A cura di Stefano Zampieri - Consulente Filosofico

giovedì 16 febbraio 2023

Letture: Arthur C. Clarke, Le sabbie di Marte

 


Pubblicato nel 1951, cioè ben dieci anni  prima di Jurij Gagarin, questo bellissimo romanzo di Clarke rappresenta una delle testimonianze più eminenti della cosiddetta fantascienza classica, non a caso fu usata in Italia per dare inizio alla gloriosa collana Urania.

La chiave del romanzo è certo racchiusa nella descrizione dei voli spaziali, della colonizzazione del pianeta Marte e del primo tentativo di “terraformazione”.

Il protagonista è uno scrittore e giornalista Martin Gibson, che inviato a partecipare per un reportage, al viaggio inaugurale dell'astronave "Ares" - prima nave di linea regolare fra la Terra e Marte, finisce per restare affascinato dal pianeta e da tutto ciò che vi si sta realizzando.

Marte si presenta in modo assai diverso da come le sonde ce lo hanno mostrato veramente in seguito, qui è un pianeta verde, anche se le piante sono molto particolare per via della mancanza di atmosfera, i coloni vivono sotto delle strutture protette, ma per uscire usano solo una maschera per l’ossigeno.

Gibson incontrerà tra gli altri un giovane simpatico che poi scoprirà essere suo figlio, e che rappresenta in un certo senso il futuro della colonia marziana.

La verosimiglianza di tutto l’apparato tecnologico raccontato in questo romanzo è semplicemente stupefacente e mostra benissimo l’attenzione che Clarke mette in tutte le sue opere alla dimensione tecnica e scientifica. D’altra parte sappiamo bene quanto egli rappresenti l’entusiasmo americano, li sogno della conquista pacifica e produttiva dell’universo compiuto nel nome di una scienza che in definitiva  sempre buona, sempre dalla parte del progresso e degli uomini.

Qui incontriamo un grande progetto chiamato Progetto Aurora che è niente meno che il tentativo di trasformare una delle lune di Marte in un piccolo sole artificiale (attraverso bombardamenti nucleari) in modo da modificare l’ambiente marziano, rendendo possibile la diffusione di piante in grado di produrre ossigeno dalle sabbie. L’esperimento riesce  così il pianeta si avvia ad una nuova vita, per i coloni che lo abitano ma anche per una piccolissima popolazione animale, una specie di canguri discretamente intelligenti e pacifici che il protagonista ha scoperto per caso. 

Lo sguardo di Clarke è costantemente rivolto verso un futuro possibile, di cui la fantascienza rappresenta solo l’anticipazione razionale. Non stupisce allora che  la narrazione avvenga con uno stile costantemente asciutto, descrittivo, realistico, senza troppi fronzoli, e sempre molto accattivante. Si tratta per l’autore di mostrare il possibile non di costruire mondi nuovi immaginari e strabilianti, ma piuttosto di mostrale quali possibilità cu riservano la tecnica e la scienza, se solo riservassimo loro tutta l’attenzione cui hanno diritto. È un mondo di scienziati quello di Clarke dove lo scrittore, ha in fondo il compito del cronista.

Oggi la fantascienza ottimistica e senza problemi di Clarke forse ha fatto il suo tempo, ma di sicuro resta inalterato il piacere della lettura che questo romanzo sa regalare al lettore.

 

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