A cura di Stefano Zampieri - Consulente Filosofico

giovedì 4 maggio 2023

Letture: La ripetizione di Soren Kirkegaard (1843)

 


La ripetizione
di Soren Kierkegaard è un esempio molto evidente di come sia difficile operare una distinzione rigida tra il testo narrativo e il testo o filosofico perché in realtà si tratta di un racconto e allo stesso tempo di una riflessione di carattere strettamente filosofico.

Il protagonista, che in questo caso ha il nome di Costantin Costantius, il solito alter ego dello scrittore, racconta un viaggio a Berlino l'incontro con un amico senza nome e le travagliate vicende di un amore sfortunato ma l'intera narrazione serve a riflettere intorno ad un concetto per nulla semplice che è quello della ripetizione, concetto che Kierkegaard contrappone a quello del ricordo: “Ripetizione e ricordo sono lo stesso movimento, tranne che in senso opposto (…) la ripetizione, qualora sia possibile, rende felici, mentre il ricordo rende infelici (…) l’unico amore felice è quello della ripetizione (…) la ripetizione è il pane quotidiano che nutre in abbondanza".

 

 Che cosa può ricavare un lettore del Terzo Millennio dal confronto con un'opera come questa? Sicuramente la prima osservazione che mi nasce spontanea dalla lettura di queste pagine è che la filosofia, e qui ne abbiamo una prova, nasce dalla quotidianità e la scrittura di seguito. Si tratta cioè di un costante meta discorso filosofico di una messa in questione nella quale eventi della vita reale, l'innamoramento, l'abbandono, i dubbi sull'amore e tutto questo insieme di tematiche di pura, evidente, derivazione  romantica, vengono messi alla prova in un costante dialogo tra il protagonista, se stesso, l'amico senza nome e infatti qui l'esperienza è prima di tutto quella che nasce dall'incontro con l'amico, si tratta cioè quasi di una consulenza filosofica ante litteram.

L'autore mette alla prova l'idea della ripetizione ripetendo un periodo trascorso a Berlino cioè facendo esperienza, la quotidianità come messa alla prova della teoria. Siamo nel pieno della dissoluzione dell'amore romantico, una dissoluzione che viene nel campo della riflessione razionale. 

L'amore è la complessità irrisolvibile dei rapporti umani, ma allo stesso tempo è esperienza che dobbiamo sapere indagare, che dobbiamo sapere interrogare. Non è detto che da questa interrogazione scaturisca una risposta netta e definitiva Ma certamente l'interrogazione è in sé il fine di tutta la narrazione.

Probabilmente le ansie, le difficoltà, i tremori e i timori che Kierkegaard mette in scena in questa narrazione sono arcaici, sono ottocenteschi, sono assai distanti dalla nostra reale e attuale sensibilità. Ma certamente l'atteggiamento generale di messa in questione è proprio un esempio di quanto la consulenza filosofica sta cercando di proporre all'uomo del Terzo Millennio. Questo testo allora è una lettura che può essere recuperata in maniera utile e interessante anche per noi oggi.

 

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