A cura di Stefano Zampieri - Consulente Filosofico

domenica 26 agosto 2018

Disabitare

Capita talvolta che un libro si imponga per la rilevanza delle tesi che sostiene, altre volte come in questo caso, il libro si fa notare piuttosto per il peso e l'urgenza delle questioni che pone, delle domande cioè cui dà luogo, e intorno alle quali prova  a pensare senza la pretesa di giungere a conclusioni assolute. Ma aprire questioni, individuare lati oscuri nei quali far luce, è il lavoro più affascinante della ricerca, soprattutto se questa si centra sulla materia dell'umano, di ciò che tutti noi siamo. 
In questo bellissimo testo, Matteo Meschiari, associato di Geografia all'Università di Palermo, si muove, ed è la prima delle qualità che devono essere sottolineate, in un campo ibrido, nel quale geografia, etnografia, filologia, antropologia, architettura, urbanistica, si confondono dimostrando, ma ormai non dovrebbe più essercene bisogno - che la vera ricerca nel campo umano non corrisponde in nessun modo alle suddivisioni disciplinari accademiche. Il tema di fondo è quello dell'abitare come suggerisce il sottotitolo, e quindi emergono insieme la figura fondamentale della casa e quella del paesaggio, e quella ovviamente del loro rapporto. Ma poi di seguito ci si deve interrogare sul dentro e sul fuori, sullo stare e sul partire, sul vedere e sul toccare,  sulle parole e sull'esperienza. Sullo sfondo c'è l'ipotesi "che lo spazio domestico necessiti di un ripensamento radicale"  e che dunque si possa mettere in questione il nostro modo attuale di vivere, perchè "la questione animale e ambientale (etica, economica, filosofica) comincia dalla casa di ciascuno", si tratta cioè di cominciare a far emergere un altro modo, un altro mondo, un altro abitare, un "disabitare" come suggerisce opportunamente il titolo. Ma serve ancora molto lavoro per articolare questa possibilità. Un lavoro collettivo di ripensamento delle strutture e dei termini della nostra vita di tutti i giorni. 

Matteo Meschiari
Disabitare, Antropologia dello spazio quotidiano
Milano, Meltemi, 2018
pp. 166 € 14

lunedì 13 agosto 2018

Gli occhi del bosco

Conosco Renato Pilutti da molti anni, so di lui la vasta erudizione, la passione teologica che si è materializzata in studi di ampio respiro, la determinazione del friulano avvezzo al lavoro. Ma questo libro, che mette insieme brevi saggi  e racconti autobiografici, mi ha colpito in modo particolare. Perchè vi ho ritrovato una incontenibile voglia di "fare filosofia" nella vita, ovvero di leggere giorno per giorno in una specie di diario gli eventi, le occasioni, i sentimenti, gli incontri trasfigurandoli in questioni filosofiche. In questo senso l'alternarsi di brevi saggi, di quadretti, di scene di vita quotidiana,  di ricordi personali, di confronti con la natura, in realtà rappresenta un continuum logico coerente, quello che si può realizzare in una personale interpretazione della vita filosofica. Ecco Pilutti mette in scena la sua idea di vita filosofica, il suo modo di affrontarla quotidianamente, cioè di interrogarsi sulle parole, sui concetti, sugli eventi, svariando dalla filosofia alla sociologia, alla nota di costume, al ricordo autobiografico. Senza che il passaggio da uno sguardo all'altro appaia mai incongruo, anzi, riuscendo nel difficile intento di delineare per il lettore un vero e proprio percorso di vita. Si può essere più o meno d'accordo sulle singole valutazioni che vi compaiono, sulle analisi che vengono effettuate, ma è davvero poco importante. Questo di Pilutti è un esempio del lavoro che tutti noi dovremmo fare quotidianamente se vogliamo vivere in modo filosofico, cioè senza mai rinunciare alla forza della interrogazione, della messa in questione della realtà circostante.   
E poi non posso negare che nelle sue parole vi ho ritrovato le tracce di una storia comune, di chi come lui, come me, nato in una famiglia di umili onesti lavoratori, si è costruito senza poter far tesoro degli agi e delle opportunità dei fortunati, ma potendo far conto solo sulle proprie energie, sul proprio coraggio, sulla propria voglia di non restare indietro.