A cura di Stefano Zampieri - Consulente Filosofico

lunedì 2 gennaio 2023

immaginare il futuro: Jennifer Gidley, Il futuro. Una breve introduzione

 

Jennifer Gidley, Il futuro. Una breve introduzione (2017)

 


Secondo la futurologa Jennifer Gidley bisogna parlare di Futuro al plurale: da un lato i Futuri Possibili, cioè quelli che immaginiamo, dall’altro e quelli delle certezze quotidiane (il sorgere e il calare del sole per esempio, il susseguirsi delle stagioni, ecc.). La vita di tutti i giorni implica una specie di capacità previsionale quotidiana.

Ora si tratta di esaminare il Futuro dalla prospettiva, ampiamente condivisa, ma ovviamente non esclusiva, di quello che viene in gergo chiamato VUCA: il Futuro come fenomeno Volatile, Incerto (Uncertain in inglese), Complesso, Ambiguo.

Da questa prospettiva partono oggi i Future Studies. Ma cosa sono? Secondo la definizione: “un settore di ricerca accademico interdisciplinare che combina educazione, filosofia, sociologia, storia, psicologia e teoria economica con le osservazioni tratte dalla vita reale per proporre, a beneficio della società, non solo uno ma molteplici futuri.” (p.22)

L’idea del futuro è legata alla nozione classica di Utopia che però ha una complessa evoluzione nel tempo: essa infatti indica dapprima un luogo diverso nello stesso tempo (utopia classica) per poi riferirsi allo stesso luogo in un tempo diverso (le distopie) oppure un tempo diverso (futuro) in un luogo diverso( spazio esterno) (è il caso di molta fantascienza).

L’idea del Futuro come tempo a venire nasce circa 2500 anni fa contestualmente alla nascita della Filosofia e dell’idea del tempo lineare contrapposto al tempo ciclico della mitologia che a sua volta nasceva dall’influenza del tempo delle stagioni e del mondo agricolo.

Più o meno nello stesso momento nascono anche i calendari (Persiano, Cinese, Maya…).

In questo contesto si sviluppa la tradizione relativa alla previsione del Futuro: profeti nel mondo ebraico, sibille nel mondo greco, sciamani cinesi, sciamani vichinghi, ma anche i Tarocchi nel medioevo (appaiono in Francia nel XV secolo).

Per influsso del cristianesimo la pratica di previsione del futuro si indebolisce: gli eventi storici sono parte del piano provvidenziale di dio che l’uomo non è tenuto a conoscere salvo che per il suo esito finale apocalittico.

Si sviluppa però l’Utopismo che riprende Platone (La Repubblica) e Virgilio (4a Egloga). E poi Agostino e il De Civitate Dei (V secolo) che progetta il futuro di una società dominata dall’amore. Tendenze che verranno riprese da Gioacchino da Fiore con la sua profezia delle tre ere della Terra (1260) e Ruggero Bacone nell’Epistola de Secretis Operibus ( 1292). Nel Rinascimento troviamo Tommaso Moro, le Profezie di Nostradamnus (1555), Tommaso Campanella, Bacone e la nuova Atlantide (1627).

Le scoperte scientifiche dell’età moderna (Copernico, Keplero, Galileo) sono il terreno da cui ha inizio la narrazione fantascientifica:

- Francis Godwin, The man in the moon (1638)

- Robert Boyle, la lista dei desideri di Boyle (1662)

- G. Leibniz, Sull’origine radicale delle cose (1697)

- Fontenelles, Entretiens sur la pluralité des mondes (1686)

- Louis-Sebastien Mercier, L’anno 2440 (1771)

Si noti che il primo pallone aerostatico vola su Parigi nel 1783, da qui si sviluppa il nuovo immaginario rispetto alla possibilità per l’uomo di volare.

All’inizio dell’800 emerge un nuovo genere apocalittico distopico centrato sulla metafora dell’ultimo uomo (Grainville, Le dermier homme ,1805 – M. Shelley, The Last Man).

Nel 1848 viene pubblicato Il Manifesto del Partito Comunista di Marx che espone un paradosso: la critica all’utopismo (in nome di un atteggiamento scientifico) e l’elaborazione di una utopia di fatto.

Nasce la fantascienza vera e propria. Questi i precursori:

Verne, Ventimila leghe sotto i mari (1870)

G. Tomkyns Chesnery, La battaglia di Dorking (1871)

E. Bulwer-Lytton, La razza ventura (1871)

A fine secolo appare H.G.Wells.

La fantascienza del tecno-ottimismo si sviluppa pienamente dal 1890 al 1914. La Prima Guerra Mondiale cambia le cose. Nasce la distopia.

Dopo la Seconda guerra si sviluppano i primi studi previsionali. Nel 1945 nasce la RAND Corporation voluta dal presidente Hoover, un Think Tank (fondata su metodi matematici – Teoria dei giochi – e sull’uso del computer volta a sostenere gli sforzi bellici degli USA.

Da un punto di vista filosofico possiamo dire che la previsione come concetto nasce con il positivismo e la convinzione di un “futuro prevedibile” in base a valutazioni scientifiche. Si basa all’inizio su modelli empirici, ma poi col tempo si serve di matematica, modellazione, simulazione, teoria dei giochi. 

Alcuni riferimenti basilari:  L’arte della previsione di de Jouvenel (1964).

World Future Society (1966): creazione di metodi predittivi per scopi non militari.

Prima Conferenza Internazionale di ricerca sul futuro, Mankind 2000 (Oslo 1967), nella quale si offre una definizione del potere in questi termini: chi possiede conoscenze sul futuro controlla anche parte del presente.

Tutto però si gioca sulla possibile distinzione / passaggio da un futuro singolare a un futuro plurale. (cfr. De Jouvenel, I futuribili).

Un esempio della pluralità dei futuri: futuro probabile, futuro possibile o alternativo, futuro preferito o normativo, futuro prospettico, futuro integrale.

Secondo un altro approccio è preferibile distinguere tre futuri, esemplificati da una frase tipica:

1. futuri empirici: “qualcosa sta cambiando”

2. Futuri visionari o utopici: “qualcosa deve essere cambiato”

3. Futuri progettuali: “qualcosa può essere cambiato”.

Comunque l’A. mette in evidenza un

> Futuro umano centrico basato sulla visione degli esseri umani quali attori di un cambiamento equo, consapevole, pacifico, responsabile;

> contrapposto a un Futuro tecno – utopico disumanizzante, scientifico, visione cibernetica e transumanista.

Questa contrapposizione ha avuto inizio dall’età illuministica (Condorcet, La Mettrie, Turgot)

La riflessione sul futuro è strettamente legata alla visione lineare del tempo che risale a 2500 anni fa a partire dalla cultura greca. Poi precisata nel corso della modernità (il tempo misurato) e nelle rivoluzione industriale (il tempo di fabbrica).

Questo modello rigido e prevedibile del tempo comincia a sgretolarsi con la filosofia del ‘900 e insieme  Einstein e la meccanica quantistica.

Husserl: tempo soggettivo VS tempo oggettivo (tempo esistenziale); Whitehead: tempo nella teoria del processo; Bergson: tempo come durata (flusso di coscienza).

Quel che è certo è che il Futuro, comunque lo sai intenda, ci pone di fronte alcune sfide globali. Che gli studiosi chiamano Megatrends:

- sviluppo sostenibile e inquinamento

- cambiamento climatico

- crescita della popolazione

- divario di risorse tra ricchi e poveri

- etica globale, criminalità organizzata transnazionale

- gestione dell’informazione.

La vastissima carrellata di opere associabili al dominio dei Futures Studies si conclude con una definizione molto interessante:

“I Futures Studies sono l’arte e la scienza di assumersi la responsabilità delle conseguenze a lungo termine delle nostre decisioni e delle nostre azioni di oggi.” (155).

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