Zigmunt Bauman, Scrivere il futuro, (2016)
Nel 1814 Laplace sosteneva che una conoscenza puntuale di tutte le strutture dell’Universo ci avrebbe messo in condizione di conoscere anche il futuro: è il sogno positivista che domina il XIX sec. e parte del XX. Ma al contempo è la precisa affermazione per cui le persone comuni (che non avranno mai la sufficiente conoscenza) non potranno nemmeno conoscere il futuro, con tutto il carico di angoscia che questa consapevolezza comporta.
Queste le parole di Laplace:
«Possiamo considerare lo stato attuale dell'universo come l'effetto del suo passato e la causa del suo futuro. Un intelletto che ad un determinato istante dovesse conoscere tutte le forze che mettono in moto la natura, e tutte le posizioni di tutti gli oggetti di cui la natura è composta, se questo intelletto fosse inoltre sufficientemente ampio da sottoporre questi dati ad analisi, esso racchiuderebbe in un'unica formula i movimenti dei corpi più grandi dell'universo e quelli degli atomi più piccoli; per un tale intelletto nulla sarebbe incerto ed il futuro proprio come il passato sarebbe evidente davanti ai suoi occhi»
(Essai philosophique sur les probabilités, Laplace)
Allora non possiamo più descrivere il mondo in termini di certezza positivistica né in quelli probabilistici. Perché la maggior parte dei sistemi sono instabili (cfr. Prigogine) e quindi la maggior parte dei cambiamenti che avvengono non possono tornare allo stato precedente, sono irreversibili. Il nostro mondo è dunque imbevuto dalla turbolenza: tutto può accadere, ma nulla può essere fatto con certezza assoluta. In un mondo complesso ogni evento può accadere ma anche no, e non vi è modo di prevederlo con certezza.
Per via della complessità, dunque, non siamo mai in grado di liberarci dal mistero del futuro. Anche se sappiamo che la più piccola azione individuale può avere effetti enormi, ma al contempo nessuna azione può avere effetti prevedibili con certezza.
In questo senso la complessità ci esalta e ci umilia.
Un esempio di turbolenza è il fenomeno migratorio moderno, che provoca tendenze opposte come la mixofilia e la mixofobia (mixo per mescolanza).
Mixofilia: considera la diversità come occasione di incontro e di sperimentazione. Facilita la comprensione e riduce la Paura, e stimola la collaborazione e la solidarietà.
Mixofobia: sentimento di disagio e di paura di fronte allo straniero. Può sfociare nell’aggressività. Spinge alla formazione di comunità chiuse.
Non possiamo sapere se prevarrà l’una o l’altra. Questi fenomeni, queste turbolenze, ci fanno comprendere che il futuro non è dato. Cioè che “la storia deve essere fatta. Siamo noi a doverla realizzare. Dobbiamo cercare i modi per scriverla in conformità ai nostri desideri.” (19) Ma non c’è una ricetta per questo. Bauman chiude parafrasando una affermazione di Antonio Gramsci: “Per prevedere la storia dobbiamo unirci, organizzarci. Dobbiamo farla, la storia” (20)
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