Da sempre il mondo delle emozioni è stato contrapposto a quello della ragione, e da sempre la filosofia è stata considerata incapace di occuparsene. In realtà Galimberti con questo suo saggio ci dimostra che non è affatto così, il filosofo può occuparsi delle emozioni e può anzi partire da esse per aprirsi allo spazio di considerazioni importanti sul'esistenza e sul nostro modo di rapportarci al mondo.
Galimberti ci offre innanzi tutto una definizione precisa: "L'emozione è una reazione affettiva intensa con insorgenza acuta e di breve durata, determinata da uno stimolo ambientale come può essere un pericolo, o mentale come può essere un ricordo." (p. 21)
Secondo Galimberti esistono due modi per pensare le emozioni: il modo platonico che parte dalla netta distinzione corpo/anima e secondo il quale le emozioni appartengono al corpo e sono inferiori alla ragione che appartiene all'anima, esemplare in questo senso è il mito dell'auriga; il modo fenomenologico, secondo il quale le emozioni si descrivono e appartengono al cospo ma non contrapposto all'anima, bensì nel suo rapporto con il mondo.
Le emozioni (es. paura e desiderio) hanno guidato l'evoluzione dell'essere umano fino alla comparsa della mente razionale. Tuttavia "le emozioni, lungi dall'essere un disordine che altera i processi cognitivi, sono a tutti gli effetti dei veri e propri nessi tra la natura (espressa dalla biologia) e la cultura (espressa dal pensiero, dall'immaginazione e dal linguaggio)." (p. 63)
La seconda parte del saggio è tutta dedicata al ruolo delle emozioni nella società contemporanea. Ecco allora che l'autore affronta il tema della ossessiva esposizione della propria intimità che caratterizza il nostro tempo. Per occuparsi poi degli effetti perversi del cellulare sui nostri comportamenti affettivi. Delle distorsioni affettive determinate dal diffondersi di siti di incontri in Internet. Delle conseguenze della straripante presenza della rete nella vita di oggi, cosiderando che essa non è un mezzo, come talvolta si ritiene, ma un mondo al quale si appartiene o dal quale si è esclusi.
Galimberti insiste molto sul fatto che la rete modifica il nostro modo di pensare e di sentire, perchè de-realizza la realtà e ci spinge alla de-socializzazione.
Conclude la sua ricerca soffermandosi a lungo sul tema della scuola e sull'esigenza che essa curi l'intelligenza emotiva dei ragazzi, lavorando sull'educazione alle emozioni e ai sentimenti.
Anche se non sempre ci si sente d'accordo con le conclusioni, sempre piuttosto radicali dell'autore, non c'è dubbio che il libro si propone come un importante tassello di quella filosofia del quotidiano che a mio modo di vedere è la sola possibilità di sopravvivenza per la disciplina filosofica del terzo millennio.
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