A cura di Stefano Zampieri - Consulente Filosofico

giovedì 29 novembre 2018

Verbi


In principio era il verbo si potrebbe dire, un po' ironicamente, per ricordare che il quotidiano è prima di tutto gesto, azione e quindi appunto si esprime nel verbo: camminare, mangiare, cantare, pensare, lavorare, abbracciare, lottare, ridere, piangere, sognare, eccetera. I verbi sono quelle parte del discorso attraverso cui raccontiamo la nostra esistenza, tanto gli eventi, quanto la quotidianità, ma a differenza dei sostantivi, i verbi dicono sempre un accadere, ed è questo che li rende così interessanti, perché la nostra esistenza è prima di tutto un continuo accadere, un movimento inarrestabile, una cascata di fatti, di movimenti, di avvenimenti.
Viviamo così, facendo, districandoci nel mondo, tirando fili di relazioni, spostandoci, cercando, masticando, respirando, …
Fateci caso, la metafisica ruota sempre intorno ai sostantivi, perché cerca di fissare essenze, di sottrarle al processo dell'esistenza, mentre la filosofia del quotidiano ha a cuore soprattutto i verbi che indicano il fare della vita reale.
Questo ritmo, che inaugura il giorno, questa ritualità, questo transito di gesti, è il tessuto su cui, di volta in volta, si esplica il nostro vivere quotidiano.
Lavarsi, far colazione, vestirsi, prepararsi ad uscire, andare al lavoro eccetera le banalità dell'esistenza, proprio esse sono il terreno solido della vita sono quel campo spazio temporale ove tutto accade.
Tutte le nostre riflessioni sul tempo dovrebbero essere viste a partire dalla natura reale, immediata, vissuta, di questo campo.
Il campo d'esistenza là dove accadono tutti i processi del nostro transito su questo mondo è qui, sotto la superficie leggera di questi gesti banali.

mercoledì 21 novembre 2018

Nostro conflitto quotidiano


Non bisogna pensare al quotidiano come ad una dimensione pacificata, abitudinaria, armonica, perché nel quotidiano c'è anche il conflitto. Viviamo implicati nei rapporti che ci legano al sistema della socialità, e gli intrecci non sono soltanto quelli degli affetti e degli amori, sono anche quelli vincolati alle relazioni di potere, e dunque determinati dalle tonalità dello scontro, dell'interesse, dello sfruttamento, quelli coinvolti dai fenomeni della giustizia e dell'ingiustizia.

Quotidiana è anche la tensione con i poteri altrui e l'esercizio dei poteri propri. La nostra quotidianità è anche un lavoro di assestamento dei ruoli che ci riguardano, e quindi di articolazione del conflitto che ci contrappone ad altri, al datore di lavoro alla gerarchia professionale cui sono legato, agli "altri" in senso generico e vago, quando il legame sociale sia corrotto da tensioni personali irrisolte.

giovedì 15 novembre 2018

Presenza


Qui, proprio ora. Adesso. In questo particolare campo di spazio tempo. In questo frangente in questo evento. Voglio dire: il quotidiano è prima di ogni cosa un qui e ora.
Certo anche nel quotidiano, viviamo gli sbilanciamenti, i movimenti della nostalgia, della colpa, del rimorso, della speranza, dell'attesa, del progetto, viviamo cioè tutto quel che per semplicità definiamo come ambito del passato e del futuro. Ma il punto di partenza, sempre, è un qui e ora. Perché è distintivo che il pensiero del quotidiano appaia collocato, c'è appunto emerso in un particolare spazio tempo, nel quale io che scrivo, io che racconto, io che penso, mi trovo appunto a pensare, o a parlare.
È da qui, da questa precisa prospettiva, da questa parte del mondo e della storia che io posso parlare e pensare così come faccio, così come rappresentato in queste righe. Il quotidiano è sempre situato perché è un gesto non simulato ma è accadimento, evento.

Il filosofico nel quotidiano è, dunque, prima di tutto presenza, cioè determinazione di un campo spazio temporale. Qui e ora.
Bisogna forzare la scrittura, perché essa è per sua natura lavoro di ripetizione, che spezza la linearità dell’hic et nunc e introduce piuttosto la ripetizione: ogni lettura è ripresentazione, momento che si replica. Non possiamo cambiare la natura stessa della scrittura, ma possiamo appunto "forzarla" o forse "provocarla", ad esempio fissando nero su bianco quel momento creativo: sono le 15:36 del 5 gennaio 2018 a Mestre. Questa indicazione, è ovvio, diventa ora che è stata scritta, un momento destinato a ripetersi, tuttavia si sforza provocatoriamente di fermarsi dentro quelle precise coordinate spazio temporali. Assomigliando in questo ad una fotografia, rappresentazione che appunto cerca di aggirare la ripetizione mostrandosi quale traccia di un determinato e irripetibile evento nello spazio e nel tempo.
So, sappiamo tutti benissimo, che al destino della scrittura non si sfugge, ma almeno abbiamo mostrato quel che il quotidiano esige da noi, cioè una presenza consapevole. Perché consapevole? Perché una presenza non consapevole sarebbe un assurdo. Se parliamo di presenza dobbiamo per forza parlare di consapevolezza, perché la consapevolezza della presenza è la presenza stessa. Una presenza inconsapevole non sarebbe diversa da un'assenza. Siamo presenti in un determinato campo dello spazio tempo solo se siamo consapevoli di essere presenti. La presenza è la consapevolezza della presenza.
"Ma lo sai dove ti trovi?" È quel che chiediamo a qualcuno quando vogliamo capire il suo stato di orientamento. E viceversa, "non so nemmeno dove mi trovo", è frase che dice piuttosto uno stato di confusione mentale, di disorientamento, di assenza appunto.

sabato 10 novembre 2018

Minimi sistemi


Il quotidiano è lo spazio dei minimi sistemi, qui le grandi narrazioni non hanno mai avuto luogo, qui le ideologie si sono sempre trasformate in opere, in conflitti, in sofferenze, in poteri, esercitati, subiti.
Nel quotidiano non vige l'utopia, non si realizza il sogno, ma si fa concreta ogni ipotesi, si manifesta ogni possibilità, e la teoria diventa pratica. Vige la regola dei minimi sistemi, le pratiche di vita si coagulano in stili, gesti, decisioni, discorsi, e laddove si vestano della necessaria coerenza, diventano stili di vita.
Il segreto della consulenza filosofica è tutto qui.