ESSERE FELICI
Felicità e dolore: la mia esperienza mi dice che l’una chiama l’altro e viceversa. Tanto più ho conosciuto il dolore tanto più ho saputo apprezzare la felicità. Ogni momento di felicità mi ha reso più penoso il dolore dell’esistenza.
Ma al principio è la felicità. Io infatti rifuggo il dolore e perseguo la felicità. Perché essa dà senso al mio presente spostandolo verso l’attesa della felicità futura, verso la speranza o l’immaginazione di una condizione di vita felice o almeno più felice di quella attuale.
La felicità è quel che cerco, ciò cui voglio avvicinarmi, e tutti gli ostacoli che incontro sono ostacoli alla mia felicità.
Ma posso raggiungere uno stato definitivo di felicità, dal quale non sia più possibile tornare indietro? È chiaro che no, non in questa vita almeno. Perché sarebbe il Paradiso, l’Eden o l’Età dell’Oro: tutti luoghi e condizioni fuori del tempo e della vita.
Io voglio invece perseguire la mia felicità in ogni attimo, e nell’attimo raccoglierla, come ciò che può illuminare la mia esistenza. Come ciò che dà un senso alla mia vita perché ne mostra il legame con il mondo e con gli altri. Perché se il dolore è ciò che separa, la felicità è ciò che unisce. E unendo dà valore alla vita perché la rende larga, aperta, inesauribile, carica di possibilità.
Anche se so bene che non esiste una felicità, che sia la stessa per tutti, riconoscibile, perseguibile, rappresentabile. Esistono piuttosto molti modi di essere felici. Diversi nel tempo e nello spazio, diversi persino dentro di me. Mano a mano che cambio io stesso cambia il mio modo di perseguire e di pensare alla mia felicità. Cambia il mio modo di essere felice.
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