
La chiave che Buber ci consegna per entrare nella complessità di questa problematica è quella di una distinzione fondante, in cui abbiamo da un lato un'idea positiva di Comunità, luogo dell'immediatezza delle relazioni, luogo dell'interpersonale, miscela di libera volontà, di reciprocità, di affinità elettive; e dall'altra parte abbiamo invece un'idea negativa di Società, come coacervo di singoli, stretti insieme soltanto da necessità occasionali. In questo senso Ferrari parla di una prospettiva postsociale, rilevando in Buber l'esigenza di un profondo rinnovamento morale che porti ad una nuova comunità, capace di superare l'atomismo individualistico proprio del nostro tempo senza però cadere nelle trappole delle famigerate comunità di sangue del '900, o delle società collettivistiche totalitariste. Buber in questo difficilissimo percorso si serve di molti strumenti diversi, e talvolta almeno in apparenza incomponibili, che vanno dall'anarchismo di Landauer, alla mistica ebraica, ma non è questo il punto, ciò che deve catturarci è l'altezza della domanda non tanto le proposte concrete che egli elabora nelle sue opere, e la profondità della ricerca che egli ci testimonia e che mette in piazza l'esigenza improrogabile di elaborare un'idea di comunità che sia prima di tutto superamentro della nozione disumana di singolo isolato. Buber nella lettura di Ferrari appare come testimone di un umanesimo che vada al di là delle chiusure, dei confini, delle nazionalità, che si esplichi in quello spazio dove ognuno è anche l'altro, dove siamo plurali prima di essere singolari. E' l'ideale utopico di una comunità postsociale universale su cui si chiude il libro. E da cui dovremmo ripartire noi tutti per il nostro percorso di ricerca.
Francesco Ferrari
La comunità postsociale. Azione e pensiero politico di Martin Buber
Roma, Castelvecchi, 2018
p. 142, €19,50
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