A cura di Stefano Zampieri - Consulente Filosofico

giovedì 6 luglio 2023

LETTURE La vera vita di Francois Jullien



Nella meritoria collana «Il senso della vita», appare la ristampa di questo bel libro del grande sinologo Francois Jullien, già tradotto in Italia da Laterza nel  2021.

Va detto subito: la prosa di Jullien non è semplice né accomodante,tuttavia il testo è ricco di fascino. Il filosofo francese parte da una notissima affermazione di Adorno, secondo il quale non sarebbe possibile la vita vera nella falsa, e contrappone, appunto la vita che viviamo, dominio dell’apparenza, simulacro, pseudo-vita, inaridita e conformista, alla cosiddetta vita vera, anche se bisogna chiarire bene cosa si intenda con questa espressione. Innanzi tutto parliamo del vivere prima che della vita, quest’ultimo infatti è il concetto caro alla filosofia, mentre il verbo indica la singolarità ambigua e contraddittoria di cui si occupa di solito la religione o il romanzo.

La vera vita non è la vita ideale, ma quella nascosta nella vita banale, nella pseudo-vita, e al contempo è quell’atteggiamento che ci consente di smascherare la pseudo-vita.

Se vi sono due vite non dipendono né da una previsione né da una scelta. Non si tratta di convertirsi a un’altra vita ma di vedere l’inadeguatezza di quella che si vive.

Platone ha cristallizzato le due vite evidenziando per primo la vera vita (alethes bios): per tirarsi fuori da quella ordinaria bisogna fare astrazione, assimilarsi al divino.

La contraddizione è invece nella vita stessa, e per indicarla Jullien usa la formula: “La vita non vive”, (la vita concetto cioè si contrappone alla vita verbo, vivere).

La vera vita non è mossa da una realtà esterna, non è la verità della vita e sulla vita.

L’esistenza umana è continua ricerca della vera vita.

La vita perduta è la vita sciupata e alienata, cioè degradata: nasce da un occultamento che fa perdere di vista la vita vera.

Non si può imparare a vivere, si può solo tentare di vivere.

Pensare e vivere si alternano e si oppongono, ma c’è un punto in cui si incontrano (e ciò rende possibile la pratica filosofica): pensare significa infatti opporsi tramite il lavoro del pensiero all’impensato come il vivere si oppone alla non vita.

Tentare di vivere richiede infatti, allo stesso tempo il tentare di pensare: cioè arrivare al limite del possibile, fare esperienza dello s-confinamento, sopravvivere, cioè resistere alla  non vita.

 

 

 

 

 

 

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