È sempre imbarazzante parlare di qualcosa cui altri attribuiscono significati esistenziali profondi e che invece a me appare come povero di senso. È la situazione in cui mi trovo ora.
Il libretto di Chandra Candiani Il silenzio è cosa viva, riproposto nella collana "Il senso della vita"e già edito da Einaudi, è scritto innegabilmente molto bene, ma d'altra parte l'autrice è prima di tutto una poetessa, e questo incide sullo stile del suo discorso.
Il libro vorrebbe essere una introduzione all'arte della meditazione e ci costringe a chiederci se l'atto della meditazione abbia un senso oppure no. Personalmente credo che la filosofia sia prima di tutto proprio meditazione, sia solitaria che collettiva, credo che un buon filosofo o anche semplicemente chi voglia, per quanto possibile, vivere filosoficamente, dovrebbe saper ritagliare nella propria quotidianità dei momenti di meditazione. Quindi la risposta alla domanda è: certamente sì, la meditazione è un momento importante dell'atteggiamento filosofico.
Detto quersto però escludo, per quanto mi riguarda, che la pratica
della meditazione spalanchi un mondo invisibile e irraggiungibile in altri modi. Qui va detto con chiarezza: l'autrice dimostra ampiamente le sue qualità poetiche ma un libro come questo, lungi dall'essere un libro di filosofia, è piuttosto da intendere come una raccolta di pensieri poetici. Il meccanismo argomentativo è quello metaforico, si individuano alcuni riferimenti tipici (la stanza vuota, il silenzio, il respiro, l'esser seduti, il camminare, l'immobilità, la consapevolezza, il vuoto, ecc.) e si costruiscono castelli di metafore sopra metafore, lasciando intendere che nell'ambiguità metaforica sia nascosta chissà quale suoprema verità. Ecco un piccolo florilegio: cercare rifugio nelle tre gemme, il luogo dell'altro è il forse, abitare un tremito, rinascere, la carezza come marcia verso l'invisibile, la presenza è riconoscere quello che c'è, la meditazione è seminagione del sacro, il cuore è abitare tutto, il vuoto è conoscitore di mondi...
Formule poetiche, perlopiù metafore efficaci e suggestive. Ma vuote. Non c'è proprio niente dietro questo tipo di discorsi che possono solo essere accettati o respinti, non realmente discussi.
Non siamo nel campo della filosofia ma in quello, degno, eminente, della poesia. Ovvero del piacere di far "suonare" le parole.
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