A cura di Stefano Zampieri - Consulente Filosofico

domenica 22 gennaio 2023

Immaginare il futuro: Marc Augé, Futuro

Marc Augé, Futuro,  (2012)

 Il futuro personale deriva sempre, in buona parte, dagli altri. Infatti si parla di esclusione sociale per gli individui che non hanno un futuro.


=> “Futuro” è espressione della solidarietà che unisce l’individuo e la società.

Bisogna però distinguere un futuro individuale, da quello collettivo (l’avvenire). Es.: del Martire: la sua rinuncia al futuro (personale) a favore dell’avvenire (collettivo).

 LE DUE FORME DEL FUTURO

1) LA MESSA IN INTRIGO

Il futuro come conseguenza del passato determina una situazione che possiamo definire di “intrigo”: in attesa dello scioglimento dell’intrigo, si vive in una situazione di sospensione (suspance).

Questo atteggiamento richiede una continua reinterpretazione del passato per immaginare il futuro (come nella letteratura poliziesca o nel discorso politico o in quello psicoanalitico). Ciò è possibile per la fondamentale ambiguità del passato.

2) L’INAUGURAZIONE

Ogni interrogazione sul nuovo dipende da un interrogativo sulla libertà. Perché è la libertà che rende possibile l’apparizione del nuovo nella storia altrimenti avremmo solo una continua ripetizione. Ma l’idea di novità e quella di libertà hanno senso solo in relazione all’esistenza umana. E si declinano in funzione delle età della vita.

La vita in società è dominata da due ossessioni contraddittorie. Quella per il senso che rimanda al passato, e quella per la libertà che rimanda al futuro.

Il futuro come inaugurazione esalta il secondo versante. L’inizio non è la ripetizione e non è quindi il rito. L’arte interpreta al meglio questa idea dell’inizio come novità.

Secondo Augé bisogna superare la contrapposizione tra le due prospettive, e dunque “Bisogna poter pensare il tempo come messa in intrigo ma anche, in modo complementare, come inaugurazione.” (41)


FLAUBERT

Augé discute questi temi studiando Flaubert nella cui opera vede un uomo che non crede più a niente tranne che alla scrittura e perciò, malgrado tutto, al futuro .

 LE NUOVE PAURE

La governance (arte di gestire) sottintende che la politica sia solo un fatto di competenze e di buona gestione => fine di ogni ipotesi di cambiamento radicale (di “rivoluzione”)

“Il concetto di governance proclama la fine della storia.” (69) E inaugura una società in cui il futuro immediato non ha più bisogno di alcun avvenire. D’altra parte l’interiorizzazione di tutte le paure del nostro tempo (ecologia, demografia, sviluppo, ecc.) fanno sì pensare a un avvenire che eccede le nostre capacità di immaginazione.

 CHE FARE?

Pensare l’avvenire dell’uomo e del pianeta, significa affrontare prima di tutto il problema della conoscenza  =>

- la scienza progredisce a un ritmo superiore alla nostra capacità di immaginazione;

- la globalizzazione comporta un aumento della disparità ricchi/poveri ma ancor più la disparità sul piano scientifico  => formazione di una oligarchia mondiale del potere, del denaro, del sapere.

Per salvarsi da queste due difficoltà vale la stessa proposta: un’utopia dell’educazione. Governare in vista del sapere, darsi il sapere come fine individuale e collettivo.

“Forse la coscienza del futuro comune può dare a ciascuno di noi la forza di vivere questo presente in movimento che chiamiamo «futuro».” (132)

 


 

Nessun commento:

Posta un commento