A cura di Stefano Zampieri - Consulente Filosofico

lunedì 25 luglio 2016

Una prima conclusione

Qual è la mission del Filosofo Praticante? Io la riassumerei in questo modo:
- creare e far crescere SPAZI DEL PENSIERO, in ogni luogo, quartiere, scuola, asl, azienda, biblioteca, partito, sindacato, centro sociale, ospedale, carcere, università, condominio, famiglia, coppia, singolo;
- ripensare, cioè mettere in questione,  il nostro essere-al-mondo, in tutte le sue forme, dunque nelle dimensioni dello spazio e del tempo vissuti, nella dimensione dei rapporti, degli stili di vita, in funzione degli atti e delle decisioni della nostra esistenza singola e associata, come individui e come cittadini (scegliere, valutare, votare, amare,ecc.), nel complesso quella che ne dovrebbe emergere sarebbe una vera  e propria FILOSOFIA DEL QUOTIDIANO;
- coltivare una aspirazione generale alla SAGGEZZA, da intendere in forma minima: una visione delle cose che si suppone migliore di quella del senso comune.

Tutto ciò configura forse le coordinate di una PROFESSIONE? Potrebbe certo, se si offre un servizio a singoli o a una comunità si ha anche il diritto di chiedere una remunerazione.
Tuttavia a questo punto subentra la mia valutazione personale: il mio percorso filosofico non è mai stato disgiunto da un'esigenza critica, e da una istanza morale. Sono giunto alla conclusione che, laddove sia possibile, diventi anche necessario e urgente dare dei segnali relativamente alla possibilità di un diverso approccio all'economico. Laddove vi sia lo spazio io credo che sia giusto sperimentare forme di attività estranee alla logica mercantile, eversive rispetto alle dinamiche del denaro, più vicine alle forme della solidarietà (mettere insieme le risorse), o del dono (dare senza contropartita), o del riconoscimento (restituire senza obbligo).  


lunedì 18 luglio 2016

La domanda di ragioni

Nessuna professione nasce se non a fronte di una domanda sociale. Se oggi esiste "l'idro sommelier" è perché si è creata una nicchia di mercato in cui la qualità delle acque e il loro abbinamento con i cibi hanno un senso, c'è una domanda che rende sensato anche l'idro sommelier, mentre non lo è più il riparatore di carrozze per ovvi motivi. Certo la domanda può essere anche indotta ma in questo secondo caso solo a fronte di un massiccio condizionamento del mercato, fenomeno che certo non appartiene alla consulenza filosofica. Allora è legittimo porre la questione: qual è la domanda sociale rispetto a cui la consulenza filosofica rappresenta la necessaria risposta? Credo ci siano due risposte immediate ma insoddisfacenti e una terza molto più interessante.
La prima risposta è che alla base della professione filosofica ci sia la domanda del disagio in tutte le sue forme, ma se fosse così, la consulenza filosofica sarebbe una risposta tra molte altre, tutte quelle delle professioni  di cura - psicologiche, consulenziali, psicoanalitiche, ecc, - rispetto alle quali avrebbe gioco difficile a distinguersi, e soprattutto sarebbe tenuta ad un confronto d'efficacia poco favorevole;
la seconda risposta è che la consulenza filosofica come professione risponda a una domanda di formazione, anche qui in forme diverse, formazione alla filosofia, formazione al processo della consulenza come nel caso degli aspiranti filosofi consulenti, formazione al dialogo come esercizio democratico;  anche in questo secondo caso tuttavia simile domanda trova già risposte nelle scuole, e il professionista non si distinguerebbe da un insegnante.
Ma vi è, a mio avviso, una terza domanda sociale, diversa che tuttavia non si esplicita immediatamente in una richiesta professionale, perché è una esigenza che i singoli pongono prima di tutto a se stessi:  è la domanda di ragioni. Certo proprio perché nasce introiettata è difficile pensare che possa determinare una vera e propria "professione", ma è sicuramente la domanda centrale del nostro tempo. Ed è, a mio modo di vedere, la più autentica domanda  a cui tutto ciò che variamente chiamiamo consulenza filosofica o pratiche filosofiche, cerca di dare risposta. Per questo ritengo che sia venuto il tempo di passare da una consulenza filosofica intesa come risposta al disagio o a esigenze di formazione, alla Filosofia Praticante come lavoro di costruzione di spazi del pensiero nei quali mettere in questione filosoficamente le Ragioni del nostro fare.

Un esercito di filosofi praticanti

Non ci sentiamo affatto orfani del "grande filosofo", ciò che ci manca è piuttosto l'esercito dei tanti filosofi praticanti, coloro che infliggono a loro stessi la dolce pena del pensiero, coloro che vivono la filosofia in strada, nella vita, negli eventi del'esistenza. Mancanza che corrisponde alla tristissima assenza di luoghi del pensiero, che poi sarebbero i luoghi in cui i filosofi praticanti dovrebbero giocare le loro battaglie, affinare le armi per affrontare la vita.

domenica 3 luglio 2016

Sine missione

"La saggezza è l'adesione a una vita che va condotta sine missione: non si può chiedere l'esonero dalla costrizione all'esistenza." (Peter Sloterdijk)

venerdì 24 giugno 2016

Ancora filosofia, ancora saggezza

Ancora parole d'altri per esprimere una convinzione mia : "La filosofia non è la saggezza, ma è, essenzialmente connessa con la saggezza, cioè con un'immagine delle cose che, si suppone, è nell'insieme superiore - più vera e di maggior valore - rispetto a quella del senso comune." (Diego Marconi)

venerdì 17 giugno 2016

Saggezza e filosofia

Lo dico con parole di altri, per rendere l'affermazione più salda e più credibile, anche se io stesso l'ho detto molte volte e in molti modi:  "La saggezza non è uno stato che metterà fine alla filosofia, ma un ideale inaccessibile che motiva la ricerca senza fine del filosofo. La filosofia, quindi, in quanto sforzo verso la saggezza, deve essere insieme, e indissolubilmente, discorso critico ed esercizio di trasformazione di sé." (Pierre Hadot)

giovedì 16 giugno 2016

Una comunità di pensiero

Il Filosofo Praticante non si situa nella linea di successione accademica, e dunque è fuori della scena istituzionale della filosofia. E' il suo limite e insieme la sua forza. Il suo ambiente non è il chiuso di una istituzione, ma l'aperto dell'esistenza vissuta. Ciò non lo rende adatto ad apparire in una "storia della filosofia" del futuro, ma probabilmente potrebbe renderlo adatto ad entrare in una  futura "storia della società". Sempre ammesso che il Filosofo Praticante possa costituire a sua volta una "comunità di pensiero".
Ma i Filosofi Praticanti possono costituire una comunità di pensiero? La risposta è difficile. Bisogna prima intendersi sul senso della "comunità". E ciò che di primo acchito appare chiaro è che una ipotetica comunità futura dei Filosofi Praticanti dovrebbe per forza essere diversa dalle diverse forme di comunità cui i filosofi hanno aderito nella storia millenaria della nostra civiltà. Con quali forme? Con quali caratteristiche? Forse è venuto il tempo di interrogarsi su questo.

lunedì 30 maggio 2016

Limite e opportunità

Il terreno costitutivo dell'abitare è la quotidianità, il tempo del presente, del paesaggio, della ritualità, della ripetizione, dell'uso reiterato degli stessi strumenti... L'abitare è la forma stessa dell'esistenza sul terreno della quotidianità, ed è proprio su questo piano che l'antropologia si erge di fronte alla filosofia come suo limite e insieme come sua grande opportunità, come elemento di riscontro per ogni trascendenza e come obiettivo palese od occulto di ogni astrazione.
Nn c'è filosofo praticante che non tenga ben fermo questo confine e questo punto di riferimento.

giovedì 26 maggio 2016

Servono gli esempi

Non c'è una definizione di Filosofo Praticante, perché non si tratta di un concetto ma di una condizione esistenziale. Essere un Filosofo Praticante, dunque, significa molte cose: significa per esempio agire in modo riflessivo piuttosto che in modo irriflesso, significa mettere in questione atti, decisioni, ragioni sottraendole all'indifferenza e al luogo comune, ecc. non c'è dunque una definizione c'è piuttosto una descrizione di comportamenti.
Posso riconoscere un Filosofo Praticante, prima di tutto, da come fa quello che fa, molto più che da quello che dice o dall'esito finale della sua azione. Non ho bisogno di definizioni astratte allora per comprendere cosa possa essere un Filosofo Praticante, ho bisogno piuttosto di esempi.
Ma sono sempre un Filosofo Praticante? In linea di principio il Filosofo Praticante è sempre tale, in ogni momento della sua vita proprio perché si tratta non di applicare un qualche valore supremo, ma piuttosto di una attitudine, un modo di fare ciò che si fa, che si tratti di azioni alte - esercitare il diritto di voto - o di azioni basse - lavarsi i denti, il Filosofo Praticante in entrambi i casi esercita il dovere di conoscere e mettere in questione,  valuta conseguenze e responsabilità, si pone il problema del modello di vita individuale e collettivo che la sua scelta, la sua azione, determinano, il Filosofo Praticante è anche colui che cerca di maturare un progetto di mondo in cui vivere.

mercoledì 18 maggio 2016

Nomina sunt omina: il Filosofo Praticante

Spesso nel nome di una cosa è contenuto il suo destino. A maggior ragione quando si tratta di una pratica nuova che non ha precedenti immediati. Ora, senza rifare tutta la storia del Nome che ci troviamo incollato addosso, forse vale semplicemente la pena di immaginarne uno nel quale sia più facile riconoscersi, almeno per me. E in questo senso il suggerimento viene da una accezione straniera, gli americani infatti usano spesso l'espressione "philosophical practitioners", da qui mi è apparso il nome con il quale vorrei indicare me stesso, il mio lavoro, e magari quello degli altri: Filosofo Praticante.
Ma chi è il Filosofo praticante? E' colui che pratica attivamente la filosofia così come un "praticante" è colui che aderisce a una religione facendone un motivo di ispirazione quotidiana della propria esistenza. Sono consapevole del sapore "confessionale" dell'espressione, l'ho messo subito in evidenza io stesso. Ma è chiaro che non intendo con questo suggerire una equazione assurda, la filosofia non è una religione, né i filosofi appartengono ad una setta. Ma il Filosofo Praticante è qualcuno che vive la filosofia nella sua vita quotidiana, nel senso che cerca di vivere filosoficamente, ovvero di agire utilizzando gli strumenti e la saggezza della filosofia. Non è un filosofo che si limiti a studiare e a insegnare la filosofia, magari fa anche questo - non necessariamente - ma prima di tutto fa tutto ciò che costituisce la sua esistenza in base alla attitudine filosofica, ed in base ai propri valori: quelli che la sua ricerca filosofica ha elaborato, e su cui costruisce la propria quotidianità.
Praticante è colui che sta nella dimensione della filosofia come il pesce sta nell'acqua e l'uccello in aria.

martedì 10 maggio 2016

Momenti filosofici

"Il momento filosofico è, come quello musicale, una vibrazione che accorda tutto ciò che tocca. Nel pensiero vero viene pensato qualcosa di pericoloso." (P. Sloterdijk)

giovedì 28 aprile 2016

Non parte di una parte, ma testimone

Io sono il testimone delle mie idee. Non sono parte di una parte, non sono né -ista né -iano, non potrei esserlo, non per un semplice rifiuto istintivo dell'esser servile, ma prima ancora per una impossibilità materiale: non posso essere testimone di una testimonianza altrui. Non avrebbe senso.
Ma faccio tesoro di ogni testimonianza, da quelle più antiche a quelle più recenti, anche se è con queste che mi sento più affine. E propongo la mia, che magari non vale molto, ma qualcosa più di nulla, per il semplice motivo che essa è qui, aperta alla luce della scena, sottoposta all'attenzione degli altri.
Essere parte di una parte è il tipico atteggiamento della filosofia come disciplina accademica. La pratica filosofica nasce fuori dell'Accademia, e se pure un giorno dovese entrarci, non potrebbe comunque essere parte di una parte, perché questo è proprio ciò che non le appartiene.
La pratica filosofica è TESTIMONIANZA: sono appunto il testimone delle mie idee, e le testimonianze si espongono, si inseguono, si confrontano, si osservano, si studiano. La tua testimonianza potrebbe rendere più ricca e più vera la mia. Insieme, ognuna dalla propria prospettiva, possiamo testimoniare che la filosofia c'è, è qui, nella nostra vita quotidiana.