PARTE PRIMA. Che cos’è la filosofia
1. IL DISCORSO FILOSOFICO
Che cos’è la filosofia? Non è facile rispondere in modo adeguato a simile domanda che, in fondo, è una di quelle che i filosofi da sempre si pongono. Tuttavia è possibile fissare qualche punto di riferimento e chiarire qualche malinteso. Non si deve pensare, infatti, che la filosofia sia solo la sua storia, cioè quella che si insegna a scuola, naturalmente è anche questo, ma se vogliamo trovare, le condizioni generali per cui un discorso può essere definito “filosofico”, allora abbiamo due possibilità, entrambe sono necessarie.
Prima di tutto il discorso filosofico (così come accade per il discorso scientifico, quello poetico, quello romanzesco, ecc.) è quel tipo di discorso che si fonda sulla tradizione di un certo numero di opere che tiene ferme come punti di riferimento, come modelli di linguaggio, come repertorio di locuzioni e di figure, come vocabolario. In questo senso dovrebbe essere intesa la nota battuta di Alfred North Whitehead (1861-1947) secondo cui tutta la storia della filosofia occidentale non sarebbe che una serie di note a margine all’opera di Platone. C’è qualcosa di vero, la filosofia è prima di tutto il riferimento a un canone di opere e di autori che costituisce il suo campo, anche se l’attribuzione è sempre stata molto complessa; i limiti di questo campo, infatti, appaiono assai confusi, talvolta debordando nella direzione della letteratura e della poesia, altre volte verso quella della teologia o della scienza.
L’altra possibilità è quella di pensare al gesto del fare filosofia. Gli antichi, com’è noto, dicevano che la filosofia nasce dalla meraviglia, questo è l’atteggiamento originario contenuto tanto nelle parole di Platone, secondo cui “è proprio del filosofo questo che tu provi, di essere pieno di meraviglia, né altro cominciamento ha il filosofare che questo”, così come è proprio delle parole di Aristotele quando ribadisce che “gli uomini hanno cominciato a filosofare, ora come in origine, a causa della meraviglia”.
La meraviglia è ciò che strappa le cose, gli eventi, i rapporti, dallo stato dell’indifferenza in cui sfuggono e scompaiono e li tiene invece saldamente presenti con la forza dell’interrogazione.
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