A cura di Stefano Zampieri - Consulente Filosofico

domenica 29 marzo 2020


1    FINESTRA



D’improvviso si fermò tutto. Le auto furono abbandonate nei parcheggi e lasciate lì. Le bici restarono nei sottoscala. I negozi furono chiusi definitivamente, le attività produttive furono interrotte. Quel che si doveva fare sarebbe stato fatto in qualche posto lontano, in Africa, in Estremo Oriente, e portato nei magazzini locali e da questi con dei lunghi tubi sottili, tali e quali la rete della fibra, portati fin dentro ogni casa. Da quei tubicini sarebbe uscito, per ventiquattro ore al giorno, l’alimento necessario a ogni famiglia.

Ogni casa fu sigillata. Le finestre chiuse, le porte sbarrate. E tutti restarono stretti dentro la propria abitazione come api nelle celle. Dentro ogni casa le famiglie stavano protette. Nessuno correva pericolo. Certo, qualcuno ci moriva, qualcuno si sentiva male e doveva restare in casa a morire sotto gli occhi dei parenti. Ma in fondo per secoli si è morti in questo modo. Nulla di veramente nuovo, dunque.

In compenso, si risolveva, una volta per tutte, l’irritante questione dei contatti, delle relazioni, dei confronti, degli scontri. Una società pura, senza frizioni, senza alterazioni che venissero dal contatto degli uni con gli altri. Una società felice, fatta di individui e di celle, e per tutti, per ognuno, dentro casa, una sola finestra, ma non come quelle solite che ti fanno vedere solo una scena, un panorama, sempre lo stesso, una prospettiva, un profilo, un’immagine. No, una finestra speciale che mostra il mondo, il passato, il presente, il futuro, e tutto il bello e tutto il brutto della vita che si vive fuori. E che noi possiamo vedere solo da qui.


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