A cura di Stefano Zampieri - Consulente Filosofico

giovedì 26 aprile 2018

FASE DUE

Le polemiche in atto all'interno del mondo della consulenza filosofica/counseling filosofico, (si veda a titolo di esempio: qui una nota di Luca Nave e Maddalena Bisollo e in risposta  qui, una nota di Neri Pollastri ,  ma anche  il disorientamento di molti filosofi praticanti e l'implosione di alcune storiche associazioni,  rappresentano perfettamente, a mio modo di vedere, la necessità, anzi, l'urgenza, di una FASE DUE nel mondo della Philosophische Praxis. E' tempo di passare da una consulenza filosofica /counseling filosofico come risposta al disagio, ad una FILOSOFIA PRATICANTE come formazione di SPAZI DI PENSIERO nei quali mettere in questione filosoficamernte le ragioni del nostro fare, del nostro pensare, del nostro essere al mondo. 
Lo spazio di pensiero  è un campo spazio temporale, un luogo, un momento, un evento, nel quale si realizza la pratica del con-filosofare tra filosofi praticanti o tra uno o più filosofi praticanti e altri non filosofi ma disposti ad assumere un atteggiamento riflessivo, interrogativo e critico. 
Nello spazio di pensiero - che sia tra due o tra molti - si mette in questione l'esistenza quotidiana, i suoi punti di riferimento, i suoi valori, le sue tracce simboliche, le sue dinamiche, le sue esperienze, le sue sofferenze, le sue utopie, i suoi conflitti, i suoi tessuti, i suoi strappi... Si dà vita così a una filosofia nel quotidiano.  
La filosofia nel quotidiano decostruisce i luoghi comuni e le assunzioni non valutate, è sapere critico rispetto al mondo e al nostro ruolo in esso, è articolazione di ragioni, di argomentazioni, di esperienze.  
Nella filosofia nel quotidiano la pratica si confronta con la dimensione teorica e la teoria si mette alla prova della vita. Il dialogo che ne è lo strumento principe diviene mezzo di articolazione del confronto, non puro scontro dialettico, ma percorso comune del pensiero, filosofia.  
La filosofia nel quotidiano, giocata nell'evento, nel particolare spazio di pensiero che di volta in volta si apre, non produce un sapere immediato, nè un accordo di principio, ma inaugura percorsi di saggezza, ove però tale termine indichi non uno status, o una qualità esclusiva, ma piuttosto un sapere pratico immediato, che si articola prima di tutto come una aspirazione al meglio, una persuasione profonda che lo status quo, la situazione attuale, non è la condizione definitiva e immutabile. 
In questo senso, ed in senso profondamente diverso da tutte le aspirazioni neo consolatorie, la saggezza è dunque proprio per questo un sapere critico intorno allo stato del mondo.
Ma l'aspirazione al meglio ha anche un secondo profilo non meno necessario: nello spazio di pensiero che si apre alla  filosofia si impara infatti ad agire nel verso della bellezza, che resta concetto vago e indescrivibile che però va colto non come un contenuto definito, quanto come una tensione, un desiderio, una volontà di far sì che le cose, il mondo in cui ci riconosciamo, abbia tanto una connotazione etica quanto una estetica. 
La FASE DUE della filosofia dopo la sua svolta pratica  attende solo che ci si assuma il compito di renderla vera collettivamente, ognuno per la propria parte. Le vecchie polemiche, le contrapposizioni di principio, le battaglie terminologiche restano inesorabilmente ancorate ad un mondo che ormai ha già dato quel che poteva dare. Urge un salto di qualità, un balzo oltre l'ostacolo, serve che proviamo a gettarci in una direzione ancora intentata. 


4 commenti:

  1. Pratico la filosofia come riflessione sull'esistente come possibilità di crescita in classe e nel mio gruppo di biodnaza...osservo che l'assunzione della ricerca è aperta a tutti, non sempre la dedizione che richiede è ricercata...d'accordo con Stefano...fase 2, non mollare e per me trasformare senza pregiudizi la forma...

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  3. Condivido l'idea che sia urgente e necessario che rinasca il filosofare (non la filosofia come disciplina) nel quotidiano, così come - si racconta - si faceva nel mondo greco-romano. La crisi delle tradizionali agenzie di senso (chiese, partiti, scuola, scienza ecc.) è sotto gli occhi di tutti. Non si tratta di praticare il pensiero critico (solo) per il piacere di farlo (questo lo si è sempre fatto, in ogni epoca), ma (soprattutto) per la necessità di farlo, in una fase storica che lo richiede. Mi colpisce, positivamente, questa curiosa insistenza che metti, non da ora, sulla dimensione "spaziale" piuttosto che "temporale" (penso alla classica "scholé", all'ozio filosofico, come "tempo libero") del perimetro del filosofare. Forse è un modo in linea con l'intuizione di una certa "fine della storia" di intendere i modi in cui la pratica filosofica deve necessariamente darsi limiti nel momento stesso in cui deve pur sempre trasgredirli (per riversarsi nel "resto" della vita). Però, allora, accettando questa metaforica spaziale, non parlerei tanto di "fase due", ma di "luogo due", un "altro luogo" del filosofare contemporaneo, con la caratteristiche intriganti che gli attribuisci, non necessariamente contrapposto alla consulenza filosofica come professione, al counseling filosofico, alla philosophy for community e neppure all'eventuale (spesso evocata, quanto realizzata?) "filosofia in azienda". Non vedo contraddizioni, almeno immediatamente, in questo possibile pluralismo delle pratiche, in cui si dà... "spazio" a tutte e a ciascuna. Certo, ciascuna dovrà sorvegliare se stessa, il proprio tasso di filosoficità, la capacità di resistere alle sirene dell'ambiente in cui viene praticata (che vorrebbe, a volta a volta, che il filosofare, limitando se stesso, si asservisse al benessere immediato dei clienti, alla crescita dei profitti ecc.). In questo quadro rinvio ai miei interventi sul tema del rapporto critico, ma non nullo tra consulenza filosofica come professione e le "normali" professioni d'aiuto (non impegnate a rivendicare la propria filosoficità).

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