La vita è una continua tensione verso qualcosa. È uno sforzo continuo di realizzazione. L’esperienza mi dice che non posso fare a meno di sentire, ogni giorno, ogni momento, anche se confusamente, quante possibilità inespresse giacciono dentro di me: penso a tutte le scelte che non ho fatto nella mia vita (ma che permangono ancora come possibilità, almeno in parte), a tutte le parole che non ho detto, o ai sentimenti che non ho mai compiutamente espresso, e ancora penso ai sogni della mia adolescenza, e a quelli che ancora mi capita di fare in certi momenti, ad occhi aperti. Penso a tutte le situazioni che non ho reso possibili e al futuro aperto di fronte a me per effetto di una complicata serie di scelte e di decisioni, ognuna delle quali ha chiuso altri scenari, ha escluso altre situazioni, altre possibilità future.
È come se dentro di me, vi fosse una riserva solo in parte esplorata, e comunque non vissuta, tutto ciò che posso essere di cui ora realizzo solo una parte. Ma tutto questo non è morto, è sempre lì a disposizione, è quanto conservo in me per il futuro che ancora mi aspetta se accetto di essere fino in fondo questo inarrestabile movimento verso qualcosa. Se mi dispongo a realizzare di volta in volta almeno una parte delle possibilità che mi appartengono.
Diventa ciò che sei, dunque, è la formula della mia realizzazione. Ma non penso che si tratti di qualcosa di strettamente privato. Certo, posso diventare solo ciò che sono già, almeno potenzialmente e non altro. Ma non posso diventare nulla se non dentro un sistema di relazioni, se non dentro una situazione nella quale non sono affatto solo, ma anzi devo dividere con gli altri un sistema di significati, e un’intera realtà.
Diventare ciò che si è, pensando di separarsi dalla rete dei rapporti, dalla situazione concreta in cui si è collocati, significa correre il rischio di una solitudine tragica. Tragica perché autodistruttiva. Perché se penso di realizzare me stesso in assenza d’altri finisco per cancellare le mie possibilità di comunicazione, di scambio e di condivisione, e quindi finisco per cancellare me stesso.
Diventa ciò che sei, allora, può essere soltanto un principio comunitario: soltanto in mezzo ad altri, che a loro volta si realizzano per ciò che sono, io stesso posso realizzarmi.
Nessun commento:
Posta un commento