Nella meritoria collana «Il senso della vita», appare la ristampa di questo bel libro del grande sinologo Francois Jullien, già tradotto in Italia da Laterza nel 2021.
Va detto subito: la prosa di Jullien non è semplice né accomodante,tuttavia il testo è ricco di fascino. Il filosofo francese parte da una notissima affermazione di Adorno, secondo il quale non sarebbe possibile la vita vera nella falsa, e contrappone, appunto la vita che viviamo, dominio dell’apparenza, simulacro, pseudo-vita, inaridita e conformista, alla cosiddetta vita vera, anche se bisogna chiarire bene cosa si intenda con questa espressione. Innanzi tutto parliamo del vivere prima che della vita, quest’ultimo infatti è il concetto caro alla filosofia, mentre il verbo indica la singolarità ambigua e contraddittoria di cui si occupa di solito la religione o il romanzo.
La vera vita non è la vita ideale, ma quella nascosta nella vita banale, nella pseudo-vita, e al contempo è quell’atteggiamento che ci consente di smascherare la pseudo-vita.
Se vi sono due vite non dipendono né da una previsione né da una scelta. Non si tratta di convertirsi a un’altra vita ma di vedere l’inadeguatezza di quella che si vive.
Platone ha cristallizzato le due vite evidenziando per primo la vera vita (alethes bios): per tirarsi fuori da quella ordinaria bisogna fare astrazione, assimilarsi al divino.
La contraddizione è invece nella vita stessa, e per indicarla Jullien usa la formula: “La vita non vive”, (la vita concetto cioè si contrappone alla vita verbo, vivere).
La vera vita non è mossa da una realtà esterna, non è la verità della vita e sulla vita.
L’esistenza umana è continua ricerca della vera vita.
La vita perduta è la vita sciupata e alienata, cioè degradata: nasce da un occultamento che fa perdere di vista la vita vera.
Non si può imparare a vivere, si può solo tentare di vivere.
Pensare e vivere si alternano e si oppongono, ma c’è un punto in cui si incontrano (e ciò rende possibile la pratica filosofica): pensare significa infatti opporsi tramite il lavoro del pensiero all’impensato come il vivere si oppone alla non vita.
Tentare di vivere richiede infatti, allo stesso tempo il tentare di pensare: cioè arrivare al limite del possibile, fare esperienza dello s-confinamento, sopravvivere, cioè resistere alla non vita.
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