A cura di Stefano Zampieri - Consulente Filosofico

lunedì 25 settembre 2023

LA FILOSOFIA SPIEGATA AI GIOVANI

 


6. SEI IMPLICATO

 

 

 

La formazione dell’identità personale è un fenomeno naturale, legato alla evoluzione biologica dell’individuo umano, ma accanto a questo c’è un fenomeno filosofico che non si esaurisce quando il bambino ha consapevolezza di se stesso, ma procede inesorabile per tutta la vita, che in fondo è proprio una continua ricerca di identità personale, secondo molte formule, secondo processi che mutano nel tempo. Tutti, comunque, muovono da una prima evidenza, quella che scopriamo da bambini, appunto, e poi ci portiamo dietro faticosamente per tutto il resto della nostra esistenza: sei un corpo, e la superficie delimitata di esso, gli arti, la pelle, costituisce il limite insuperabile della tua individualità: non puoi fonderti con un altro corpo e questa evidenza è il primo segnale della tua singolarità. Anche se c’è stato un momento in cui , anche fisicamente, eri preso in una condizione di due in uno, quando eri nel corpo di tua madre, prima di venire al mondo. E questa fondamentale eccezione è sufficiente per dire che nemmeno il limite del corpo è davvero prova assoluta di individualità.  Anche se, dopo la nascita, cioè dopo il taglio del cordone ombelicale, l’esperienza ci comunica che noi siamo, prima di tutto, il nostro corpo.

Tuttavia, questa evidenza, questa esperienza comune, non è sufficiente a garantirti  una identità personale compiuta, essa prova che sei uno, ma non dice chi sei. Quello devi scoprirlo tu.

 

lunedì 18 settembre 2023

LA FILOSOFIA SPIEGATA AI GIOVANI


5. SEI IN UNA RETE DI RELAZIONI

 

Ognuno di noi è e diviene le sue relazioni. È la cura attiva e passiva, è il nostro pathos, a consegnarci la nostra identità.

V. Mancuso, Questa vita (2015)

 

 

Sei relazione

Sei dipendente, sei esposto, sei in relazione. Tre formule per dire, in verità, la stessa condizione che ti appartiene in quanto, semplicemente, sei un essere umano. E in quanto tale, fin dal primo istante della tua esistenza c’è qualcosa che nessuno ti ha insegnato, che sai prima di sapere qualsiasi altra cosa, che immediatamente ti connota come quella creatura vivente che sei: respirare e nutrirsi.

Fin dal primo momenti, dal primo respiro, appunto, sei in connessione con il mondo, ciò che immediatamente ti contraddistingue in quanto essere vivente, leib, corpo vivo, è l’essere relazione con il mondo, l’aria, l’alimento, l’esterno che diventa interno, l’esterno senza il quale non sarebbe possibile alcun interno. Il corpo vivo dell’essere umano non ha mai la costituzione di una monade chiusa, ma ha fin dal principio la forma della spugna, di una struttura aperta, qualcosa che filtra ciò che proviene dal mondo e lo restituisce mutato, lo trasforma, lo rimette nel mondo sotto forma di sostanza di “scarto”, ove ciò che per te è solo residuo, per la natura stessa è nient’altro che un elemento che si mescolerà ad altri elementi per conservare vitale il Processo entro cui tutto si articola. Dice molto bene a questo proposito Vito Mancuso: “C’è un legame essenziale tra tutti i viventi nel grande ecosistema della vita. È la legge dell’interconnessione del tutto, della non-separabilità di tutte le cose e dell’interdipendenza che ne scaturisce”.

Ma tu sei relazione anche in altro senso, lo sei in quanto Cura, nel senso in cui Heidegger usa questo termine, cioè in quanto costitutivo prendersi cura del mondo e degli altri: non puoi non occuparti delle cose, non puoi non occuparti degli altri, nel bene e nel male, perfino odiando e distruggendo. Il sogno della solitudine assoluta è, appunto, soltanto un mito disumano, la realtà è che siamo noi stessi parte di questa relazione, non soggetti e oggetti che s’incontrano, ma parti che si completano.

 

domenica 17 settembre 2023

Letture: CHIARA VALERIO, La tecnologia è religione (2023)

 

La tecnologia è religione - Chiara Valerio - copertina 

Chiara Valerio è una simpatica intrattenitrice, di formazione una matematica ma ormai i suoi libri hanno poco a che fare con quella disciplina e quest’ultimo, La tecnologia è religione, edito da Einaudi, in particolare vaga piuttosto indeciso tra ricordi d’infanzia e considerazioni generali sulla scienza e la tecnica. Una tesi generale, per altro, secondo me, ampiamente condivisibile è facilmente sintetizzabile a partire dal titolo. Valerio distingue nettamente scienza e tecnologia e fa osservare che il nostro atteggiamento nei confronti della tecnologia è propriamente un atteggiamento religioso, di fede. Ci affidiamo ad essa, nella certezza che ci possa aiutare e nella assoluta ignoranza di tutti i meccanismi di funzionamento. Se il verbo della scienza è provare quello della tecnologia è credere, cioè il verbo della fede. Noi tutti diventiamo credenti quando schiacciamo i pulsanti di un telecomando e ci aspettiamo un effetto.

Il cellulare è un esempio supremo di questa tecnologia profondamente inserita nella nostra vita – non lo usiamo solo per scomunicare anche per informarci, per orientarci, per giocare, per lavorare, ecc. sostanzialmente ignari dei meccanismi di funzionamento, ma certi per fede che otterremo gli effetti previsti.

Detto questo però l’autrice si lascia prendere la mano e  immette nel testo una massa di altri elementi non sempre collegati logicamente, spesso per analogie e per semplice digressione toccando, per altro, temi delicati e controversi della filosofia contemporanea. Per esempio il cosiddetto teorema del peluche secondo il quale: è vivo ciò che sembra vivo, oppure in altra formulazione: è vivo tutto ciò che suscita in noi sentimenti di amore, consolazione, disapprovazione, odio. Scherzosamente l’autrice tocca così un tema assai complesso, quello della definizione del vivente. Questione certamente molto impegnativa rispetto alla quale però la lettura di queste pagine non sembra aggiungere niente di significativo.

Un appunto che potremmo fare all’autrice è che la distinzione tra scienza e tecnica, che è alla base delle sue riflessioni, non è affatto così netta: come fanno osservare molti studiosi, per esempio Galimberti, la scienza trova la sua ragion d’essere nella tecnica che ne rappresenta l’elemento finale, ma anche il motore propulsivo. Distinguere le due dimensioni, valutarne una positivamente e l’altra negativamente allora risulta improprio. E la pur condivisibile tesi di Chiara Valerio forse meriterebbe una discussione più ampia e più approfondita. Perché non c’è dubbio che la nostra vita ormai dipende dal nostro rapporto con la tecnologia e non possiamo permetterci di lasciare impensata una dimensione così decisiva della nostra esistenza, ma è vero anche che della tecnologia abbiamo bisogno per migliorare la qualità della nostra vita, e allora il problema è complesso, non si risolve con una battuta.

lunedì 11 settembre 2023

LA FILOSOFIA SPIEGATA AI GIOVANI

 


4. SEI ESPOSTO

 

Il mondo è un palcoscenico, la vita è un passaggio sulla sua scena: entri, guardi, e te ne esci.

Democrito, fr. 115 (460 a.C. 370 a. C.)

 

Dal momento in cui sei nato sei esposto: sei esposto al mondo, sei di fronte allo sguardo degli altri, genitori, parenti, amici conoscenti, estranei, vicini, concittadini, conterranei, una schiera infinita, un pubblico immenso di fronte al quale ti devi presentare, ti devi far riconoscere, se devi essere tu, devi esserlo sempre di fronte a qualcuno, anche quando non c’è nessuno, anche quando sei solo di fronte allo specchio.

Sei esposto al mondo. Il mondo è il tuo palcoscenico, su questa scena si gioca la tua partita, su questo palco cerchi di farti riconoscere per quello che sei.

Per fortuna non sei solo, gli altri, il pubblico è, allo stesso tempo, anch’esso sulla scena, disposto a sua volta a essere riconosciuto da te. Così, tu sei sempre sulla scena ogni volta per quanto tu stesso sei esposto, e per quanto hai di fronte a te l’esposizione degli altri. L’occhio dell’altro è sempre posato su di te, anche quando nessuno ti vede, perché essere esposto non è una condizione occasionale – ora sì, ora no -, ma è la condizione naturale. Nasci nello sguardo di tua madre, sei esposto al suo affetto, sei nei suoi occhi fin dal primo istante di vita, fin dal primo respiro.

Tutta qui la differenza tra l’essere che deve nascere, grosso ingombro nella pancia di una donna, articolazione di altro corpo, di un altro essere vivente, sua appendice, sua protesi, e il neonato che dal taglio del cordone ombelicale appare esposto nella sua individualità.

Ma non è soltanto lo sguardo di una madre che si posa su di te, né solo quello – giudicante direbbe lo psicanalista – di un padre. Infiniti sono gli sguardi, nella gran parte sguardi anonimi che ci osservano, ora con neutralità indifferente, ora con desiderio, ora con giudizio, ora con amore, ora con odio, sempre e comunque per consentirci di esistere.