A cura di Stefano Zampieri - Consulente Filosofico

lunedì 9 gennaio 2023

Introduzione alla Consulenza Filosofica 1 : LA FILOSOFIA È UNA


LA FILOSOFIA È UNA

Ciò che è da chiarire è che la filosofia è una, è quella che nasce in Grecia molti secoli fa, e che possiede una lunga storia, una tradizione, un corpus di autori, di testi.

Ma non basta, la filosofia si è realizzata nel corso del tempo attraverso pratiche differenti, (una pratica è un insieme di rituali, e di linguaggi, di comportamenti e di attese) oggi la pratica dominante della filosofia è quella che la intende come una disciplina di studio e di ricerca, e che si materializza nelle aule scolastiche e universitarie, e nell’editoria specialistica, e che si presenta per lo più nella forma della conferenza o della lezione frontale, e che, infine, fa uso di un linguaggio specialistico, talvolta molto settoriale (e involuto).

 Se questa è la pratica attraverso cui noi tutti siamo stati abituati vivere e comprendere la filosofia oggi bene la nostra proposta è quella di mettere in luce la possibilità di una pratica filosofica di natura differente ciò che appunto chiamiamo pratica filosofica o consulenza filosofica che  è nient'altro che una modalità differente di realizzare la filosofia, una modalità differente significa una diversa modalità di presentazione, un diverso linguaggio, scopi differenti. 

  NON la trasmissione accademica del sapere, né la lezione frontale, né la diffusione di una parola sapiente rivolta ad ammaestrare un pubblico assetato di verità.

RITORNO ALL’ANTICO cioè al modello originario socratico quello del filosofo che va al mercato, va in piazza, va nella palestra, a parlare con la gente comune, con le persone,  non semplicemente ed esclusivamente con gli altri filosofi. Un filosofo dunque che va a porre questioni, fare domande, interrogare, talvolta anche a mettere in crisi le certezze comuni, un filosofo che non ha risposte preconfezionate e non ha soluzioni facili, non ha strategie vincenti, [altre pratiche oggi magari alla moda che promettono di diventare forti, belli, aggressivi, vincenti, venditori, ecc. in quattro lezioni…] ma una attitudine interrogativa attraverso la quale provare a vivere diversamente l’esistenza.

 

 

domenica 8 gennaio 2023

Immaginare il futuro: Andrea Iacona, L’enigma del futuro

 

Andrea Iacona, L’enigma del futuro, (2019)

 


Passato e futuro si somigliano ma sono ontologicamente diversi. Sia dal punto di vista logico che da quello metafisico.  

LOGICA

I futuri contingenti sono affermazioni sul futuro probabilmente vere ma non necessariamente vere. (vs le verità necessarie => 2+2=4)

Ciò che è in questione è proprio la questione della verità o falsità dell’enunciato (non della conoscenza degli eventi).

Per studiare i futuri contingenti bisogna partire dai tre principi logici fondamentali:

1. BIVALENZA => un enunciato o è vero o è falso

2. TERZO ESCLUSO => p o non-p

3. FATALISMO => È necessario che p o è impossibile che p => niente è contingente => negazione del libero arbitrio. (Aristotele per questo nega il fatalismo).

Se la verità di un enunciato è la corrispondenza, gli enunciati sul futuro basano la loro veracità su dati attuali: lo spazio della possibilità è determinato dallo stato attuale delle cose.

 Critiche: Lukasiewicz rifiuta la bivalenza e le oppone la trivalenza, questo modifica la veridicità degli enunciati che riguardano il futuro: ogni enunciato può essere vero / falso/ indeterminato => es.: domani scoppierà la III Guerra Mondiale  => è indeterminato perché basato su quello che accadrà domani, ma esistono solo i fatti presenti e dunque non c’è nulla che possa renderlo vero o falso.

Tesi dell’indeterminatezza del futuro vs determinismo teologico   vs determinismo causale.

 Tuttavia esistono dei futuri contingenti verosimili: es. “domattina il sole sorgerà”, qui sull’indeterminazione prevale la possibilità desumibile dalla serie storica (è sempre accaduto prima).

 METAFISICA

- Presentismo

- Immanentismo (o incrementismo)

- decrementismo (o erosionismo)

- eternismo

 Cosa c’è davanti a noi? Tre possibili punti di vista:

a) Il futuro non esiste – Tesi del Nulla  => ciò che accadrà esisterà solo quando accadrà.

b) ci sono tanti futuri => Tesi dei Molti => molti rami, tutti esistenti, tutti reali (o almeno tutti hanno lo stesso livello di esistenza e di realtà)

c) C’è un solo futuro => Tesi dell’Uno. 

 

 


 

mercoledì 4 gennaio 2023

Immaginare il futuro: Cristina Pozzi – Andrea Dusi, After. Il mondo che ci attende


Cristina Pozzi – Andrea Dusi, After. Il mondo che ci attende  (2021)

Come possiamo leggere il futuro ora che le grandi ideologie non ci possono più aiutare? Gli autori indicano le possibili fonti di una scienza del tempo Futuro:

- i TREND => tendenze presenti n uno specifico settore in un contesto ordinario

- i MEGATREND => tendenze su ampia scala prodotto delle combinazione tra più fattori

- le WILD CARD => eventi poco probabili che possono avere un grande impatto (eruzioni, cure innovative, rivoluzioni…)

- i SEGNALI DEBOLI => segnali che di solito restano inosservati, rumore di fondo, ma che se visti sotto un’altra luce o connessi con altri possono dare vita a cambiamenti potenziali.

Il grande passaggio di paradigma è avvenuto all’inizio del XX secolo, quando si è passati infatti dal determinismo al probabilismo, e si è cominciato a parlare del dualismo dei paradigmi: quello relativistico per il mondo fisico degli oggetti e quello quantistico per il mondo subatomico.

La rivoluzione digitale si inserisce nella dimensione probabilistica.

La prevedibilità degli eventi secondo metafore: il Covid 19 è un cigno nero (=> evento altamente improbabile ma di grande impatto) o un rinoceronte grigio (minaccia altamente probabile e di grande impatto ma trascurata dall’osservatore)?

È chiaro che il Covid 19 appartiene più al modello del rinoceronte grigio: l’umanità ha già visto in passato altre epidemie, il tipo di virus è conosciuto, l’epidemia di Sars è l’antefatto, ecc.

Rinoceronte grigio è piuttosto il cambiamento climatico, il livello di debito delle nazioni, i mutamenti nel mondo del lavoro per via delle nuove tecnologie, la disoccupazione giovanile, le disparità sociali.

Molti eventi catastrofici dimostrano che in un mondo dominato dall’incertezza bisogna prepararsi a ogni eventualità.

Vi sono poi le meduse nere => piccoli eventi che possono avere impatto enorme per un effetto di escalation. Sono eventi difficili da prevedere, inseriti in un sistema delicatissimo (come le meduse sono inserite nel sistema marino, temperatura, acidità, correnti, ecc.).

 

Emerge la complessità dei contesti. Oggi viviamo in un contesto di tipologia VUCA (=> Volatilità – Incertezza – Complessità – Ambiguità) (termine di origine militare: indica il mondo dopo la Guerra Fredda).

Volatilità => eventi imprevisti e non definitivi

Il modello VUCA => incrocio tra il grado di precisione con cui possiamo prevedere gli effetti delle nostre azioni e la quantità di informazioni a disposizione.

Il quadro VUCA:

 

SO DI NON SAPERE

Complesso

=> pratiche emergenti

SO DI SAPERE

Complicato

=> buone pratiche

NON SO DI NON SAPERE

Caotico

=> nuove pratiche

NON SO DI SAPERE

Ovvio

=> migliori pratiche utilizzate in passato

 

In un mondo dominato dalla complessità è necessario un sistema di gestione adeguato.

 

Il Covid 19 come punto di crisi: come si ci si riprende da una crisi? Tre possibili uscite:

a) ripristino dello status quo ante

b) regressione o distruzione

c) elaborazione di nuove soluzioni (nuovi paradigmi)

 

Per approcciarsi allo sviluppo dopo la crisi abbiamo tre metodi:

- probabilistico  (classico, newtoniano, debole perché basato sui fenomeni passati)

- possibilistico   (aprire scenari, anche con l’uso della fantasia e della creatività)

- costruttivistico   (il futuro costruito giorno per giorno, segue la logica dell’adattamento degli organismi).

La pandemia ha dimostrato con chiarezza che l’umanità è legata da una Comunità di Destino, nel bene e nel male, ma la reazione è stata quella delle logiche individualistiche e nazionalistiche.

Mentre il nuovo paradigma dovrebbe essere quello del solidarismo (cfr. Morin) che è il più vantaggioso anche da un punto di vista evoluzionistico (=> sopravvivono le specie più in grado di collaborare in reti flessibili e quindi resilienti).

Quali saranno le conseguenze dell’epidemia di Covid 19 sul futuro?

Per natura, ci insegna la storia, tutte le pandemie sono divisive e traumatiche. In particolare quella da Covid 19 ha rimesso in discussione il futuro della globalizzazione, soppiantato da una tendenza al bipolarismo (Usa – Cina) e l’assenza di un Governance globale efficace.


 

lunedì 2 gennaio 2023

immaginare il futuro: Jennifer Gidley, Il futuro. Una breve introduzione

 

Jennifer Gidley, Il futuro. Una breve introduzione (2017)

 


Secondo la futurologa Jennifer Gidley bisogna parlare di Futuro al plurale: da un lato i Futuri Possibili, cioè quelli che immaginiamo, dall’altro e quelli delle certezze quotidiane (il sorgere e il calare del sole per esempio, il susseguirsi delle stagioni, ecc.). La vita di tutti i giorni implica una specie di capacità previsionale quotidiana.

Ora si tratta di esaminare il Futuro dalla prospettiva, ampiamente condivisa, ma ovviamente non esclusiva, di quello che viene in gergo chiamato VUCA: il Futuro come fenomeno Volatile, Incerto (Uncertain in inglese), Complesso, Ambiguo.

Da questa prospettiva partono oggi i Future Studies. Ma cosa sono? Secondo la definizione: “un settore di ricerca accademico interdisciplinare che combina educazione, filosofia, sociologia, storia, psicologia e teoria economica con le osservazioni tratte dalla vita reale per proporre, a beneficio della società, non solo uno ma molteplici futuri.” (p.22)

L’idea del futuro è legata alla nozione classica di Utopia che però ha una complessa evoluzione nel tempo: essa infatti indica dapprima un luogo diverso nello stesso tempo (utopia classica) per poi riferirsi allo stesso luogo in un tempo diverso (le distopie) oppure un tempo diverso (futuro) in un luogo diverso( spazio esterno) (è il caso di molta fantascienza).

L’idea del Futuro come tempo a venire nasce circa 2500 anni fa contestualmente alla nascita della Filosofia e dell’idea del tempo lineare contrapposto al tempo ciclico della mitologia che a sua volta nasceva dall’influenza del tempo delle stagioni e del mondo agricolo.

Più o meno nello stesso momento nascono anche i calendari (Persiano, Cinese, Maya…).

In questo contesto si sviluppa la tradizione relativa alla previsione del Futuro: profeti nel mondo ebraico, sibille nel mondo greco, sciamani cinesi, sciamani vichinghi, ma anche i Tarocchi nel medioevo (appaiono in Francia nel XV secolo).

Per influsso del cristianesimo la pratica di previsione del futuro si indebolisce: gli eventi storici sono parte del piano provvidenziale di dio che l’uomo non è tenuto a conoscere salvo che per il suo esito finale apocalittico.

Si sviluppa però l’Utopismo che riprende Platone (La Repubblica) e Virgilio (4a Egloga). E poi Agostino e il De Civitate Dei (V secolo) che progetta il futuro di una società dominata dall’amore. Tendenze che verranno riprese da Gioacchino da Fiore con la sua profezia delle tre ere della Terra (1260) e Ruggero Bacone nell’Epistola de Secretis Operibus ( 1292). Nel Rinascimento troviamo Tommaso Moro, le Profezie di Nostradamnus (1555), Tommaso Campanella, Bacone e la nuova Atlantide (1627).

Le scoperte scientifiche dell’età moderna (Copernico, Keplero, Galileo) sono il terreno da cui ha inizio la narrazione fantascientifica:

- Francis Godwin, The man in the moon (1638)

- Robert Boyle, la lista dei desideri di Boyle (1662)

- G. Leibniz, Sull’origine radicale delle cose (1697)

- Fontenelles, Entretiens sur la pluralité des mondes (1686)

- Louis-Sebastien Mercier, L’anno 2440 (1771)

Si noti che il primo pallone aerostatico vola su Parigi nel 1783, da qui si sviluppa il nuovo immaginario rispetto alla possibilità per l’uomo di volare.

All’inizio dell’800 emerge un nuovo genere apocalittico distopico centrato sulla metafora dell’ultimo uomo (Grainville, Le dermier homme ,1805 – M. Shelley, The Last Man).

Nel 1848 viene pubblicato Il Manifesto del Partito Comunista di Marx che espone un paradosso: la critica all’utopismo (in nome di un atteggiamento scientifico) e l’elaborazione di una utopia di fatto.

Nasce la fantascienza vera e propria. Questi i precursori:

Verne, Ventimila leghe sotto i mari (1870)

G. Tomkyns Chesnery, La battaglia di Dorking (1871)

E. Bulwer-Lytton, La razza ventura (1871)

A fine secolo appare H.G.Wells.

La fantascienza del tecno-ottimismo si sviluppa pienamente dal 1890 al 1914. La Prima Guerra Mondiale cambia le cose. Nasce la distopia.

Dopo la Seconda guerra si sviluppano i primi studi previsionali. Nel 1945 nasce la RAND Corporation voluta dal presidente Hoover, un Think Tank (fondata su metodi matematici – Teoria dei giochi – e sull’uso del computer volta a sostenere gli sforzi bellici degli USA.

Da un punto di vista filosofico possiamo dire che la previsione come concetto nasce con il positivismo e la convinzione di un “futuro prevedibile” in base a valutazioni scientifiche. Si basa all’inizio su modelli empirici, ma poi col tempo si serve di matematica, modellazione, simulazione, teoria dei giochi. 

Alcuni riferimenti basilari:  L’arte della previsione di de Jouvenel (1964).

World Future Society (1966): creazione di metodi predittivi per scopi non militari.

Prima Conferenza Internazionale di ricerca sul futuro, Mankind 2000 (Oslo 1967), nella quale si offre una definizione del potere in questi termini: chi possiede conoscenze sul futuro controlla anche parte del presente.

Tutto però si gioca sulla possibile distinzione / passaggio da un futuro singolare a un futuro plurale. (cfr. De Jouvenel, I futuribili).

Un esempio della pluralità dei futuri: futuro probabile, futuro possibile o alternativo, futuro preferito o normativo, futuro prospettico, futuro integrale.

Secondo un altro approccio è preferibile distinguere tre futuri, esemplificati da una frase tipica:

1. futuri empirici: “qualcosa sta cambiando”

2. Futuri visionari o utopici: “qualcosa deve essere cambiato”

3. Futuri progettuali: “qualcosa può essere cambiato”.

Comunque l’A. mette in evidenza un

> Futuro umano centrico basato sulla visione degli esseri umani quali attori di un cambiamento equo, consapevole, pacifico, responsabile;

> contrapposto a un Futuro tecno – utopico disumanizzante, scientifico, visione cibernetica e transumanista.

Questa contrapposizione ha avuto inizio dall’età illuministica (Condorcet, La Mettrie, Turgot)

La riflessione sul futuro è strettamente legata alla visione lineare del tempo che risale a 2500 anni fa a partire dalla cultura greca. Poi precisata nel corso della modernità (il tempo misurato) e nelle rivoluzione industriale (il tempo di fabbrica).

Questo modello rigido e prevedibile del tempo comincia a sgretolarsi con la filosofia del ‘900 e insieme  Einstein e la meccanica quantistica.

Husserl: tempo soggettivo VS tempo oggettivo (tempo esistenziale); Whitehead: tempo nella teoria del processo; Bergson: tempo come durata (flusso di coscienza).

Quel che è certo è che il Futuro, comunque lo sai intenda, ci pone di fronte alcune sfide globali. Che gli studiosi chiamano Megatrends:

- sviluppo sostenibile e inquinamento

- cambiamento climatico

- crescita della popolazione

- divario di risorse tra ricchi e poveri

- etica globale, criminalità organizzata transnazionale

- gestione dell’informazione.

La vastissima carrellata di opere associabili al dominio dei Futures Studies si conclude con una definizione molto interessante:

“I Futures Studies sono l’arte e la scienza di assumersi la responsabilità delle conseguenze a lungo termine delle nostre decisioni e delle nostre azioni di oggi.” (155).

domenica 1 gennaio 2023

Letture filosofiche: Bruno Latour, Dove sono?

 Il 2022 è stato un anno pessimo sotto molti punti di vista ma ci ha regalato qualche lettura meritevole di attenzione. Per esempio questo bel saggio di Bruno Latour, Dove sono? Lezioni di filosofia per un pianeta che cambia (2022, edito da Einaudi). 

La vicenda globale del lockdown, in quanto esperienza limite della socialità contemporanea, ha inevitabilmente prodotto una marea di riflessioni più o meno filosofiche, per lo più centrate su un ingenuo e superficiale concetto di libertà, e in qulche caso ha ispirato isterismi di bassa lega e cretinerie mediatiche molto amplificate ma poco interessanti. Tra le meritevoli eccezioni va collocato di sicuro questo saggio del noto filosofo francese Bruno Latour. Egli infatti, muovendo proprio dall'esperienza dell'isolamento forzato e intrecciandolo con la metafora letteraria della metamorfosi di Kafka, riesce a far emergere alcune riflessioni davvero innovative e stimolanti.  Non è facile riassumerle, ma proverò a sottolineare qualche spunto particolarmente suggestivo. 

L'autore indica la via del superamento del concetto di Ambiente e di Natura: perchè presuppongono un soggetto diverso che vi si contrappone secondo la tradizione della dialettica di soggetto e oggetto. Invece ormai è evidente, anche dalle scoperrte della scienza, la coappartenenza dell'uomo alla Terra o a Gaia. Bisogna allora cominciare a parlare di fine del naturalismo e dell'antropocentrismo. 

Per l'uomo non c'è niente di "naturale" su Terra. E' lo spazio che l'uomo stesso ha creato, come l'insetto crea il proprio mondo sottoterra o nel legno. 

"Terra è il termine che comprende tutti gli agenti ma anche l'effetto delle loro azioni" (p. 33). L'uomo è il terrestre in questo senso. 

La pandemia ci ha fatto capire proprio questo: che l'individuo separato è un'illusione (cfr. p. 82).

Nemmeno il corpo fisico indica una individualità chiusa. Perchè l'individuo corpo deve essere pensato come OLOBIONTE: 

"Maschi e femmine, siamo tutti corpi generati e mortali che devono le proprie condizioni di abitabilità ad altri corpi generati e mortali di ogni dimensione e ascendenza." (p. 118)

"Gli olobionti non possono mai definirsi tramite un'identità, dal momento che dipendono da tutti gloi altri per avere un'identità." (p. 131)

Latour ricorda infine molto opportunamente la sua esperienza di laboratorio (potremmo chiamarla di Pratica Filosofica) nella quale prova a percorrere queste riflessioni intorno al vivente, al suo spazio, al suo mondo, attraverso azioni, performance, workshop op
erativi.

 


 

 

sabato 31 dicembre 2022

Letture: Wu Ming, UFO 78

Ufo 78 - Wu Ming - copertina 

Il collettivo Wu Ming ci ha abituato in questi anni a romanzi corali di ampio respiro e spesso molto accattivanti. Anche in questo caso non si smentisce, UFO 78  (2022, edito da Einaudi) ci offre un formidabile affresco degli anni '70. Per chi come me li ha vissuti, anche se da adolescente, fa un certo effetto ritrovare eventi, il rapimento Moro prima di tutto, politici, situazioni, musiche, personaggi che hanno segnato un'epoca e la vita di tanta gente nel nostro paese. 

Tuttavia, al di là di questo affresco ambientale molto ben riuscito, la caratteristica del romanzo è un'altra.  Fin dal titolo, infatti, l'attenzione del lettore è catturata dalle vicende, per lo più inventate, di uno scrittore di fantarcheologia, uno di quelli che parla dei segreti delle piramidi, della presenza degli alieni in tempi antichi, e che mescola fantasie e dati reali per catturare l'attenzione del pubblico, ma accanto a questo personaggio appaiono nel romanzo schiere di ufologi, ufofili, cercatori di oggetti volanti non identificati, una delle passioni degli anni '70. Qui allora si comincia a perdere contatto con la realtà, queste figure infatti sono frutto della fantasia degli autori che mescolano sapientemente uno sfondo storico molto accurato con invenzioni pure e semplici che però inserite in quel contesto costringono il lettore a chiedersi continuamente, ma è veramente successo? Esisteva davvero questo gruppo? Una finta bibliografia finale sostiene la finzione e la rende indecidibile. 

C'è un terzo filone narrativo da segnalare quello che riguarda la nascita della prima comunità di recupero per tossicodipendenti,  anche qui descritta con molto realismo pur essendo frutto dell'inventiva di Wu Ming. 

E infine devo parlare della vera e propria trama del romanzo, ma come si sarà capito, si tratta del lato più debole della narrazione, c'è infatti sullo sfondo una vicenda di cronaca nera: la scomparsa di due ragazzi sul monte Quarzerone, mistero che il protagonista Martin Zanka ( per i meno giovani: evidente il riferimento a Peter Kolosimo) cercherà di risolvere, e che si rivelerà essere un tassello di una ben più articolata vicenda politica che vede implicati terroristi neri e depositi di armi. 

Se dovessi dare un giudizio complessivo sul romanzo, dovrei distinguere tra la parte  dell'ambientazione, davvero coinvolgente, soprattutto per chi la vissuta, e la parte diciamo così del giallo, piuttosto debole e scontata.  Nel complesso è sicuramente un bel libro che merita di essere letto, purchè non ci si aspetti molto dall'intreccio e ci si goda semplicemente questa immersione totale negli anni '70, un decennio di svolta per la storia del nostro Paese.

venerdì 23 dicembre 2022

Novità per il 2023

Cari amici, da Gennaio 2023 tutte le mie attività su blog saranno concentrate qui. Saranno chiusi i Blog "Il quotidiano in figura", "Distopia critica", "Immaginare il futuro", e i relativi post compariranno su queste pagine.  


martedì 30 agosto 2022

LETTURE, RILETTURE E SCOPERTE Althusser, Filosofia per non filosofi

 Louis Althusser, Filosofia per non filosofi, Dedalo 2015, pp. 246


Il libro, uscito postumo,  risale agli anni '70 e si sente nel tono generale e in una certa ostinazione a voler risolvere i problemi teorici di un marxismo in crisi, rispetto al quale per altro, Althusser risulta un eretico. Tuttavia l'autore è profondo e la sua scrittura ha il pregio di una coerenza estrema amplificata dal desiderio di chiarezza che caratterizza un testo rivolto, come dice il titolo, al "non filosofo". 

Per quanto le problematiche della lotta di classe e dei conflitti ideologici appaiano oggi ferri vecchi del pensiero, il volume di Althusser ha il merito di pensare in profondità il tema delle pratiche (produttiva, scientifica, politica, psicoanalitica, artistica, filosofica) riconducendole ad una contrapposizione storica essenziale, quella tra idealismo e materialismo. Ma i due termini non sono ridotti alle formule superificiali spesso in voga quanto piuttosto riferiscono alla capacità o meno dei sistemi ideali di tradursi in pratiche sociali. 

Mi preme chiarire: non faccio uso di questa terminologia, ma quando parlo di filosofia del quotidiano penso proprio a ciò che Althusser chiamerebbe filosofia materialistica.

"Ciò che la pratica filosofica trasforma sono le ideologie sotto le quali le differenti pratiche sociali producono i loro effetti specifici." (195) E' sufficiente una affermazione come questa per comprendere il tipo di riflessione cui il testo ci chiama. 

Un libro da leggere e da meditare.