A cura di Stefano Zampieri - Consulente Filosofico

lunedì 30 marzo 2020



3    ARIA




L’aria umida e pesante si infiltrava ovunque. Sospinta da un vento teso e ostinato, entrava in ogni spazio della città, premeva su porte e finestre, agitava gli alberi, scivolava sui tetti, circondava le auto parcheggiate, faceva vibrare i cartelli stradali.

Non c’era nessuno. Gli abitanti erano tutti barricati nelle loro case, intenti a respirare un’altra aria, un’aria del tutto diversa, sintetica, conservata preziosamente entro certi alti barattoli a cilindro, che il distributore lasciava fuori della porta di casa come un tempo si lasciavano le bottiglie del latte.

Aria buona, ma non la stessa per tutti. C’era chi poteva permettersi l’aria di alta montagna, l’aria himalaiana, chi quella delle colline, chi preferiva investire in un’aria leggermente profumata di zenzero e cannella, aria d’oriente, oppure gli intenditori si contendevano la gelida aria polare o quella calda e morbida polinesiana.

E c’era invece chi si doveva accontentare dell’aria della periferia, di quella dei capannoni industriali, degli avanzi delle arie già respirate dagli altri. Arie da pochi soldi, per la massa, per la genti di gusti grossolani. Quale che fosse, ognuno respirava la propria. Mentre fuori il vento venefico soffiava senza tregua, portando ovunque notizia di quel virus che tutti ormai avevano imparato a conoscere.


domenica 29 marzo 2020


2        LIBERTA’




L’agente disse: «Fermati, non puoi andare di là.»
Lui rispose: «Sono un uomo libero, vado dove mi pare.»
L’agente ribatté: «Siamo tutti uomini liberi, liberi di vivere, non di morire.»
Lui replicò: «E se io volessi essere libero di morire come e quando mi pare? Non è libertà anche questa?»
L’agente, pensieroso, obiettò: «Non si è mai liberi di morire. Morire si deve, non c’è alternativa, non c’è scelta. La scelta è vivere. Vivere è libertà.»
Lui, ostinato: «Ma che male ti faccio? Mica ti uccido io!»
L’agente: «No, ma mi dimostri che nella vita ognuno va per i fatti suoi, che andiamo tutti da un’altra parte. Mi stai mostrando che siamo disperatamente soli.»
Lui, incerto: «Perché non è così? Non siamo tutti disperatamente soli?»
L’agente, convinto: «No. Siamo liberi, proprio perché non siamo soli.»
Lui: «Torno a casa.»
L’agente: «Buona giornata.»


1    FINESTRA



D’improvviso si fermò tutto. Le auto furono abbandonate nei parcheggi e lasciate lì. Le bici restarono nei sottoscala. I negozi furono chiusi definitivamente, le attività produttive furono interrotte. Quel che si doveva fare sarebbe stato fatto in qualche posto lontano, in Africa, in Estremo Oriente, e portato nei magazzini locali e da questi con dei lunghi tubi sottili, tali e quali la rete della fibra, portati fin dentro ogni casa. Da quei tubicini sarebbe uscito, per ventiquattro ore al giorno, l’alimento necessario a ogni famiglia.

Ogni casa fu sigillata. Le finestre chiuse, le porte sbarrate. E tutti restarono stretti dentro la propria abitazione come api nelle celle. Dentro ogni casa le famiglie stavano protette. Nessuno correva pericolo. Certo, qualcuno ci moriva, qualcuno si sentiva male e doveva restare in casa a morire sotto gli occhi dei parenti. Ma in fondo per secoli si è morti in questo modo. Nulla di veramente nuovo, dunque.

In compenso, si risolveva, una volta per tutte, l’irritante questione dei contatti, delle relazioni, dei confronti, degli scontri. Una società pura, senza frizioni, senza alterazioni che venissero dal contatto degli uni con gli altri. Una società felice, fatta di individui e di celle, e per tutti, per ognuno, dentro casa, una sola finestra, ma non come quelle solite che ti fanno vedere solo una scena, un panorama, sempre lo stesso, una prospettiva, un profilo, un’immagine. No, una finestra speciale che mostra il mondo, il passato, il presente, il futuro, e tutto il bello e tutto il brutto della vita che si vive fuori. E che noi possiamo vedere solo da qui.