A cura di Stefano Zampieri - Consulente Filosofico

mercoledì 22 aprile 2020

11   CLIO
Il sole sorgeva dietro le case. Lucido, pulito, abbagliante. La città dava segnali di risveglio. I balconi si aprivano, le tapparelle si sollevavano, i primi fumatori si affacciavano. Sconosciuti si scambiavano un cenno di saluto. Era così da un po’. Era così il risveglio morbido di una città indolente, oziosa, una città in quarantena.
Ma quel giorno, era mercoledì per la precisione, da occidente avanzò qualcosa. Tutti quelli posti dal lato sbagliato della strada se ne accorsero osservando le facce dei fortunati posti dall’altra parte. Perché si videro gli sguardi mutare dalla opacità del sonno al brillare dell’incredulità. Quelli che avevano finestre dall’altra parte della casa si precipitarono per non restare tagliati fuori da quel che stava accadendo alle loro spalle, di qualsiasi cosa si trattasse.
Antonino che poteva muoversi per via del cane Astra, un labrador di tre anni, scese subito in strada e fece il giro dell’isolato, spinto dalla curiosità e dai segnali che venivano da quelli sui balconi che continuavano a indicare qualcosa col dito e a emettere versi di stupore incredulo. Antonino rallentò un poco, perché il ginocchio gli faceva male, doveva stare attento  non correre per non forzarlo. Una storia vecchia, un incidente, una lunga ripresa, un ricordo ormai.
Girò l’angolo, Astra prese ad abbaiare ma non di spavento, piuttosto di sorpresa, scodinzolando. Antonino si fermò all’incrocio. Non poteva andare oltre, la strada era occupata. Una donna, alta come un condominio di quattro piani, con una gonna rosa e una camicetta bianca vasta come la vela di un brigantino, e un fiocco tra i capelli come s’usava una volta. Impressionante. Ma non paurosa. Lo sguardo curioso, il volto sereno come di chi è sicuro di sé e sa quel che fa. Tutti la osservavano, dai balconi, Antonino era fermo di fronte a lei, Astra smise di abbaiare, e prese piuttosto a guaire debolmente. Antonino fece ancora un passo. «Chi è lei?» Chiese.  La donna rispose con una voce profonda che fece tremare i vetri delle finestre. «Clio».
Antonino restò immobile, avrebbe voluto fare altre domande, da dove vieni?, Che cosa vuoi? Che cosa sei? Sei un alieno? Sei un mostro? Ma la voce gli si fermò in gola. La donna sorrise, comprendendo l’imbarazzo.
«Niente paura. Me ne sto andando Qui non servo più a niente. Ma tornerò quando avrete di nuovo bisogno di me.»
Fu così che Clio con quattro passi lunghi se ne andò. La gonna sventolò nell’aria come il tendone di un circo spazzato dal vento di bufera. Antonino restò lì in mezzo alla strada, stupefatto. Poi si girò intorno, rivolto alla gente sui balconi. «L’avete vista anche voi?» Quelli risposero di sì. «Ma chi era?» Chiese nuovamente. Tutti tacquero, solo la signora Bastiani, grande compilatrice di cruciverba, rispose; «Clio, la Musa della Storia.»
Astra annusò l’aria e abbaiò contrariata. Antonino fece qualche passo nel luogo ov’era la donna e ora non c’era più nulla. Il ginocchio stranamente non gli faceva più male. 

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