In principio era il verbo si potrebbe dire, un po'
ironicamente, per ricordare che il quotidiano è prima di tutto gesto, azione e
quindi appunto si esprime nel verbo: camminare, mangiare, cantare, pensare,
lavorare, abbracciare, lottare, ridere, piangere, sognare, eccetera. I verbi
sono quelle parte del discorso attraverso cui raccontiamo la nostra esistenza,
tanto gli eventi, quanto la quotidianità, ma a differenza dei sostantivi, i
verbi dicono sempre un accadere, ed è questo che li rende così interessanti,
perché la nostra esistenza è prima di tutto un continuo accadere, un movimento
inarrestabile, una cascata di fatti, di movimenti, di avvenimenti.
Viviamo così, facendo, districandoci nel mondo, tirando fili
di relazioni, spostandoci, cercando, masticando, respirando, …
Fateci caso, la metafisica ruota sempre intorno ai
sostantivi, perché cerca di fissare essenze, di sottrarle al processo
dell'esistenza, mentre la filosofia del quotidiano ha a cuore soprattutto i
verbi che indicano il fare della vita reale.
Questo ritmo, che inaugura il giorno, questa ritualità,
questo transito di gesti, è il tessuto su cui, di volta in volta, si esplica il
nostro vivere quotidiano.
Lavarsi, far colazione, vestirsi, prepararsi ad uscire,
andare al lavoro eccetera le banalità dell'esistenza, proprio esse sono il
terreno solido della vita sono quel campo spazio temporale ove tutto accade.
Tutte le nostre riflessioni sul tempo dovrebbero essere
viste a partire dalla natura reale, immediata, vissuta, di questo campo.
Il campo d'esistenza là dove accadono tutti i processi del
nostro transito su questo mondo è qui, sotto la superficie leggera di questi
gesti banali.
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