Confesso un interesse particolare per Tim Ingold perché è un antropologo che ha capito perfettamente il legame profondo tra antropologia e filosofia nel campo dell’analisi del quotidiano e quindi lo sento particolarmente vicino ai miei interessi.
“L’antropologia – scrive - , dal mio punto di vista, è una filosofia che include la persona.” (13) E quindi deve porsi in una situazione intermedia tra una filosofia tutta astratta e una antropologia classica tutta centrata sull’esperienza.
Invece l’antropologia odierna, secondo Ingold, deve nutrirsi tanto di esperienza quanto di immaginazione, rinunciando a un sapere oggettivo e basato sulla quantità preferendo una saggezza fondata sulla qualità.
Afferma: “Studiamo con le persone piuttosto che fare studi su di esse. Chiamiamo questo metodo di lavoro «osservazione partecipante», che è la pietra angolare di questa disciplina.” (18) Si tratta di trovare insieme dei modi di vivere e la prima regola è prendere gli altri sul serio. Le diversità sono quello che appare, non c’è contraddizione tra natura e cultura, nel senso che per natura dipendiamo dalla cultura.
Schematizzndo:
Natura vs cultura
Immobilità mutamento
Chiusura apertura
“Gli esseri umani sono il prodotto di una interazione tra cause interne ed esterne, tra geni e ambiente. “ (36) Siamo artefici della nostra vita seppure a partire dalle condizioni offerte dall’ambiente e dal nostro passato. Gli esseri umani (a differenza degli animali) devono continuamente imparare a costruire la loro identità che però è sempre una identità relazionale.
Ingold distingue tra i campi tradizionali dell’antropologia: antropologia fisica (misurazione di crani, ecc); archeologia (manufatti…); antropologia sociale (studio comparato delle società umane…), e fa notare che rispetto alle prime due (evoluzionistiche) la terza ha rappresentato la vera svolta. Da qui il funzionalismo (come funzionano le società) contrapposto all’evoluzionismo (come evolvono le società) => sostituzione dell’idea di razza con l’idea di cultura.
Nascono allora l’antropologia culturale e lo strutturalismo (e strutturalismo marxista).
Altra svolta Ingold attribuisce a se stesso quando intuisce che tra la persona (relazioni, società, culture) e l’organismo non c’è né competizione né collaborazione perché si tratta di una unica entità, cioè che “l’organismo-nel-proprio-ambiente era a tutti gli effetti un essere-nel-mondo” (80).
Gli uomini sono esseri biosociali e si costruiscono nel corpo e nella mente attraverso la relazione : “La realtà stessa è relazionale a ogni livello.” (86)
Ma cosa sono le relazioni sociali?
- Una sequenza di interazioni che emergono nel corso del tempo
- un rapporto non solo tra individui ma tra ruoli che ognuno ricopre dentro una struttura sociale
- un modo escogitato dagli uomini per andare avanti insieme.
Le relazioni generano gli esseri che legano. In questo senso: ”Il soggetto dell’antropologia è l’umanità non segmentata.” (99) Cioè intesa in una visione olistica, quella dell’uomo totale (espressione di M. Mauss).
L’affermazione di questa nuova antropologia è possibile se si rinuncia a utilizzare due categorie tradizionali: razza e cultura.
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