Secondo la futurologa Jennifer
Gidley bisogna parlare di Futuro al plurale: da un lato i Futuri Possibili,
cioè quelli che immaginiamo, dall’altro e quelli delle certezze quotidiane (il
sorgere e il calare del sole per esempio, il susseguirsi delle stagioni, ecc.).
La vita di tutti i giorni implica una specie di capacità previsionale
quotidiana.
Ora si tratta di esaminare il
Futuro dalla prospettiva, ampiamente condivisa, ma ovviamente non esclusiva, di
quello che viene in gergo chiamato VUCA: il Futuro come fenomeno Volatile,
Incerto (Uncertain in inglese), Complesso, Ambiguo.
Da questa prospettiva partono oggi i
Future Studies. Ma cosa sono? Secondo la definizione: “un settore di ricerca
accademico interdisciplinare che combina educazione, filosofia, sociologia,
storia, psicologia e teoria economica con le osservazioni tratte dalla vita
reale per proporre, a beneficio della società, non solo uno ma molteplici
futuri.” (p.22)
L’idea del futuro è legata alla
nozione classica di Utopia che però ha una complessa evoluzione nel tempo: essa
infatti indica dapprima un luogo diverso nello stesso tempo (utopia classica)
per poi riferirsi allo stesso luogo in un tempo diverso (le distopie) oppure un
tempo diverso (futuro) in un luogo diverso( spazio esterno) (è il caso di molta
fantascienza).
L’idea del Futuro come tempo a
venire nasce circa 2500 anni fa contestualmente alla nascita della Filosofia e
dell’idea del tempo lineare contrapposto al tempo ciclico della mitologia che a
sua volta nasceva dall’influenza del tempo delle stagioni e del mondo agricolo.
Più o meno nello stesso momento
nascono anche i calendari (Persiano, Cinese, Maya…).
In questo contesto si sviluppa la
tradizione relativa alla previsione del Futuro: profeti nel mondo ebraico,
sibille nel mondo greco, sciamani cinesi, sciamani vichinghi, ma anche i
Tarocchi nel medioevo (appaiono in Francia nel XV secolo).
Per influsso del cristianesimo la
pratica di previsione del futuro si indebolisce: gli eventi storici sono parte
del piano provvidenziale di dio che l’uomo non è tenuto a conoscere salvo che
per il suo esito finale apocalittico.
Si sviluppa però l’Utopismo che
riprende Platone (La Repubblica) e Virgilio (4a Egloga). E poi Agostino e il De Civitate Dei (V secolo) che progetta
il futuro di una società dominata dall’amore. Tendenze che verranno riprese da
Gioacchino da Fiore con la sua profezia delle tre ere della Terra (1260) e
Ruggero Bacone nell’Epistola de Secretis
Operibus ( 1292). Nel Rinascimento troviamo Tommaso Moro, le Profezie di
Nostradamnus (1555), Tommaso Campanella, Bacone e la nuova Atlantide (1627).
Le scoperte scientifiche dell’età
moderna (Copernico, Keplero, Galileo) sono il terreno da cui ha inizio la
narrazione fantascientifica:
- Francis Godwin, The man in the
moon (1638)
- Robert Boyle, la lista dei
desideri di Boyle (1662)
- G. Leibniz, Sull’origine radicale
delle cose (1697)
- Fontenelles, Entretiens sur la
pluralité des mondes (1686)
- Louis-Sebastien Mercier, L’anno
2440 (1771)
Si noti che il primo pallone
aerostatico vola su Parigi nel 1783, da qui si sviluppa il nuovo immaginario
rispetto alla possibilità per l’uomo di volare.
All’inizio dell’800 emerge un nuovo
genere apocalittico distopico centrato sulla metafora dell’ultimo uomo (Grainville, Le
dermier homme ,1805 – M. Shelley, The Last Man).
Nel 1848 viene pubblicato Il Manifesto del Partito Comunista di
Marx che espone un paradosso: la critica all’utopismo (in nome di un
atteggiamento scientifico) e l’elaborazione di una utopia di fatto.
Nasce la fantascienza vera e propria.
Questi i precursori:
Verne, Ventimila leghe sotto i mari (1870)
G. Tomkyns Chesnery, La battaglia di Dorking (1871)
E. Bulwer-Lytton, La razza ventura (1871)
A fine secolo appare H.G.Wells.
La fantascienza del tecno-ottimismo
si sviluppa pienamente dal 1890 al 1914. La Prima Guerra Mondiale cambia le
cose. Nasce la distopia.
Dopo la Seconda guerra si sviluppano
i primi studi previsionali. Nel 1945 nasce la RAND Corporation voluta dal presidente
Hoover, un Think Tank (fondata su metodi matematici – Teoria dei giochi – e
sull’uso del computer volta a sostenere gli sforzi bellici degli USA.
Da un punto di vista filosofico
possiamo dire che la previsione come
concetto nasce con il positivismo e la convinzione di un “futuro prevedibile”
in base a valutazioni scientifiche. Si basa all’inizio su modelli empirici, ma
poi col tempo si serve di matematica, modellazione, simulazione, teoria dei
giochi.
Alcuni riferimenti basilari: L’arte
della previsione di de Jouvenel (1964).
World
Future Society (1966): creazione di metodi predittivi per scopi non
militari.
Prima Conferenza Internazionale di
ricerca sul futuro, Mankind 2000
(Oslo 1967), nella quale si offre una definizione del potere in questi termini:
chi possiede conoscenze sul futuro controlla anche parte del presente.
Tutto però si gioca sulla possibile
distinzione / passaggio da un futuro singolare a un futuro plurale. (cfr. De Jouvenel, I futuribili).
Un esempio della pluralità dei
futuri: futuro probabile, futuro possibile o alternativo, futuro preferito o
normativo, futuro prospettico, futuro integrale.
Secondo un altro approccio è
preferibile distinguere tre futuri, esemplificati da una frase tipica:
1. futuri empirici: “qualcosa sta cambiando”
2. Futuri visionari o utopici:
“qualcosa deve essere cambiato”
3. Futuri progettuali: “qualcosa può essere cambiato”.
Comunque l’A. mette in evidenza un
> Futuro umano centrico
basato sulla visione degli esseri umani quali attori di un cambiamento equo,
consapevole, pacifico, responsabile;
> contrapposto a un Futuro
tecno – utopico disumanizzante, scientifico, visione cibernetica e
transumanista.
Questa contrapposizione ha avuto
inizio dall’età illuministica (Condorcet, La Mettrie, Turgot)
La riflessione sul futuro è
strettamente legata alla visione lineare del tempo che risale a 2500 anni fa a
partire dalla cultura greca. Poi precisata nel corso della modernità (il tempo
misurato) e nelle rivoluzione industriale (il tempo di fabbrica).
Questo modello rigido e prevedibile
del tempo comincia a sgretolarsi con la filosofia del ‘900 e insieme Einstein e la meccanica quantistica.
Husserl: tempo soggettivo VS tempo
oggettivo (tempo esistenziale); Whitehead: tempo nella teoria del processo;
Bergson: tempo come durata (flusso di coscienza).
Quel che è certo è che il Futuro,
comunque lo sai intenda, ci pone di fronte alcune sfide globali. Che gli
studiosi chiamano Megatrends:
-
sviluppo sostenibile e inquinamento
- cambiamento climatico
- crescita della popolazione
- divario di risorse tra ricchi e
poveri
- etica globale, criminalità
organizzata transnazionale
- gestione dell’informazione.
La vastissima carrellata di opere
associabili al dominio dei Futures Studies si conclude con una definizione
molto interessante:
“I Futures Studies sono l’arte e la
scienza di assumersi la responsabilità delle conseguenze a lungo termine delle
nostre decisioni e delle nostre azioni di oggi.” (155).