singolarità dell'uomo può avere importanza nell'universo delle cose. " (306)


 

mercoledì 2 aprile 2025

Hans Jonas, Il principio responsabilità (1979)

 


 

Testo assolutamente fondamentale per chi si pone il problema di un’etica adeguata ai problemi ambientali, cioè di fatto un’etica adeguata al nostro tempo. Comincia con una ricostruzione storica:

 

Il mondo classico

L’agire dell’uomo è mutevole mentre la natura è l’immutabile. La techne del mondo antico non incide sugli oggetti non umani. E quindi ogni etica classica può essere rigorosamente antropocentrica. Il campo dell’azione era ristretto, il bene e il male avevano a che fare con il qui e ora (Es.: tutte le massime dell’etica classica: ama il prossimo tuo; non fare agli altri; aspira alla virtù; non trattare il prossimo come mezzo ma come fine, ecc). L’orizzonte morale è fatto di immediatezza, e non è necessario un sapere speciale.

La trasformazione

Oggi appare la vulnerabilità della natura rispetto all’agire tecnico dell’uomo.

Il soggetto agente non è più solo l’individuo, ma è un soggetto collettivo.

La biosfera va intesa come oggetto dell’azione dell’uomo.

La restrizione della prossimità e della contemporaneità è sparita. Oggi l’orizzonte contiene il futuro.

Bisogna considerare l’effetto cumulativo delle azioni umane.

È necessario un sapere approfondito.

Il sapere predittivo è inferiore rispetto al sapere tecnico.

Nessuna etica del passato si è posta il problema della sopravvivenza della specie.

Tutto nasce, ovviamente, dallo svilupparsi abnorme della tecnica, che ora appare quale il vero destino dell’uomo. Ora l’assioma morale generale, indimostrabile quanto l’assioma che l’esistenza di un mondo è preferibile alla sua non esistenza è che “in avvenire debba esistere un mondo simile – un mondo adatto a essere abitato dall’uomo – e che debba essere abitato in qualunque futuro da un’umanità degna di questo nome.” (15)

L’imperativo categorico kantiano (agisci in modo che tu possa volere che la tua massima diventi legge universale) allora andrebbe riscritto in questo modo: “Agisci in modo che le conseguenze della tua azione siano compatibili con la permanenza di una autentica vita umana sulla terra.” (16)

Secondo Jonas le nuove forme dell’agire necessitano di una nuova etica della previsione e della responsabilità. La tecnica ci pone oggi in uno stato perenne di utopia che richiede da parte dell’uomo una saggezza che forse egli non possiede. Ciò dovrebbe indurci a una certa umiltà.

Ma quali sono i fondamenti di questa nuova etica?

-euristica della paura: solo la realtà della minaccia ci rende consapevoli della necessità della salvaguardia

- etica del futuro: acquisizione dell'idea degli effetti a lungo termine delle azioni umane.

-sviluppo del sentimento adeguato a ciò che viene immaginato del futuro.

- proiezione degli effetti finali probabili o anche solo possibili.

-si deve prestare più ascolto alle profezie di sventura che non a quelle di salvezza perché la realizzazione positiva è solo una fra le molte possibili realizzazioni infauste che quindi sono molto più probabili;

-l'umanità non ha diritto al suicidio, per il singolo invece è discutibile;

-l'etica della responsabilità verso il futuro non può ovviamente basarsi sul principio di reciprocità che invece è tipico delle etiche classiche;

- rispetto ai posteri non siamo responsabili dei loro desideri che sono mutevoli e imprevedibili ma del loro “dovere di autentica umanità" (53): che ci sia un'umanità questo è il primo imperativo categorico.

scopi verso valori.

La natura custodisce degli scopi e quindi dei valori. Il perseguimento dello scopo diventa un bene. Ogni essere senziente è fine a se stesso. L'ingrandirsi del potere di distruzione dell'uomo ha allargato la sua responsabilità alle condizioni della biosfera.

"La comunanza dei destini dell'uomo e della natura, riscoperta nel pericolo, ci fa scoprire anche la dignità propria della natura, imponendoci di conservarne l'integrità andando al di là di un rapporto puramente utilitaristico." (176)

lunedì 15 maggio 2023

Introduzione alla Consulenza Filosofica 19 : essere responsabili

ESSERE RESPONSABILI

 


Il fatto stesso di essere venuto al mondo significa che qualcuno se n’è assunto la responsabilità. È questa infatti la prima delle relazioni che mi costituiscono. E dove c’è relazione c’è responsabilità, per forza di cose. In questo senso è la realtà stessa ad imporre la responsabilità  perché mi mette di fronte agli altri, mi costituisce attraverso delle relazioni. E il solo modo per non sentirsi in colpa di fronte agli altri è quello di assumersene la responsabilità. Perché anche la semplice indifferenza è un atteggiamento colpevole.

Ciò non significa essere responsabili di tutto ciò che fanno gli altri, non significa sentirsi in colpa per loro, per ciò che fanno. Non sono io responsabile del male compiuto da un altro, ma sono responsabile di non aver fatto tutto ciò che era in mio potere per impedire che facesse del male. E nello stesso tempo sono responsabile della sua fame e della sua sete, della sua felicità e del suo dolore.

Certo, di fronte a tutta la sofferenza del nostro mondo, è anche vero che non sentirsi responsabili è anche il modo più semplice per non sentirsi in colpa. 

Da un altro punto di vista, però io sono responsabile anche verso me stesso. Quando stabilisco degli obiettivi e mi interrogo sugli ostacoli che devo superare per raggiungerli. Quando valuto il cammino più opportuno per dare vita al mio progetto di vita. Quando compio di volta in volta tutte le scelte necessarie per realizzarlo. Quando devo mettermi di fronte alle conseguenze di quelle scelte, e di tutto il cammino percorso. In ogni momento io sono responsabile di me stesso.  Sono responsabile nel momento in cui, prima di agire, devo prevedere tutto quel che potrà accadere, ma anche quando, dopo, devo sopportare le conseguenze di tutti i miei atti.